L’irriverente pamphlet anticapitalista – Houellebecq economista (Bompiani) - del saggista ucciso nell’attentato di Charlie Hebdo fa a pezzi teorie e pratiche dell'homo economicus. La legge della domanda e dell’offerta? “Roba da bar di quartiere”. L’economia? “Una disciplina vuota e noiosa”
Tra le pagine e le parole dei romanzi di Michel Houellebecq c’è la critica al capitalismo attuale e la distruzione del pensiero economico tout-court. Lo spiega con estrema brillantezza Bernard Maris, l’ex professore di Economia all’Università di Parigi VIII ucciso nel gennaio 2015 durante l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo, nel saggio pubblicato poco prima di morire, in Italia tradotto da Bompiani: Houellebecq economista. Basta prendere in mano e sfogliare Estensione del dominio della lotta, dove si parla di liberalismo e di concorrenza, o Le particelle elementari, dove in evidenza c’è il consumismo, ma soprattutto La carta e il territorio dove parlando di lavoro, di arte e di progresso si arriva perfino alla teoria della distruzione creatrice cara a Joseph Schumpeter, per comprendere della meravigliosa tessitura antagonista cesellata finemente da uno degli scrittori più osannati e criticati al mondo.
Tra quei personaggi protagonisti dei romanzi di Houellebecq, sempre tesi vanamente alla ricerca di una felicità tangibile, da ottenere attraverso la ritualità delle forme proposte e imposte dal sistema industriale, culturale e comunicativo che gli ronza intorno, ci sono i tratti di una critica radicale allo status quo dell’homo oeconomicus governato, come teorizzano gli economisti amanti del libero mercato, dalla razionalità. “Come leggendo Kafka comprendete che il vostro mondo è una prigione e, leggendo Orwell, che il cibo che vi ammanniscono è la menzogna, leggendo l’aspetto economico di Houellebecq saprete che il vischio che frena il vostro passo, vi rammollisce, vi impedisce di muovervi e vi rende così tristi e così tristemente pietosi è di natura economica”, spiega Maris nel libro.
Un saggio suddiviso in cinque parti, dove in ogni capitolo si analizza attraverso le frasi e le trame degli scritti di Houellebecq un lento e graduale cupio dissolvi di tutte quelle barbare nefandezze imposte in nome dell’austerity e del progresso. Nel primo capitolo, sulle tracce de La carta e il territorio, si evince dell’indeterminatezza alla base dei comportamenti di produttori e consumatori ciò che “rende le teorie economiche così azzardate e in fin dei conti sbagliate”. Ma è anche l’occasione per rievocare la distruzione del senso di collettività, solidarietà e generosità promulgato ai quattro venti da Margaret Thatcher e dai neoliberisti anni Ottanta: pensiero promosso a pratica proprio da molti protagonisti dei romanzi di Houellebecq. Poi ancora criticando Malthus, rievocando Marx, citando Schumpeter e sfogliando Le particelle elementari, ecco la parte in cui si critica il principio vitale del capitalismo, quella della creazione dell’“insoddisfazione perpetua” del consumatore. Insomma, pagina dopo pagina, personaggio dopo personaggio, Houellebecq diventa per Maris l’ariete romanzato di una visione disperata e lucida di un presente che mostra i limiti di una società capitalistica, con l’ossessione del consumo e del sesso, votata alla distruzione.
Ma è nel costruire la sua tesi che Maris edifica a sua volta una brillante disamina sull’incredibile bluff parolaio, criminale ed efficentista di quella che definiamo “economia” e i loro estensori, gli “economisti”. “Si tratta fin dall’inizio di una setta che ripete un discorso ermetico e fumoso. La setta adora le parole astruse, l’astrazione e le cifre”, spiega Maris. “La nostra epoca è più che mai gonfia di economia. Al canto gregoriano della borsa, questo sale, quello scende, risponde il coro degli esperti, lavoro, crisi, crescita, lavoro. Lugubre scienza. Diabolica e sinistra, l’economia è la cenere con cui il nostro tempo ricopre la sua triste faccia. Fra qualche decennio, forse un secolo, sembrerà inverosimile che una civiltà abbia potuto accordare tanta importanza ad una disciplina non solo vuota ma terribilmente noiosa. L’economia si rivelerà un’incredibile ciarlataneria ideologica, come la morale di un tempo”. E ancora: “L’economista è colui che è sempre capace di spiegare ex post perché si sia, ancora una volta, ingannato”. Sui Nobel per l’economia: “che un premio internazionale (…) sia stato attribuito per delle chiacchiere condite di equazioni a dei ricercatori di chimere sembrerà un giorno altrettanto strano”. “Gli economisti li si rispetta perché di quello che dicono non ci si capisce niente”: se non l’avessero ucciso le scariche di kalashnikov dei fratelli Kouachi a Parigi sei mesi fa, dei coraggiosi ragionamenti e della sferzante ironia di Bernard Maris ce ne sarebbe bisogno subito, ora, adesso.