Il Consiglio dei ministri approva con riserva la legge di stabilità 2015 dell'Isola, che si potrà chiudere solo dopo l'erogazione di 300 milioni da parte di Roma. Bocciate invece le previsioni del prossimo biennio che prevedevano l'utilizzo dei Fondi per lo Sviluppo e coesione per coprire le spese correnti
Rosario Crocetta può tirare un piccolo sospiro di sollievo: dopo settimane d’incontri il Consiglio dei ministri, infatti, ha deciso di non impugnare la legge di Stabilità della Regione siciliana per il 2015. Una minuscola vittoria di Pirro per il governatore siciliano, dato che Palazzo Chigi fa sapere che gli esercizi 2016 e 2017 saranno comunque impugnati. Il motivo? “Alcune disposizioni riguardanti il concorso regionale agli obiettivi di finanza pubblica, non provvedono all’individuazione della copertura finanziaria per le rispettive annualità, contrastando in tal modo con il principio di copertura finanziaria di cui all’art. 81, terzo comma, della Costituzione”, si legge nel comunicato di Palazzo Chigi.
Tutta colpa del fatto che il governo siciliano ha inserito in Finanziaria una norma che estende al 2016 e al 2017 l’utilizzo dei Fondi per lo Sviluppo e coesione per coprire le spese correnti. Una possibilità che dal governo centrale era stata concessa soltanto per l’anno in corso. “Bene ha fatto il governo e il Consiglio dei ministri di oggi a impugnare la parte di bilancio approvato dalla Regione Sicilia in cui si prevede l’uso dei Fondi per lo sviluppo e gli investimenti per spese correnti. L’autorizzazione ad usare queste risorse per il 2015 è stata un’eccezione concordata dal governo nazionale soltanto in via d’emergenza. Mai più potrà accadere che risorse pensate per le nuove generazioni possano essere utilizzate per finanziare sprechi della Regione Sicilia”, spiega il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone. Il luogotenente siciliano di Matteo Renzi ha seguito tutta la fase di confronto tra il governo siciliano e quello centrale: una fase molto delicata, condita anche da attacchi diretti tra il governatore Crocetta e lo stesso Faraone.
Per chiudere il bilancio dell’Isola erano necessari fondi non presenti nelle casse siciliane. In pratica Crocetta ha allestito un bilancio mettendo tra le coperture disponibile cifre di cui in realtà non disponeva: è per questo motivo che da settimane erano in corso incontri con il governo centrale. In pratica il governatore siciliano avrebbe potuto effettivamente chiudere il bilancio 2015, solo se grazie ad un “aiuto” romano: erano necessari 300 milioni di euro che proprio nelle ultime ore Palazzo Chigi ha deciso di sbloccare. “Il riconoscimento di questi 300 milioni segna un risultato importantissimo: la Regione avrà le risorse per pagare gli stipendi ai dipendenti e i 300 milioni consentiranno di incrementare in maniera strutturale le entrate”, prosegue sempre Faraone. Il destino della Sicilia, in pratica, è sempre più legato alle decisioni di Palazzo Chigi: già a novembre il premier e Graziano Delrio avevano chiesto e ottenuto che come assessore al bilancio Crocetta nominasse Alessandro Baccei, d’origine toscana e considerato un fedelissimo del giglio magico renziano. Dopo aver inviato un “sub-commissario” per controllare i conti della Regione, ecco quindi che un altro renziano doc come Faraone è stato installato a seguire le varie fasi di negoziato tra Roma e Palermo.
Non è un caso, forse, che il Consiglio dei ministri abbia sottolineato nel suo comunicato che si è “ritenuto di non procedere all’impugnativa con riferimento all’esercizio 2015 alla luce delle precisazioni fornite dal presidente della Regione, Rosario Crocetta, circa l’impegno a procedere con una puntuale azione di spending review che consenta, col bilancio di assestamento, di realizzare il riequilibrio di bilancio. Nelle more dell’assestamento, la Regione si è impegnata comunque ad una immediata riduzione delle spese”. E in riferimento agli esercizi 2016 e 2017 si specifica che “si è deciso di aprire un tavolo di confronto istituzionale con la Regione Siciliana per provvedere all’individuazione di possibili soluzioni concordate in merito alla copertura finanziaria”. Come dire che i destini della Sicilia e dello stesso governo Crocetta sono ormai saldamente nelle mani di Renzi.
Solo pochi giorni fa procuratore generale d’appello della Corte dei conti, Diana Calaciura, aveva usato parole durissime per presentare il rendiconto generale della Regione. “Avrei voluto intitolare la mia requisitoria: luci e ombre della realtà siciliana, ma ci ho rinunciato perché le luci sono poche e fioche mentre le ombre sono oscure e minacciose”. Secondo i magistrati contabili sono cinque miliardi e mezzo di euro i debiti residui complessivi della Sicilia al 31 dicembre del 2014, ma la cifra crescerà fino a sette miliardi e novecento milioni entro il 2015.