Singolare procedura dell'Ispra. L'istituto che sta preparando lo studio sulla individuazione del luogo migliore dove seppellire i rifiuti. E che a giorni dovrebbe essere consegnato. A denunciarlo è anche l'ex presidente dell'Ingv Boschi. Secondo il quale non risulta ci sia "alcun reale parere sismologico dietro la mappa dei luoghi che dovrebbero accogliere le scorie"
Grava tutto sulle esili spalle di Massimo Chiappini l’enorme peso di scovare in Italia, terra di terremoti, un posto strasicuro dal punto di vista sismico dove stoccare chissà per quanti secoli i circa 60/90 mila metri cubi di scorie nucleari prodotte in passato e per il momento «parcheggiate» in Francia, in Gran Bretagna e in vari siti sparsi nella nostra penisola. Chi è Chiappini? Un dirigente dell’Istituto di geofisica e vulcanologia (Ingv), che al momento gestisce solo una delle sezioni territoriali, Roma 2, un signore a cui sono stati quindi affidati compiti prevalentemente amministrativi. E’ su lui, solo su lui, che è stata caricata la croce di una scelta delicatissima e con forti implicazioni economiche (l’affare dello stoccaggio vale circa 1 miliardo e 200 milioni di euro, i lavori per la costruzione dureranno almeno 8 anni).
Solo Chiappini è stato interpellato quasi a titolo personale in occasione di un paio di riunioni dall’Ispra (Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale), l’ente che dopo tanti annunci deve ancora fornire alla Sogin e ai ministeri interessati, a cominciare da quello dell’Ambiente, lo studio dettagliato sulla scelta del luogo dove seppellire le scorie. Sentito dal ilFattoquotidiano.it Chiappini ha ammesso in due mail: «L‘Ingv non è stato coinvolto nella faccenda, io ho partecipato solo a due riunioni». La mappa del sito per le scorie è in preparazione da mesi in un clima di grande segretezza che non è un buon viatico per scongiurare l’effetto Nimby (Not in my backyard, fuori dalle mie parti). Ora all’Ispra assicurano al Fatto che la mappa sarà consegnata «a giorni» ai diretti interessati.
Il problema è che, a dispetto di tanta attesa, quel protocollo sta nascendo male proprio a causa della sostanziale emarginazione della comunità scientifica dei sismologi. E’ forse inutile ricordare che la valutazione del rischio sismico è uno degli aspetti fondamentali, forse il più importante di tutti, per l’individuazione di un sito sicuro. Non sono ammessi errori perché le conseguenze potrebbero essere tragiche esponendo gli italiani e l’ambiente ai gravissimi effetti di contaminazioni.
Conferma al Fatto Claudio Chiarabba, direttore della struttura Terremoti di Ingv: «Non sono stato affatto coinvolto nella vicenda». Con lui sono stati ignorati decine di scienziati, almeno una trentina, che hanno dedicato una vita allo studio dei sismi. Fonti interne all’Ingv sostengono che nella vicenda scorie le sezioni da coinvolgere dovevano essere almeno tre: il Cnt (Centro nazionale terremoti), Roma 1 e Palermo oppure Catania. Su «Il Foglietto della Ricerca», un giornalino indirizzato alla comunità degli scienziati italiani, i professori Enzo Boschi, ex presidente dell’Ingv per 12 anni, e Benedetto De Vivo hanno scritto sconsolati che non risulta ci sia «alcun reale parere sismologico dietro la mappa dei luoghi che dovrebbero accogliere le scorie».
Nell’ordine non sono stati consultati i dirigenti di ricerca che hanno a che fare con argomentazioni sismologiche, quelli che si occupano di temi geologico strutturali o geochimichi e neanche l’unico dirigente di ricerca della linea energia e georisorse, Fedora Quattrocchi, che nel passato si era occupata in modo trasparente delle scorie nucleari, organizzando tra l’altro una scuola con la partecipazione di molti centri di ricerca internazionali e la Sogin.
Per stilare la mappa del sito l’Ispra ha acquisito le vecchie mappe sul rischio sismico, carte note da tempo e senz’altro molto importanti anche se vecchiotte, ritenute dai sismologi un punto di partenza su cui però lavorare parecchio considerata la delicatezza della faccenda delle scorie nucleari. Delegazioni dell’Ispra si sono poi recate nella Champagne e in Spagna a visitare i siti costruiti in quelle zone.
Chiappini è stato spedito alle due riunioni con l’Ispra dal presidente Ingv, Stefano Gresta, un professionista ben introdotto in ambienti governativi, in particolare con i renziani. Suo grande sponsor è Davide Faraone, il capo dei renziani in Sicilia, un politico che quando nel 2010 si candidò sindaco di Palermo fece sapere a tutti che lo faceva seguendo il modello di Renzi a Firenze. Ora Faraone è sottosegretario alla Ricerca scientifica e in passato è stato deputato all’Assemblea siciliana. Per quel periodo è indagato con altri 87 politici per la storia delle «spese pazze». Anche su Chiappini grava qualche ombra. Il responsabile dell’ufficio Prevenzione della corruzione dell’Ingv, Tullio Pepe, in una nota interna e riservata (che Il Fatto si è procurata), indirizzata al direttore dell’istituto, Massimo Ghilardi, segnalava la partecipazione di Chiappini ai consigli di amministrazione di Crati Scarl e Maris Scarl, ruoli ritenuti incompatibili con la guida della sezione Roma 2. Per questo motivo il responsabile Anticorruzione sollecitava la rimozione di Chiappini dall’incarico.