Il New York Times solleva il problema del possibile sodalizio militare di jihadisti e brigate ucraine contro i separatisti filorussi. Era già successo durante la Seconda Guerra Mondiale con le divisioni islamiche di SS croate, bosniache e albanesi. "L'alleanza rischia di aprire la porta alla Jihad in Europa"
Battaglioni islamici di jihadisti legati all’Isis combattono in Ucraina a fianco delle brigate ucraine neofasciste contro i separatisti filorussi? E’ quanto sostiene il New York Times, confermando le notizie che circolano da tempo sulla preoccupante piega che sta prendendo il fronte governativo sostenuto da Europa, Nato e Stato Uniti. Nelle ultime settimane gli scontri si sono intensificati lungo tutta la linea del fronte e Kiev sta rafforzando le difese intorno a Mariupol nel timore di una massiccia offensiva dei ribelli filo-russi contro questa strategica città portuale sul Mar Nero, ultimo bastione che separa il Donbass dalla Crimea. Proprio qui, secondo il quotidiano statunitense, starebbero affluendo i combattenti jihadisti filo-ucraini.
Non potendo fare affidamento sull’esercito regolare di coscritti, male equipaggiati e demotivati, il governo di Petro Poroshenko si affida sempre più alle milizie paramilitari di volontari dell’estrema destra neonazista, più combattive, meglio armate e finanziate privatamente da ricchi oligarchi ucraini: dai battaglioni Azov – recentemente inquadrato nella Guardia Nazionale addestrata dagli americani – alle brigate di Settore Destro di Dmytro Yarosh, nomato in aprile consigliere dello stato maggiore della Difesa.
E’ in quest’ultima formazione, secondo il New York Times che, con il benestare del governo di Kiev, verrebbero inquadrati i volontari jihadisti in arrivo, sempre più numerosi, dal Caucaso russo e dalle repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale. Sono state formate tre unità di combattenti islamici anti-russi: la ‘Dzhokhar Dudayev’ e la ‘Sheikh Mansur’, dove prevalgono ceceni, daghestani e uzbechi, e la ‘Crimea’, composta prevalentemente da tatari originari di quella regione. Insomma, una riedizione dell’alleanza nazi-islamista nata nei Balcani in funzione anti-sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale con le divisioni islamiche di SS croate, bosniache e albanesi.
A destare preoccupazione è la presenza di giovani combattenti islamici che combattono sotto le insegne rosso-nere degli utranazionalisti ucraini di Settore Destro sono di origine cecena. Alcuni di loro provengono dalla ‘vecchia guardia’ nazionalista e laica della diaspora europea, come il noto Isa Munaev, comandante militare di Grozny durante la seconda guerra d’indipendenza cecena, arrivato in Ucraina dalla Danimarca già nel 2014 e fondatore dell’unità ‘Dzhokhar Dudayev’, ucciso lo scorso febbraio nella battaglia di Debaltseve.
Gran parte dei ceceni presenti sul fronte ucraino dalla parte di Kiev – perché ce ne sono anche con i separatisti – sono invece giovani integralisti provenienti dalle fila dell’Emirato del Caucaso: il movimento jihadista ceceno guidato di Aslan Byutukayev e alleato dello Stato Islamico, i cui combattenti si stanno distinguendo in battaglia anche in Siria e in Iraq guadagnando progressiva influenza nelle gerarchie del Califfato. Come ha denunciato già a febbraio il giornale online americano The Intercept, “la loro penetrazione in Ucraina, avallata dalle autorità di Kiev, rischia di trasformare questo Paese in un porto franco della jihad in Europa”.
Modificato da Redazione Web il 13 luglio 2015
Riceviamo e pubblichiamo
Egregio Direttore,
con sincero sconcerto abbiamo letto nel servizio giornalistico apparso sulla testata II Fatto Quotidiano dello scorso 10 luglio c.a., titolato “L’Ucraina, rispunta I’ alleanza nazi-islamica” verificabile al seguente link: http://www.ilfattoquotidiano.it/ .. ./ucraina-rispunta: . ./1861019/ e a firma del, supposto, giornalista Enrico Piovesana.
Ci duole far presente come all’interno di tale servizio giornalistico vengano riportate, a nostro giudizio, gravi falsità e distorsioni della situazione in Ucraina, che risulterebbero tratte, inoltre, sempre a nostro parere, da fonti non veritiere e non controllate della notizia/e.
I fatti riportati dal “giornalista” sopracitato e dalla testata di cui esso e scrivente, risultano peraltro gravemente lesivi per l’immagine della nostra nazione. La foto/immagine cui si fa rifermento e un’ immagine più che evidentemente ritoccata da un originale che risale a più di un anno fa, pubblicata su alcuni siti e profili (http://spulers.livejoumal.com/3199279.html (22 giugno 2014) http:/lvk.corn/wall-23877091_672246 (10 agosto 2014), https://vk.com/wall- 64557938 (19 giugno 2014).
L’ immagine ritoccata, come purtroppo consuetudine di oggigiorno, ha iniziato il suo “giro” in internet, ed inoltre, da quanto ci risulta, e stata messa a disposizione di una serie di giornalisti/testate sotto forma di velina. Preghiamo il Direttore della Testata II Fatto Quotidiano, di voler verificare e vigilare sulla buona condotta, e sull ‘etica “del giomalista” Enrico Piovesana in quanto il servizio da esso reso ai lettori e fuorviante; le conclusioni dell’ articolo so no lesive e permetteteci di sottolineare, fino ai limiti della decenza;
Quale, evidente, tentativo di supporto, a tali falsità, la testata e il “giornalista” citano, riportando un link della testata americana New York Times. Ma per ciò che concerne l’autorevole quotidiano USA, non si parla affatto dell’alleanza naziislamica, e la parola ISIS appare una sola volta ed e riferita ai due accusati in Francia. Il New York Times ha dedicato il proprio articolo quasi esclusivamente ai tre battaglioni ceceni e ai loro motivi di combattimento, da li non risulta in alcun modo che siano fanatici dell’ISIS. Invece il giomalista Piovesana lo sostiene come se fosse vero, e verificato alle fonti.
Una possibile ipotesi del pescaggio di tali menzogne potrebbe risiedere nel fatto che il 7 luglio c.m., non sui New York Times, rna sul sito Consortiumnews.com e stato pubblicato un trafiletto del suo redattore, Robert Parry, (http://www.alternet.org/authors/robert-parry), qui si evincono le similari accuse, totalmente fasulle, che il signor Enrico Piovesana riporta a sua volta intendendo, fra l’altro, di renderle autorevoli citandole come pubblicazioni del New York Times cosa che, di fatto, e come esposto nelle righe sopra, non risulta a verità.
Con la presente si richiede, al Direttore di rettificare ampiamente sulla testata le informazioni non veritiere fornite ai suoi lettori. Si richiede, inoltre di volerci fornire ogni debita informazione circa il Signor Enrico Piovesana e se, lo stesso, risulta iscritto a qualche ordine giornalistico.
Chiediamo, inoltre, che il Direttore Responsabile, verifichi se l’attività giornalistica svolta dal Signor Enrico Piovesana, e dai capiredattori e capiservizio di Ilfattoquotidiano.it, preposti al controllo e alla verifica delle fonti delle notizie, soprattutto quando si tratta di fatti gravi come quello che qui si fa presente, rientra nella disciplina e nell’etica dei servizi stampa resi ai lettori.
Distintamente,
L’Ambasciatore
Yevhen Perelygin
Gentile ambasciatore,
abbiamo sbagliato a utilizzare quella foto – l’abbiamo rimossa non appena ci siamo accorti dell’errore, subito dopo la pubblicazione – e di questo ci scusiamo. Non possiamo invece accettare i toni eccessivi e sgradevoli utilizzati nei confronti del nostro giornalista, né tantomeno la richiesta di “fornire ogni debita informazione circa il Signor Enrico Piovesana”. Come le dovrebbe essere noto, in un Paese democratico richieste simili non vanno nemmeno avanzate. La invitiamo inoltre a rileggere con attenzione il reportage del New York Times citato nel nostro articolo, in modo da coglierne il senso complessivo.
In riferimento al rilievo da Lei mossoci circa il fatto che la parola Isis compare una sola volta nell’articolo del New York Times, le facciamo notare che il giornalista dell'”autorevole quotidiano Usa”, come Lei lo definisce, scrive testualmente che “le autorità francesi (e non IlFattoQuotidiano.it, nda) – preoccupate per la diffusione dell’estremismo islamico nelle comunità di immigrati – hanno arrestato quest’anno due membri del battaglione Sheikh Mansur (la cui presenza in Ucraina Lei non smentisce, nda) con l’accusa di appartenere al gruppo estremista dello Stato Islamico”.
Al di là, poi, del mero computo delle volte in cui cita l’Isis, il giornalista del New York Times descrive la vocazione fortemente religiosa che contraddistingue il comportamento dei soldati ceceni che combattono al fianco dei soldati ucraini e instaura un chiaro parallelo tra il loro modo di combattere (Nyt, testuale: “In Ucraina si dice che le invocazioni ‘Allahu akbar’ o ‘Dio è grande’ dei ceceni infondano paura nel cuore dei russi” o “il comandante ceceno dice che i suoi uomini amavano combattere con indosso poco equipaggiamento protettivo. ‘Noi crediamo in Dio, quindi non abbiamo bisogno di giubbotti corazzati'”) e quello dei miliziani jihadisti che combattono in Siria e in Iraq.
Quindi, dal momento che nella sua lettera non c’è traccia di smentita sul fatto che, come scrive il Nyt, “gli ucraini accettano volentieri sostegno anche da militanti islamici provenienti dalla Cecenia”, possiamo evidentemente concludere che contro i separatisti filo-russi in Ucraina combattono miliziani ceceni di fede islamica che vanno in battaglia al grido di “Allahu akbar” o “Dio è grande”. Ma non li chiameremo “Isis”.
P.G.