La nuova infrastruttura per le telecomunicazioni in fibra è “un imperativo categorico” che renderà il mercato più trasparente e faciliterà il recupero di efficienza della pubblica amministrazione nell’interesse di cittadini e imprese. Il presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, ammette che favorire la riduzione del gap digitale e la diffusione della banda ultralarga rappresenta una priorità nella sua affollata agenda. In qualità di numero uno dell’autorità garante del mercato, sa bene del resto di poter essere uno degli aghi della bilancia in un progetto di rinnovamento del Paese che abbia al centro il tema della trasparenza e la questione del recupero della fiducia fra cittadini e istituzioni.
Così, in quest’intervista a ilfattoquotidiano.it, Pitruzzella tocca diversi temi caldi che vanno dalla fibra al conflitto d’interessi fino alla regolamentazione delle lobby e alle relazioni pericolose fra economia e politica. Partendo da un presupposto: “Sono tutti temi correlati ed è inutile nascondere che la riduzione del gap digitale è un fattore essenziale per favorire la trasparenza e ridare quindi slancio all’economia attraverso l’innovazione”, spiega. “E’ necessario favorire nell’immediato gli investimenti in fibra attraverso risorse pubbliche nelle aree a fallimento di mercato e investimenti privati nelle zone più redditizie all’interno di un quadro regolamentare certo”, aggiunge.
Il garante del mercato è inoltre convinto che, in parallelo allo sviluppo della fibra, ci siano anche altri interventi normativi che possono favorire il corretto funzionamento del mercato prima ancora di arrivare a sanzioni e procedimenti. Fra questi, la modifica della norma sul conflitto di interessi nel preciso obiettivo di spezzare rapporti incestuosi fra politica ed economia. Di una nuova legge, però, si discute da ormai da un decennio senza che nulla si sia mosso. Anche a dispetto del fatto che il cambiamento dell’attuale regolamentazione renderebbe più credibile ed efficace l’azione del governo.
“Oggi in Italia la legge interviene solo quando effettivamente il contrasto fra gli interessi pubblici e quelli del singolo che ricopre un incarico di governo è già emerso concretamente. Con in più l’aggravante della difficoltà di provare tale conflitto“, precisa Pitruzzella sostenendo che in conseguenza di ciò il controllo affidato all’authority è lento e con armi sanzionatorie spuntate. “Nella normativa statunitense e britannica, invece, la potenziale situazione di conflitto viene identificata a monte e sono anche indicate le soluzioni per gestirla, come le alienazioni o i blind trust (l’affidamento temporaneo ad un organo fiduciario del patrimonio dell’imprenditore con incarichi politici, ndr) – prosegue – Credo che il modello anglosassone possa essere un riferimento per una nuova legge italiana come abbiamo anche segnalato al Parlamento”.
A Palazzo però fanno orecchie di mercante facendo finta di dimenticare che sulla questione da qualche parte giace anche un disegno di legge promosso dal governo Letta. Il tema è del resto spinoso perché spezza il legame fra politica e capitalismo di relazione che nei decenni ha falsato le regole del mercato italiano. Esattamente come quello della regolamentazione delle lobby che per Pitruzzella sono assolutamente da inquadrare con tanto di registro e definizione dei criteri di competenza. “Come diceva Bobbio, la democrazia è il governo del potere pubblico in pubblico. La fine dell’opacità per le lobby non puo’ che favorire il buon funzionamento della pubblica amministrazione evitando interferenze del potere economico”.