In un pippone targato God Bless America, la design manager Caitlin Winner racconta passo per passo come ne ha curato la messa a punto in un post sul sito Medium.com, riportato poi anche dall’Huffington Post.
La Winner spiega anzitutto come abbia voluto svecchiare l’icona precedente, sia maschile che femminile, e come in seguito ne abbia creata una nuova dove ‘i gruppi’ vengono rappresentati da tre personaggi stilizzati. In quest’ultima, la figura della donna è davanti a due maschi allineati sullo sfondo.
Nel post la manager parte a bomba decantando le qualità paradisiache di lavorare nella sede di Facebook, una sorta di Willy Wonka per impiegati giovani, bellocci e visionari.
Ma leggere articoli scritti dai dipendenti di Zuckerberg è un po’ come sentire parlare Tom Cruise di Scientology, Matteo Renzi della ripresa economica italiana o Silvio Berlusconi del suo potenziale sessuale. In tutti e tre i casi hai la percezione che dietro il front man si nascondano Wanna Marchi e il mago do Nascimiento a suggerire le battute. A sentir loro, a Menlo Park si lavora per costruire un futuro migliore, il sole splende ogni giorno, gli snacks sono gratuiti e le donne possono pure farsi congelare le uova a spese dell’azienda.
Of course, le idee nate dalle menti di Facebook sono tra le più liberali e progressiste dell’emisfero ovest. Nella cronaca della nascita del nuovo glifo, la designer non nasconde infatti un certo orgoglio nazional-popolare di stampo femminista. Ragazzi, nell’icona dei ‘gruppi’ la donna è DAVANTI ai due uomini! Mica bau bau micio micio.
E inoltre, nella figura femminile, invece che il solito taglio di capelli squadrato alla Darth Vader (che non centra nulla con la Santanchè) adesso c’è un caschetto molto più aristo-chic alla Hillary Rodham Clinton.
Sarà perché la futura candidata democratica alla Presidenza degli Stati Uniti ha studiato nella stessa università privata della manager di Facebook? In realtà pure Madeleine Albright aveva frequentato lo stesso college femminile ma immagino che per il colosso californiano la sua silhouette sarebbe risultata leggermente démodé.
Se questa è la massima espressione di femminismo 2.0 partorita dal genio di Facebook, ci saranno alcune donne che non si sentiranno troppo rappresentate.
Sinead O’Connor, ad esempio, tosta e rasata, non vedrà molte affinità nel nuovo carré corto. E decisamente non credo Angela Davis, famosa attivista americana – e come lei tutte le nere dalle folte chiome che preferiscono non stirarsi i capelli per emulare le bianche – troverà l’iconografia degna di nota.
Siamo tutti d’accordo che la pubblicità è l’anima del commercio ma Facebook non si batte “per creare un mondo migliore”, ma per creare un’azienda più ricca.
E se questa, dall’altra parte del mondo, si può considerare una conquista femminista, le chiacchiere stanno a zero.
Caccia all’errore: Per una professionista uscita da un’università con una retta di 44.000 dollari l’anno, sarebbe carino aspettarsi una scrittura per lo meno corretta. Perché, come scrive lei “i simboli contano”. Ma pure la grammatica.