Gli uomini del comando provinciale dei carabinieri hanno notificato anche il decreto di confisca dei beni già sigillati l’8 novembre 2013: fu il primo provvedimento di sequestro antimafia notificato in Emilia Romagna
C’è la ‘ndrangheta a Reggio Emilia, e ci sono anche i beni sequestrati alla mafia. Valgono mezzo milione di euro quelli sigillati a Francesco Grande Aracri, residente a Brescello, in provincia di Reggio Emilia, ma d’origine calabrese. Aracri infatti è condannato con sentenza definitiva per associazione di stampo mafioso ed è considerato al vertice dell’omonima cosca della ‘ndrangheta capeggiata dal fratello Nicolino, detenuto. Parallelo al sequestro è stato notificato dagli uomini del comando provinciale dei carabinieri anche il decreto di confisca dei beni già sequestrati l’8 novembre 2013: era stato il primo provvedimento di sequestro antimafia notificato in Emilia Romagna.
Sotto sequestro, questa volta sono finiti un’azienda per la lavorazione del marmo nella stessa area già sottoposta a sequestro, intestata a Paolo Grande Aracri e Carmelina Passafaro, figlio e nuora di Francesco, ma anche un’abitazione ed un’autorimessa intestate alla figlia Rosita. Sono già stati attivati i canali formali con la Agenzia Nazionale per l’amministrazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata per la parte di competenza relativa alla prosecuzione della gestione ed eventuale destinazione. La nuova ordinanza di sequestro, firmata del collegio presieduto dal Presidente del Tribunale di Reggio Emilia Francesco Caruso, avanzata dal sostituto procuratore antimafia di Bologna Marco Mescolini. Il magistrato aveva condotta l’inchiesta Aemilia che nel gennaio scorso aveva portato all’arresto di 117 persone: tra questi Domenico Grande Aracri, avvocato penalista, e Giuseppe Pagliani, consigliere comunale di Reggio Emilia (Forza Italia).
La storia del clan Grande Aracri incrocia anche quella di Graziano Delrio, ministro delle Infrastrutture ed ex sindaco di Reggio Emilia. Il braccio destro di Matteo Renzi è stato interrogato dai pm della dda di Bologna come persona informata sui fatti. I pm chiedevano soprattutto di quell’incontro dei calabresi in prefettura, al quale aveva partecipato anche Delrio.Era il periodo in cui il prefetto Antonella De Miro aveva iniziato a colpire con provvedimenti interdittivi le imprese considerate infiltrate dalla ‘ndrangheta, che quindi perdevano commesse. “Li ho accompagnati perché il prefetto potesse spiegare le ragioni, perché avessero garanzie che in tutto questo non c’era una vena anti-meridionalista o discriminatoria nei confronti della comunità” ha messo a verbale Delrio.
Il prefetto di Reggio Emilia ha anche nominato una commissione d’indagine per verificare il condizionamento della cosca sull’amministrazione comunale di Brescello.