In cambio di concessioni risibili se non nulle, Tsipras dovrebbe ottenere in tre giorni dal suo Parlamento il via libera a condizioni che Atene definisce "umilianti e disastrose". Tanto che il vero desiderata dei falchi d'Europa sembra piuttosto un'uscita spontanea del Paese dalla moneta unica. La palla in mano ai leader politici che trattano nella notte dopo essere partiti da posizioni su distanze abissali
Mission impossible per Alexis Tsipras, con l’unica alternativa sul piatto costituita dall’uscita dall’euro. Per poter avviare i negoziati sul nuovo piano di aiuti Atene dovrà approvare in tre giorni un complessissimo piano di riforme e trasferire a un fondo esterno beni pubblici per oltre 50 miliardi di euro. O, è l’altra strada che sembra realmente auspicata, decidere autonomamente di avviare delle trattative per uscire dall’euro, visto che i trattati non prevedono l’espulsione di un Paese dalla moneta unica. Del resto i punti essenziali delle condizioni individuate dall’Eurogruppo dopo 14 ore di riunione per poter iniziare a parlare di un terzo “salvataggio” della Grecia parlano chiaro. Tanto più che includono, cosa non da poco, il fatto che ad Atene non sarà concesso nessun taglio del debito, ma solo una rimodulazione dei tempi e dei modi di pagamento. E’ quanto si legge in una bozza di documento discusso ma non approvato dai ministri delle Finanze della zona euro e da loro trasmesso ai leader politici dei Paesi della moneta unica a valle di una due giorni di trattative costellate da indiscrezioni e duri strappi tra falchi e colombe, che si sono scontrati senza esclusione di colpi per ottenere gli uni una chiusura definitiva ad Atene e gli altri una nuova apertura. E se a leggere la bozza del documento ministeriale sembra aver prevalso il primo fronte, ma non così nettamente da far approvare il testo, per un verdetto definitivo bisognerà comunque attendere la decisione dei politici che si sono riuniti domenica a metà pomeriggio e a notte fonda non avevano ancora trovato un punto d’intesa.
NIENTE TAGLIO DEL DEBITO PER UN MEMORANDUM DA 86 MILIARDI – “L’Eurogruppo sottolinea che nessun haircut (taglio del debito, ndr) può essere intrapreso. Le autorità greche reiterano il loro impegno inequivocabile a onorare i propri obblighi finanziari con tutti i creditori pienamente e nei tempi stabiliti”, si legge nel testo elaborato dall’Eurogruppo e passato all’Eurosummit come base per le conclusioni finali. “L’Eurogruppo è pronto a considerare possibili misure addizionali per ammorbidire ulteriormente il servizio del debito greco, se necessario, per assicurare che le necessità finanziarie restino a un livello sostenibile. Queste misure, incluso un allungamento del periodo di grazia e dei periodi di ripagamento, saranno condizionate alla piena implementazione delle misure da concordare in un possibile nuovo accordo tra le istituzioni (la ex Troika, ndr) e la Grecia e saranno considerate solo dopo il completamento positivo della prima fase”.
Quanto ai numeri, l’Eurogruppo “prende nota delle urgenti necessità finanziarie della Grecia, che sottolineano il bisogno di progressi molto rapidi per arrivare a una decisione per un nuovo Memorandum. Le necessità finanziarie sono stimate ammontare a 7 miliardi di euro per il 20 luglio e altri 5 miliardi per la metà di agosto”, recita il documento. Inoltre l’ammontare totale del nuovo programma di aiuti finanziato dal fondo Esm da 82-86 miliardi (contro i 50 inizialmente previsti e via via lievitati) dovrebbe comprendere un cuscinetto fra 10 e 25 miliardi di euro per il settore bancario “per affrontare i bisogni di possibili ricapitalizzazioni bancarie“. Possibilità talmente concreta che secondo il documento 10 miliardi “dovrebbero essere immediatamente disponibili in un conto separato“.
LE RIFORME DA ATTIVARE IN 3 GIORNI E IL RITORNO DELLA TROIKA – Per ottenere queste concessioni risibili se non nulle rispetto alle sue richieste, Tsipras dovrebbe ottenere in tre giorni dal suo Parlamento il via libera a un piano di riforme complesso e variegato che passa per “la razionalizzazione del sistema dell’Iva e l’ampliamento dell’imponibile per incrementare gli incassi”; una riforma “per migliorare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico“; l’adozione di un nuovo codice di procedura civile per accelerare la giustizia civile e ridurre i costi; la salvaguardia della “piena indipendenza legale dell’Elstat”, l’istituto di statistica; la creazione del Fiscal Council istituito dal Fiscal Compact per controllare i bilanci e il recepimento della direttiva comunitaria sul nuovo sistema europeo di salvataggio delle banche, il cosiddetto bail in, che affianca l’intervento esterno (bail out) ad appunto quello interno, cioè il contributo a vario titolo di azionisti e correntisti con depositi al di sopra dei 100mila euro.
Questione non da poco, quest’ultima, visto che un intervento sulle banche greche sembra ormai inevitabile, ma senza il recepimento della direttiva sarebbe tecnicamente impossibile. Non solo. Secondo i ministri dell’Eurogruppo “sul mercato del lavoro, occorre intraprendere revisioni rigorose su contrattazioni collettive, azione industriale e licenziamenti collettivi, in linea con il calendario e l’approccio concordato con le istituzioni”. Dulcis in fundo, il documento, impone ad Atene di accettare il ritorno delle missioni di controllo della Troika. Il testo parla infatti di “normalizzare pienamente i metodi con le istituzioni, incluso il necessario lavoro sul campo, per migliorare l’implementazione e il monitoraggio del programma”.
IL “PIGNORAMENTO” DEI BENI DI STATO – Il documento contiene anche il riferimento alla proposta di matrice tedesca di un trasferimento di “asset greci per un valore di 50 miliardi di euro a un fondo esterno e indipendente come l’Istituzione per la crescita di Lussemburgo, per essere privatizzati (cioè venduti, ndr) nel tempo e ridurre il debito. Tale fondo sarà gestito dalle autorità greche sotto la supervisione delle istituzioni europee”. Un punto quest’ultimo, decisamente scivoloso, come già aveva fatto notare nel pomeriggio il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, nel corso di una conferenza stampa a margine dell’Eurosummit: “Non penso che si possano mettere asset greci in un fondo che non appartiene alla Grecia. Occorre una sorta di monitoraggio per assicurarsi che il debito sia sostenibile, ma l’idea che la Grecia possa essere esclusa da questo fondo sembra impensabile”. Schulz in ogni caso, smentisce la paternità tedesca della proposta: “L’idea del fondo non è della Germania, è una idea di Juncker, che la lanciò nell’ambito del primo programma. Cinquanta miliardi è un numero. Non dovremmo parlare prima del numero, ma del principio. L’idea è stabilizzare la capacità greca di gestire il suo debito. Non è una cattiva idea, il problema è a chi fa riferimento il fondo, non penso che si possa affidare la ricchezza greca ad altre mani perché la gestiscano”. Lo sanno bene anche in campo ellenico con la leader del Pasok, Fofi Gennimatà, che ha subito mandato a dire che: “Nessun politico greco voterà mai a favore del trasferimento dell’agenzia per le privatizzazioni Taiped in Lussemburgo, come sembra preveda il piano dei creditori”.
L’ALTERNATIVA AL PIANO IMPOSSIBILE: LASCIARE SPONTANEAMENTE L’EURO – Ma è nell’ultima riga che si trova quella che sembra nascondersi il vero desiderio inconfessabile dei falchi, là dove l’Eurogruppo minaccia, in caso di mancato accordo, “rapidi negoziati per una uscita temporanea dalla zona euro“, a quel punto anche “con possibile ristrutturazione del debito”. La forma non è casuale: i trattati non prevedono l’espulsione di un Paese dalla moneta unica, ma la permanenza di un Paese insolvente che non si vuole più sostenere, costituisce una mina vagante. D’altro canto l’uscita tout court di Atene dall’euro non è nell’interesse della Grecia. Da qui la parola negoziati accompagnata dall’aggettivo rapidi. Che evidentemente non basta se, come riferisce l’agenzia Reuters, un’alta fonte Ue ha fatto sapere che un’uscita temporanea dall’euro è illegale e non resterà nel documento dell’Eurosummit.
Contro il Grexit, poi, si erano espressi in giornata sia il presidente francese Francois Hollande che lo stesso numero uno del Parlamento europeo, Schulz. “Non esiste Grexit temporanea, c’è solo una Grexit o una non Grexit. C’è la Grecia nella zona euro o la Grecia non nella zona euro. Ma in questo caso è l’Europa che indietreggia e non va avanti”, ha detto capo di Stato francese. “E’ una proposta che non ha alcuna possibilità di essere accettata, non discutiamo di cose che sono impossibili, dobbiamo parlare di soluzioni possibili”, è stato invece il commento di Schulz che ha parlato di rifiuto “soprendente” delle proposte greche da parte dell’Europa e secondo il quale occorre che ci siano “la capacità e la volontà della Grecia di portare a termine le misure proposte”, ma anche, da parte delle istituzioni, “la capacità di tenere conto della situazione molto specifica e drammatica del Paese. Non bisogna chiedere troppo, non bisogna esagerare”.
L’FMI: “UN GOVERNO TECNICO PER TRATTARE” – Atene non ha avuto neanche il tempo di formulare una reazione ufficiale alle proposte che fonti governative greche citate dal Guardian definiscono “umilianti e disastrose” – mentre il ministro della Difesa e leader del partito Greci Indipendenti, Panos Kammenos esclamava:” Ora è chiaro: ci vogliono schiacciare. Adesso basta” – che da Washington è arrivato il carico da novanta. Il Fondo monetario internazionale, riferisce la Bild, ha messo in campo la possibilità che per svolgere i negoziati sugli aiuti in Grecia si instauri un governo tecnico ad Atene. Il Fmi chiede inoltre garanzie sul fatto che le riforme annunciate vengano davvero realizzate. Dell’esecutivo ellenico dovrebbero far parte anche ministri che non provengono da un partito, come nel 2011. “Noi non crediamo che Syriza possa fare le riforme – ha detto un esponente del Fondo al tabloid tedesco – non abbiamo fiducia in loro”.
I LEADER POLITICI NON DECIDONO, SI TRATTA NELLA NOTTE – Viste le premesse, com’era prevedibile l’Eurosummit chiamato a prendere la decisione politica finale sulla base del documento dell’Eurogruppo, non ha trovato una posizione comune. I leader della zona euro hanno interrotto la riunione più volte, per consentire dei vertici bilaterali e a mezzanotte si profilava una discussione notturna. I quattro nodi su cui verte la trattativa sono soprattutto il fondo da 50 miliardi, il debito, la partecipazione del Fmi al salvataggio e il problema della liquidità delle banche greche chiuse ormai da due settimane e sulle quali è attesa una nuova posizione del direttivo della Bce già lunedì in giornata.
“Sono qui pronto per un compromesso onesto – è stato l’esordio di Tsipras -. Lo dobbiamo ai popoli europei che vogliono una Europa unita e non divisa. Ci sarà un accordo questa sera se tutte le parti lo vogliono”. Concetto poi ribadito al segretario Usa al Tesoro Jack Lew, nel corso di un colloquio telefonico, durante il quale il premier ellenico avrebbe detto che la Grecia ha mostrato la sua volontà di raggiungere un’intesa e “perché un accordo sia fattibile deve rispettare fondamentalmente il popolo greco e qualunque cosa abbia sopportato negli ultimi cinque anni”. Dal canto suo il cancelliere tedesco, Angela Merkel ha fatto sapere che “non ci sarà un accordo a ogni costo”, perché un cattivo accordo sarebbe peggio di un mancato accordo e quindi la Germania non cerca un’intesa a tutti i costi: “So che i nervi sono tesi ma deve essere chiaro che i vantaggi devono prevalere sugli svantaggi, sia per la situazione della Grecia, sia anche per l’intera zona euro”. Opposta la posizione francese con Hollande che, analogamente al premier irlandese Enda Kenny (“Non voglio guardare indietro tra 10 anni e dirmi che la Grecia si sarebbe potuta salvare e non lo è stata”), entrando al summit ha rimarcato come “la posta in gioco è sapere se domani la Grecia sarà nell’euro ma è anche l’Europa” e “la Francia farà di tutto per trovare un accordo stasera che permetta alla Grecia di restare nella zona euro, se le condizioni sono rispettate, e permetta all’Europa di andare avanti” e non indietro. Naturale che viste le distanze abissali di partenza, nessuno azzardi previsioni sulla fine dei lavori.