Abbarbicato sui colli toscani di Sasso Pisano, piccolo borgo medievale di Castelnuovo di Cecina, il museo doveva ospitare un eclettico inventario di manufatti in terracotta, spartiti di Bocelli, oggetti spaziali, un corpetto da marinaio del 1800, il mezzo busto di Giovanni Paolo II. Nel 2011 fioccano i patrocini delle più alte istituzioni dello Stato. Ma quattro anni dopo non esiste e i reperti deperiscono in una chiesa
C’è un museo che per quattro anni ha ricevuto tutti i più importanti patrocini italiani, dalla Presidenza della Repubblica in giù. Peccato che non esista. E’ il Museo dei mestieri artigiani della Toscana, uno dei più fulgidi esempi del cortocircuito tra arte e politica. Se ne sta abbarbicato sui colli toscani di Sasso Pisano, piccolo borgo medievale di Castelnuovo di Cecina, 470 anime. Si propone al mondo come “esposizione permanente di oggetti riferibili a tutte le più alte espressioni della creatività toscana” grazie a un inventario piuttosto eclettico: raccoglie sotto lo stesso tetto vasi in terracotta donati da storiche aziende della zona, spartiti e inediti di Andrea Bocelli che è di quelle parti, oggetti spaziali della Nasa, un corpetto da marinaio del 1800 e il mezzo busto di Papa Giovanni Paolo II. Insieme ad altri pezzi unici c’è anche la scacchiera autografa del campione di dama alla cieca Michele Borghetti. Tanta roba insomma, pure troppa.
Lo conferma con un certo imbarazzo l’ufficio turistico del Comune di Castelnuovo che si guarda bene dal menzionarlo, consigliando piuttosto una visita ai musei della Geotermia e della Civiltà contadina che, esistendo, sono quantomeno visitabili. Il problema? Le opere che dovevano essere conservate e rese fruibili al pubblico sono ancora stipate nella stanzetta di una chiesa, cioè di una struttura privata. I donatori chiedono ora di riaverle indietro, lamentano il “pessimo stato di conservazione” e minacciano azioni legali. L’amministrazione, del resto, sembra non volerne sapere più. Il museo resta quindi sospeso tra la vita e la morte: tecnicamente è, appunto, un fantasma. Ma con molti patrocini.
Ragioni e torti della surreale vicenda, come spesso accade, stanno da una parte e dall’altra. Chi ne ha a cura le sorti continua a fare sopralluoghi nell’improbabile magazzino, lamenta la mancanza di un inventario dei beni donati, denuncia la scomparsa di alcuni manufatti, intima lo sblocco delle autorizzazioni e dei fondi per realizzare il museo dei mestieri artigiani. L’ultimo sopralluogo lo compiono alcuni consiglieri comunali il 20 marzo 2015. Documentano con foto alcuni vasi collocati al di fuori della struttura ed esposti alle intemperie. “All’interno, appoggiata ad un muro, una vetrata in vetro e argento che già presenta una grossa incrinatura e soprattutto non adeguatamente custodita visto che può essere raggiunta e toccata da chiunque entri nella chiesa nei giorni di apertura della stessa”. Idem per un busto in marmo di Giovanni Paolo II, anch’esso donato da privati. Annotano ancora i consiglieri: “Non è stato possibile visionare il resto del materiale a causa della cattiva custodia: scatole una sopra l’altra ammassate in maniera disordinata e soprattutto non tenendo conto del materiale fragile, per esempio ci è stato possibile intravedere dei vasi di porcellana, presupponendo che fossero quelli donati dalla Richard Ginori, sotto scatole molto pesanti”.
Alle accuse d’inerzia risponde l’amministrazione comunale che, per bocca dell’assessore Francesco Grassi Nardi, rileva l’impossibilità a dar corso alle richieste, giacché un museo non è un insieme raffazzonato di opere ma una precisa definizione giuridica subordinata all’acquisizione di un giudizio condiviso del valore dei reperti, tale da poter essere poi inserito negli elenchi del Ministero dei Beni Culturali. Giudizio che può essere artistico, culturale, archeologico e perfino politico. Così la telenovela va avanti tra accuse, minacce e polemiche. L’ultima puntata, per gli aficionados, è un’interrogazione parlamentare a firma della senatrice del M5S Manuela Serra, nella quale si chiede al ministro Dario Franceschini di sbrogliare definitivamente la matassa del museo che volevano tutti e nessuno ha aperto.