Si è salvata dalla mattanza per caso. Ed è l’unica ad essere scampata al tiro al bersaglio dell’agente della Polizia penitenziaria, Luciano Pezzella, che questa mattina a Trentola Ducenta, vicino ad Aversa, in provincia di Caserta, ha sterminato la famiglia Verde, di cui ormai anche lei faceva parte.
Anna è la fidanzata del più giovane delle quattro vittime, il 31enne Pietro Verde – figlio di Michele ed Enza – rimasta in camera da letto mentre il compagno scendeva nell’appartamento al piano inferiore occupato dai genitori per vedere cosa stesse accadendo con l’inquilino dell’appartamento accanto con cui litigavano spesso.
Dopo aver sentito i colpi di pistola, è uscita dalla stanza e ha visto i corpi dell’uomo con cui conviveva da tempo e della suocera distesi a terra in un lago di sangue, poi anche quello del suocero Michele Verde. Il retroscena è emerso dopo l’intervento dei carabinieri del reparto territoriale di Aversa nell’immobile di via Carducci.
Ai militari ha detto sotto choc di non aver sentito nulla in un primo momento perché stava dormendo, ma di aver visto, una volta trovati i corpi, il vicino di casa che scappava. La ragazza non era probabilmente un obiettivo del 50enne agente penitenziario, ma le forze dell’ordine sono certe che se si fosse trovata con i suoceri e il fidanzato al momento della sparatoria non si sarebbe salvata.
Dopo la strage, gli altri vicini che sapevano degli screzi tra le due famiglie si sono divisi tra chi ha detto di aspettarsi un epilogo così drammatico e chi è invece rimasto sorpreso. Le liti tra le due famiglie non era comunque mai sfociate in denunce alle forze dell’ordine. “Faceva discussioni anche con gli altri vicini – ha spiegato un testimone – non ricordo che andasse d’accordo con qualcuno, qualche volta ho sentito anche che minacciava i Verde di usare la pistola. Ma non immaginavo che la sua rabbia potesse esplodere in questo modo”.
“Per me doveva succedere – dice un anziano vicino amico dei Verde – Pezzella non era affatto tranquillo“. Lo descrivono come una persona tranquilla invece gli agenti della penitenziaria che lavoravano con lui nel carcere napoletano di Secondigliano.