I 32 esercenti di via Petroni, cuore della cittadella universitaria della Dotta, si sono radunati davanti al portone di Palazzo d’Accursio, sede dell’amministrazione cittadina, per manifestare contro l’ordinanza anti-alcol firmata nei giorni scorsi dal sindaco del Partito Democratico Virginio Merola
La chiamano “l’ordinanza della birra calda” e per protesta hanno deciso di consegnare le chiavi dei loro negozi all’assessore all’Economia del Comune di Bologna, Matteo Lepore. Sono i 32 commercianti di via Petroni, cuore della cittadella universitaria della Dotta, che il 13 luglio si sono radunati davanti al portone di Palazzo d’Accursio, sede dell’amministrazione cittadina, per manifestare contro l’ordinanza anti alcol firmata nei giorni scorsi dal sindaco del Partito Democratico Virginio Merola.
Un provvedimento, cioè, “volto a contrastare l’abuso di alcol nella zona universitaria” imponendo ai negozi alimentari e ai laboratori artigianali, numerosi in centro città, la chiusura entro le 9 di sera, tra il 13 luglio e il 15 ottobre. E vietando, inoltre, a queste attività commerciali, soprattutto piccoli negozi gestiti da stranieri, perlopiù provenienti da Pakistan e Bangladesh, “di detenere bevande alcoliche di qualsiasi gradazione in qualunque sistema e/o apparecchio di refrigerazione e raffrescamento” per tutta la durata dell’ordinanza, sia di giorno, sia di sera. “Quindi – protestano i manifestanti – di fatto, con l’entrata in vigore del nuovo provvedimento non possiamo vendere più nemmeno una birra fresca ai nostri clienti. In pratica, una condanna a morte”.
Da qui, spiegano i titolari dei negozi interessati dal provvedimento, da via Zamboni a via delle Moline, da via Petroni a Largo Respighi, cuore della movida bolognese, la protesta, e la consegna delle chiavi dei loro negozi all’amministrazione. “Se il Comune non farà un passo indietro – spiegano i 32 esercenti che hanno portato a Palazzo d’Accursio i loro cartelli, e che per protesta terranno le saracinesche dei loro negozi abbassate almeno fino a mercoledì 15 luglio – saremo costretti a chiudere”. “Più che altro – racconta Mahmud Hossain, titolare di un negozio in via Marsala – perché se la gente non può più comprare la birra da noi, non è che smette di bere”. Esclusi dall’ordinanza, infatti, sono ad esempio i supermercati del centro, così come altre attività commerciali che non rientrano nei parametri del provvedimento, a partire dai bar. “Il mio caso è emblematico – continua Hossain – il mio negozio è sottoposto all’ordinanza, ma al civico successivo c’è un supermercato che non avrà problemi a vendere ancora la birra, anche fredda”.
Nessun passo indietro, tuttavia, è arrivato dal Comune di Bologna. L’assessore Lepore, infatti, nel consegnare le chiavi dei negozi alla presidente del quartiere San Vitale, Milena Naldi, affinché le restituisca ai proprietari, dopo aver incontrato gli esercenti ha confermato che il divieto non verrà revocato. E che anzi, l’ordinanza anti movida potrebbe essere estesa anche al resto del centro storico, pubblici esercizi esclusi. “La protesta è un autogol – spiega Lepore – dire che senza birra fredda non vivono significa ammettere che la loro attività si regge sulla vendita di alcol”.
“Vogliono solo farci chiudere – è la replica di Hossain, che come gli altri 31 esercenti protagonisti del presidio terrà le serrande chiuse finché il Comune non li riconvocherà per discutere dell’ordinanza, quindi almeno fino al 15 luglio – a loro non interessa sentire cosa abbiamo da dire. Ma se è questo che vogliono va bene, allora però ci diano un altro lavoro. Così non possiamo andare avanti”.