Le reazioni della gente di Atene all'accordo-ricatto condannano la scelta del premier: "Ora la situazione precipiterà, Tispras ha pensato che con il referendum le istituzioni europee avrebbero fatto un passo indietro, invece non l’hanno fatto, anzi ci impongono condizioni inaccettabili". E il blocco nero minaccia disordini
“È una vendetta, la Germania vuole punire Tsipras, ma non fa altro che colpire il popolo greco”. Stamattina Atene si è svegliata in stato di choc. Al chiosco dei giornali Spyros legge Espreso, uno dei tabloid ellenici. “Cerco di tenermi lontano dalla politica, mi fa venire soltanto la tachicardia”. Basta poco per accendere la polemica. Il quotidiano Dimokratia titola oggi in prima pagina “Ellada sto Ausvits” (La Grecia ad Auschwitz). “Se avessimo avuto un accordo il 20 di febbraio oggi andrebbe tutto meglio. Ora la situazione precipiterà, Tispras ha pensato che con il referendum le istituzioni europee avrebbero fatto un passo indietro, invece non l’hanno fatto, anzi ci impongono condizioni inaccettabili”.
Dopo due settimane dall’inizio del controllo dei capitali le code ai bancomat non sono diminuite: anche oggi ogni sportello raccoglie decine di persone. Attendono silenziosamente di ritirare la loro razione quotidiana di 60 euro. “Sono 50 da diversi giorni, il taglio da 20 è introvabile” spiega Zeta, avvocatessa trentenne che ogni giorno si ferma al bancomat accanto al ministero delle Finanze. “Tsipras è stato molto naif a pensare che tutto si potesse risolvere con un voto popolare. In Germania si parla di soldi, non di persone”.
Adesso il primo ministro ellenico è schiacciato tra due fronti. Quasi tutti i media e parte dell’opinione pubblica gli chiedono di portare avanti le riforme imposte da Bruxelles. Invece parte della sua maggioranza è pronta ad abbandonarlo se accetterà, anche solo di discutere in parlamento, il nuovo memorandum. Nella notte tra venerdì e sabato la spaccatura all’interno di Syriza si è rivelata per la sua profondità. 17 deputati, sui 149 che rappresentano il partito della sinistra di governo, non hanno votato a favore della proposta di accordo con i creditori, scritta dal neo ministro delle Finanza Euclidis Tsakalotos. L’ala radicale di Syriza, Piattaforma di Sinistra, è in silenzio stampa da allora. Nei mesi scorsi più volte Tsipras ha mercanteggiato con loro riforme che poi l’Eurogruppo ha bocciato senza remora. Oggi sembra che il sottile filo che teneva insieme Syriza si sia rotto irrimediabilmente. Dalla segreteria del partito arrivano messaggi di distensione e unità. “Gli europei non possono chiederci di approvare tutto o nulla – spiega a ilfattoquotidiano.it una fonte vicina al team dei negoziatori delle scorse settimane – Se sarà così ci saranno elezioni. E Tsipras farà una campagna per uscire dall’euro”. In queste ore la possibilità di nuove elezioni sembra una delle opzioni più attuabili.
Tsipras ha perso la sua maggioranza e per far approvare le riforme dovrà farle votare dai partiti dell’opposizione. To Potami, il partito liberale guidato dall’ex giornalista Stauros Theodorakis, ha garantito il suo appoggio. Ma il suo pacchetto di voti non basterebbe. Il primo ministro dovrebbe chiedere aiuto ai socialisti del Pasok e ai conservatori di Nea Demokratia. Un chiaro suicidio politico per il quarantenne leader di Syiriza, eletto proprio per creare discontinuità con i governi precedenti.
“Le elezioni non farebbero bene al paese – spiega Vassilis, responsabile di una piccola agenzia assicurativa – Tsipras ha tre anni davanti a sé. Non ci sono elezioni amministrative o politiche, anche il capo dello Stato è appena entrato in carica. Quel che resta di Syriza ha perso la maggioranza, ma può crearne un’altra. Questa è l’occasione per voltare pagina, chiudere con il populismo e iniziare a fare delle riforme”. Vassilis fa parte di quella classe media che è stata distrutta da cinque anni di austerità: “Ho studiato all’estero, sono abituato a vedermi come europeo, ma tutto questo è finito nel 2010”. Come milioni di altre persone Vassilis preleva ogni giorno dal suo conto corrente e nasconde in casa un piccolo deposito. Il rischio del passaggio alla dracma, e quindi una svalutazione del 40% dei propri risparmi, è lo spettro con cui convivono tutti i greci che hanno ancora qualcosa da parte.
Un terzo della popolazione, però, vive sotto la soglia di povertà. I disoccupati sono oltre 2,5 milioni, per loro non ci sono risparmi e sovente nemmeno servizi. Se non si lavora almeno quattro mesi nell’anno precedente si perde il diritto all’assistenza sanitaria pubblica. “Per me euro o dracma è esattamente lo stesso, non ho nulla” dice Khloe che è disoccupata da due anni e ieri sera era in piazza Syntagma a manifestare contro il governo. Un gruppo di oltre quattrocento tra anarchici e antifascisti si sono dati appuntamento sotto il Parlamento. La parte più radicale, oltre 100 erano, coperti in volto, in mano spranghe e caschi. “Tsipras si è rivelato per quello è: un politico come tutti gli altri e così va trattato”. Photios parla nascosto da un passamontagna nero. “Siamo pronti ad entrare in parlamento e a cacciare tutti quei ladri e corrotti che ci hanno portato fino a qui”. Negli anni scorsi Photios ha partecipato a molti scontri qui a Syntagma “al fianco a noi c’erano dirigenti e deputati della Piattaforma di Sinistra (ala radicale di Syriza), adesso sono al governo e si sono dimenticati delle loro promesse”.
@cosimocaridi