Arte, società partecipata della Regione, rischia di non pagare gli stipendi ai 110 dipendenti. Il motivo? I 103 milioni spesi per acquistare in blocco alcuni immobili appartenuti alle Asl liguri. Un escamotage dell'amministrazione Burlando per coprire il buco aperto in bilancio alla voce Sanità
La giunta di Giovanni Toti si è appena insediata e già deve fare i conti con l’eredità dell’amministrazione di Claudio Burlando. Il primo problema nella lista è il buco da 122 milioni di euro nel bilancio di Arte (cioè l’ex Istituto Autonomo Case Popolari), una società partecipata della Regione Liguria: una situazione che mette a rischio il pagamento degli stipendi dei 110 dipendenti. Da mesi l’attività istituzionale, e cioè assegnare alloggi popolari alle categorie più deboli, è bloccata dalla mancanza di liquidi. Mancano i fondi anche per restaurare gli appartamenti non assegnati (quasi 900) che quindi restano vuoti.
Nel 2014 gli interventi di ristrutturazione sono stati appena venti. Per attenuare l’impasse era stata approvata una norma che consente all’inquilino subentrante di procedere direttamente ai lavori fino ad un massimo di 5mila euro, detraendo quella spesa dalla cifra pagata per l’affitto. Dei quasi diecimila alloggi popolari in dotazione ad Arte, sono state ben 3.700 domande di assegnazione nel 2014 ma soltanto un centinaio sono state soddisfatte (nel 2013 erano state 260). Per sbloccare lo stallo il Comune ha immesso sul mercato altri 110 immobili da vendere ad un cifra non inferiore al 25% del prezzo di mercato.
La vicenda Arte nasce nel 2011, da una legge regionale varata dalla giunta Burlando: imponeva alla società partecipata di acquistare in blocco alcuni immobili appartenuti alle Asl liguri in cambio di 103 milioni di euro, Un escamotage per coprire il buco aperto in bilancio alla voce Sanità: un rosso di 143,8 milioni che si trascinava dal 2007, e che la Regione Liguria doveva cancellare dopo aver concordato un piano di rientro con il Ministero della Salute. In pratica la Regione girava ad Arte gli immobili dismessi (tra i quali spicca l’ex ospedale psichiatrico di Genova-Quarto, valutato 36 milioni di euro), e la società partecipata s’impegnava a reperire i compratori sul mercato: operazione che però non ha avuto successo.
A questo punto Arte per onorare il debito contratto con la Regione aveva dovuto accendere un mutuo di 106 milioni di euro con la banca Carige, pagando ogni anno tre milioni di euro di costi di finanziamento e di interessi. Alleggerito il proprio bilancio dal debito costituito dagli immobili ex Asl, la Regione aveva concesso ad Arte un anticipazione di cassa pari all’80% del valore di acquisto (presunto) degli immobili. Un’ottantina di milioni, dato che il valore degli immobili stimato è 103 milioni di euro.
Solo che a quel punto è intervenuto il procuratore della corte dei conti Ermete Bogetti. L’anticipazione di cassa, aveva scritto nella sua relazione contabile al bilancio, rappresenta “gran parte della provvista finanziaria per pagare alla stessa Regione il prezzo degli immobili e la prevista plusvalenza”. “Tale operazione – aveva concluso Bogetti – non può qualificarsi come una vendita di immobili, ma, al più, una cartolarizzazione”. Ecco perché, aveva spiegato il magistrato contabile, “il ricavato presunto della vendita, pari a 103,37 milioni di euro, deve essere iscritto al passivo del conto del patrimonio”.
Si trattava quindi di una operazione di finanza creativa che scaricava sui conti di Arte un passivo non imputabile alla Regione. Che in quel modo immaginava di riuscire a far superare al bilancio l’ostacolo della magistratura contabile. I nodi, però, sono puntualmente venuti al pettine. Richiamando di nuovo l’attenzione della Corte dei conti che tornerà ad occuparsi della vicenda il 23 luglio, in sede di parifica del bilancio. Qualcuno dei vecchi amministratori di Via Fieschi, che hanno appena ceduto il passo alla nuova giunta di centrodestra, dovrà fornire spiegazioni in merito.
Già in sede di parifica del bilancio, a fine 2014, la Corte dei Conti aveva espresso serie perplessità sul meccanismo escogitato da Burlando e dall’assessore al patrimonio, Rossetti. Segnalata la difficoltà che Arte incontrava a restituire l’anticipazione di cassa, aveva ordinato alla Regione di iscrivere a bilancio una voce passiva di 103 milioni. La Regione aveva optato per una soluzione – i cosiddetti conti d’ordine – che è stata stoppata dagli stessi revisori dei conti.
La nuova giunta di centrodestra osserva con preoccupazione la vicenda. Il presidente, Giovanni Toti, che ha tenuto per sé la delega a bilancio e finanze, ha fatto sapere come la pensa. Varerà una verifica accurata sui conti, (come ha deciso di fare per la Sanità) affidandola a terzi qualificati. Arte si articola in quattro aziende, una per provincia. “Se gli immobili, alcuni dei quali sono potenzialmente molto interessanti, non sono stati acquistati, è lecito ipotizzare che la valutazione fosse sovrastimata. Se così fosse, si aprirebbe un altro buco nel bilancio e qualcuno dovrà assumersene la responsabilità”, ha dichiarato l’esponente forzista al Secolo XIX . Toti ha rivelato di aver già affrontato con il sindaco di Genova, Marco Doria, la questione della vendita degli immobili ex Asl. D’altra parte un alloggio popolare non ha niente a che vedere con i 18mila metri quadrati dell’ex ospedale psichiatrico di Quarto.