Società

Crisi demografica: italiani destinati a ridursi sempre più, non per colpa degli stranieri – Prima parte

Questo breve articolo, ben lungi dal voler essere un trattato di demografia, ha il solo scopo di evidenziare in modo discorsivo alcuni fenomeni demografici che stanno già avendo effetti sulla vita del nostro Paese e che, con la loro evoluzione e i loro trend, stanno modificando la struttura della popolazione italiana e con essa abitudini, tradizioni e costumi.

Le riflessioni che seguiranno cercano solo di leggere i dati e vederne le evoluzioni e gli effetti senza posizioni ideologiche preconcette. Il commento che seguirà, cercherà di tracciare un profilo di lettura che descriva cosa realmente sta accadendo e, forse, presto accadrà.

Il primo dato esaminato (Tabella 1) è quello della evoluzione della consistenza della popolazione italiana in rapporto alla presenza straniera. Questo dato ha ovviamente ricadute significative in molti degli Indicatori demografici e soprattutto sul loro andamento negli ultimi anni proprio in virtù dei differenti comportamenti delle variabili endogene riconducibili a tali diversi aggregati.

In poco più di un decennio, ad una iniziale crescita protrattasi fino al 2010 (con un incremento di 3.300.000 circa di residenti aggiuntisi ai circa 57.300.000 residenti del 2002) è seguito un andamento leggermente altalenante che ha portato la consistenza della popolazione residente complessiva del 2014 a valori di poco inferiori ai 61.000.000.

Nel periodo preso in esame, i trend degli italiani e degli stranieri hanno avuto caratteristiche assai diverse. Sostanzialmente stabile, ma con segnali di una leggera decrescita quello degli italiani, in forte espansione quello degli stranieri, più che triplicatisi nel periodo e con una incidenza dei residenti non italiani, nel 2014, superiore all’8% sul complesso della popolazione.

I dati ci dicono allora (se letti anche con i valori di altri indicatori demografici riferiti a questo aggregato di cui si dirà nel seguito) che gli italiani sono destinati a ridursi sempre di più, non per colpa degli stranieri, ma di loro stessi e dei loro stili di vita, e che se non li modificheranno nel breve periodo, vedranno aumentare quote di residenti italiani anziani sempre maggiori a scapito di quelle giovani. Gli stranieri hanno, invece, garantito la crescita della popolazione e grazie all’apporto di quote di residenti più giovani hanno contenuto nel complesso l’invecchiamento della popolazione stessa.

Gli indicatori strutturali nel 2015, infatti, indicano (Tabella 2) che ogni 100 individui attivi e potenzialmente indipendenti ce ne sono ben 55 (tra troppo giovani e anziani) non autonomi di cui circa 22 sono giovani e 33 anziani. Pertanto, con riferimento al 2013 (l’ultimo disponibile per un raffronto a livello internazionale) l’indice di vecchiaia del nostro Paese, è il più alto in Europa, (supera il valore di 150) dopo la Germania (158), mentre in Irlanda, per esempio, si attesta intorno a 56. Va evidenziato che, rimanendo nel nostro Paese, a livello regionale il valore più elevato dell’indice di vecchiaia (1° gennaio 2015) si riscontra in Liguria dove tocca quota 240, mentre quello più basso in Campania con 113 (Fonte Istat ed Eurostat). L’età media della popolazione si aggira, in Italia, nel 2015, intorno ai 44 anni, valore che ben ne descrive l’invecchiamento.

In sintesi una sopravvivenza sempre più prolungata, accompagnata da una fecondità sempre minore sta creando velocemente le condizioni per l’aumento degli anziani a scapito delle fasce giovanili. Dal momento poi che il livello di sostituzione (cioè il tasso che consente ad una popolazione di riprodursi a prescindere dai comportamenti migratori) è di 2,1 figli per donna e che quello italiano è di circa 1,4 è facile notare (Tabella 3) come la situazione vada precipitando (a causa dell’1,3 per le italiane non compensato dal 2,1 per le straniere).

In virtù del calo delle nascite (Tabella 4), accentuatosi negli ultimi anni, il saldo naturale tra nascite e morti è oramai costantemente negativo (- 86.436 nel 2013).

Anche l’indice di natalità (Tabella 5) è diminuito di un punto (da 9,4 a 8,4) tra il 2002 e il 2014, mentre l’Indice di mortalità è costantemente intorno al valore di 10,0 con uno scarto che oscilla tra + 0,3 – 0,5.

 (Continua)