La presidente del Parlamento ellenico Zoe Konstantopoulou, potrebbe rallentare i lavori impedendo l'approvazione entro mercoledì delle misure imposte dai creditori e depositate in Parlamento. Intanto Tsipras fa i conti con la prima mobilitazione contro il suo esecutivo e l'Europa fatica a trovare la quadra sul prestito ponte. Londra mette in chiaro che non ha intenzione di metterci un penny
Corsa sempre più a ostacoli per Alexis Tsipras. L’approvazione entro mercoledì delle misure imposte dai creditori è infatti a rischio anche per l’opposizione della presidente del Parlamento, Zoe Konstantopoulou. Sta a lei approvare la procedura ad hoc prevista dalla Costituzione ellenica per il varo dei disegni di legge urgenti. Ma Konstantopoulou ha fatto sapere di essere “contraria a qualunque altro sacrificio“. Se remerà contro, rallentando l’attività della Camera, non è detto che il governo riesca a ottenere per tempo l’ok alla riforma dell’Iva, delle pensioni e dell’istituto di statistica, condizioni indispensabili per ottenere dall’Europa il via libera ai negoziati per definire il terzo programma di salvataggio. Ai tempi strettissimi si somma peraltro la defezione di un drappello di una trentina di deputati di Syriza, il partito del premier. Intanto il sindacato del pubblico impiego Adedy ha indetto per mercoledì, in occasione appunto del “voto sull’accordo anti-popolare”, uno sciopero di 24 ore: il primo dalla nascita del governo Tsipras di fine gennaio. Sul fronte finanziario, mentre le banche restano chiuse in attesa che la Bce, giovedì mattina, decida se aumentare il tetto della liquidità di emergenza, le risorse a disposizione del governo sono agli sgoccioli. E se Tsipras ha davanti a sé una strada in salita ripida, non è che a Bruxelles le cose vadano meglio. Anche i creditori della Grecia, infatti, faticheranno parecchio a rispettare i loro impegni. A partire dal prestito ponte da 12 miliardi promesso per il 20 luglio su cui la quadra è ben lontana. Senza contare la fronda dei Paesi non euro, come Londra che ha subito chiuso la porta a qualsiasi possibile intervento finanziario in soccorso di Atene.
Voto sulle riforme a rischio – La segreteria politica di Syriza e il gruppo parlamentare di Anel si sono riuniti per discutere la posizione che adotteranno in Parlamento mercoledì. Il portavoce del partito del premier alla Camera, Nikos Filis, ha chiesto ai colleghi di sostenere il governo, ma non aiuta il fatto che abbia definito “colpo di Stato” contro la Grecia l’accordo firmato da Tsipras. Panos Kammenos, leader di Anel e ministro della Difesa, ha invece annunciato martedì che assicurerà sostegno al governo sulle “misure concordate nella riunione dei leader politici”. A sopperire alle defezioni saranno i conservatori di Nea Dimokratia, i socialisti del Pasok e liberal democratici di To Potami. Il vero nodo è però l’opposizione della Konstantopoulou: Filis l’ha invitata a “facilitare” le procedure, ma l’avvocatessa (che venerdì scorso ha votato contro la concessione al premier del mandato a negoziare con la ex troika) non ha intenzione di cedere. Dopo che l’ex leader del Pasok, Evangelos Venizelos, l’ha definita “una zavorra istituzionale e politica per il Parlamento e per il Paese”, Kathimerini aveva ipotizzato che potesse essere spinta a dare le dimissioni. Ma poco dopo lei stessa ha smentito di essere disposta a uscire di scena.
Il no della Gran Bretagna e la difficile architettura del prestito ponte – “La Gran Bretagna non è un Paese dell’euro, l’idea che contribuenti britannici mettano soldi sul tavolo non può proprio partire”, il ministro delle finanze inglese, George Osborne, entrando all’Ecofin ha subito messo i punti sulle i. Non agevolando certo la strada dei ministri delle finanze dell’euro che già si stanno arrovellando sul quadro tecnico-giuridico necessario per poter varare il prestito ponte indispensabile per traghettare Atene fino alla firma del memorandum sul nuovo piano di aiuto. Ma soprattutto per onorare la scadenza della rata da 3,5 miliardi dovuta alla Bce e previsto dagli accordi di lunedì. Il problema di base, in estrema sintesi, è identificare l’ente che erogherà il denaro evitando si andare a sbattere contro i Paesi non euro che non hanno firmato l’accordo. E che potrebbero pensarla come Londra, costituendo un ulteriore perdita di tempo. “Stiamo guardando a tutti gli strumenti e ai fondi che potranno essere utilizzati e tutti sembrano avere svantaggi, impossibilità od obiezioni giuridiche, dobbiamo lavorare ancora”, ha sintetizzato il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. Tra le alternative, accanto a quella del fondo Efsm della Commissione Ue che sta sollevando un polverone, c’è anche la possibilità, evocata dal ministro tedesco Schaeuble, che Atene riceva prestiti bilaterali da alcuni Stati dell’euro.
Dulcis in fundo, l’Fmi ha messo nero su bianco ai governi dell’Eurozona i conti in base ai quali l’allungamento del periodo di rimborso dell’enorme debito greco ipotizzato nell’accordo non è sufficiente per renderlo sostenibile. In uno studio riservato inviato dal Fondo ai leader della moneta unica lunedì sera e ottenuto da Reuters, l’istituzione di Washington scrive che Atene “ha bisogno di un ulteriore lungo riscadenzamento, di trasferimenti fiscali annuali espliciti o di “profondi e anticipati haircut“, cioè tagli del debito. Esplicitamente esclusi, però, dal documento messo a punto dai leader dell’area euro. “Il drammatico peggioramento dei punti di sostenibilità del debito necessita di una riduzione su una scala che avrebbe bisogno di andare ben oltre ciò che è stato considerato fino ad oggi” ed è stato prospettato per il programma Esm, scrivono gli economisti del Fmi. Non sarebbe sufficiente, dunque, un periodo di grazia sui pagamenti di 30 anni per i debiti europei. Né, da soli, gli 86 miliardi di euro promessi ad Atene in cambio di nuove durissime misure di austerità e riforme strutturali.
Il testo delle riforme in parlamento senza il taglio alle baby pensioni – Intanto in serata il governo greco ha depositato in Parlamento il testo di riforme intitolato “misure urgenti per la negoziazione e la conclusione di un accordo con l’Esm”, che dovrà essere approvato entro mercoledì a mezzanotte. Secondo il principale quotidiano greco, Kathimerini, dal testo sono sparite le baby pensioni perché servirebbe una pronuncia della Corte costituzionale, che a giugno ha bocciato la riforma delle pensioni varata nel 2012. Ma potrebbe essere un tentativo di recuperare qualche ribelle. In compenso ci sono ritocchi all’Iva, sparisce il regime speciale per le isole, sono previsti aumenti dei contributi di solidarietà per i redditi oltre i 30mila euro ed anche un contributo speciale del 5% per tutte le cariche dello Stato e della pubblica amministrazione, dal presidente della repubblica fino ai sindaci. Il testo, così come anticipato da Kathimerini, avrebbe una portata – fra tagli di spesa e nuove entrate – di 3,175 miliardi. Eppure il taglio secco dei pensionamenti anticipati era una delle condizioni imposte dal drammatico Eurosummit concluso all’alba di ieri.