La società occidentale, si sa, è classista. Tanto per intenderci quella indiana è castale e quelle primitive sono tribali. Serve solo per fissare le idee e non perché si ritenga che queste classificazioni abbiano un senso e siano granitiche. In ogni caso in Occidente le cosiddette “classi” hanno un’importanza preponderante nell’organizzazione sociale. Bene. In Brasile il confronto sociale è ben più intenso che altrove e le differenze sociali sono più marcate. Come nel resto del Sudamerica le comunità povere, che qui si chiamavano “favelas” e adesso si vorrebbe chiamarle “comunidade” poiché favela risulterebbe offensivo (è il nome di una pianta infestante), vivono accanto a grattacieli pieni di appartamenti di lusso e zone residenziali piene di ville.
La classe media va in Paradiso. Barra, Rio de Janeiro. Serie Rio, Unaltrosguardo
Nel quartiere dove abito a Rio, São Conrado, c’è chi dice si trovino le differenze sociali più feroci del Brasile. Non si arriva alle meraviglie dell’India, ma qui si trova il Fashion Mall, uno dei centri commerciali più eleganti e pretenziosi al mondo e, a 300 metri in linea d’aria, la storica Rocinha, la più grande “comunidade” povera del Sudamerica situata su una collina. Tanto per fare solo un esempio in cima alla Rocinha, non lo sanno nemmeno tutti gli abitanti della favela che vivono nella parte bassa, si trova un’area chiamata Africa per via della sua povertà estrema e qui si trovano ancora baracche di legno in mezzo a sterpi e rifiuti e anziani con l’elefantiasi alle gambe. Non potrebbero mai indossare le scarpe da 1.000 dollari che si trovano al Fashion Mall, qualche centinaio di metri sotto.
Se il razzismo è relativamente contenuto in Brasile occorre però sapere che la maggior parte dei poveri o è di origine afro-brasiliana o del nordest del paese o del Minas Gerais. In qualche modo quindi, pur non essendoci una forte discriminazione basata sul colore della pelle o sulla provenienza culturale, di fatto, qui si suole dire, “se un bianco corre per la strada sta facendo jogging, se corre un negro è un ladro” e i nordestini sono guardati con sufficienza dai carioca.
D’altra parte però la miseria nera, quella da fame per intenderci, endemica e diffusa, si è ridotta enormemente. C’è ancora molta povertà, ma la situazione negli ultimi dieci anni, per fortuna, è cambiata radicalmente. Sorgono dunque altri problemi. Per esempio quello dell’obesità o su come i poveri spendono quei pochi soldi che hanno in più. L’ecomomista del Mit Abhijit V. Banerjee nel suo libro L’economia dei poveri rileva, tra le altre cose, come incredibilmente intere comunità povere, anche in India in situazioni particolarmente difficili, utilizzino una maggiore disponibilità di denaro non per cibo migliore, ma, per esempio, per comprare televisori. Noi osserviamo lo stesso fenomeno in Brasile dove nelle comunità povere è pieno di gente che continua a dormire per terra, ma non rinuncia all’i-phone di ultima generazione. Un altro problema riguarda la qualità del cibo. L’aumento di obesità esponenziale in Brasile è legato alla diffusione di bibite gassate e merendine schifose (ma di marca) che riempiono gli stomaci di grassi saturi e altre porcherie e costano più care di sanissimi legumi e cereali.
Riservato agli obesi. Su un traghetto popolare a Rio
La presidente Dilma Rousseff, la cui occupazione principale è rabastare consenso sociale per salvarsi (anziché lottare contro una corruzione diffusa, profonda e radicata), è da anni che sventola a destra e a sinistra l’ingresso di circa 40 milioni di persone nella fantastica classe media (circa 18%). Si tratta di ex-poveri che hanno acquisito un po’ di potere di acquisto, supportato da molto credito al consumo (che tra poco, se non l’ha già fatto, li inchioderà al muro come gli schiavi di una volta). Hanno il diritto anche loro di avere un auto e una casa di proprietà e scarpe decenti (tutto strapagato a rate bestiali), ci mancherebbe. Hanno acquisito anche loro il diritto a “sembrare” anziché essere. Anche se non sanno esattamente cosa sembrare. E mentre i ricchi brasiliani scimmiottano quelli americani ed europei, cancellando, persino a livello di percezione conscia le favelas, i nuovi “medi” scimmiottano i semiricchi con le indicazioni date loro dalle telenovelas (ne parlerò in una prossima occasione).
Prima e dopo il trattamento “Rousseff-classe media”
Ma quello che si dimenticano in molti di sottolineare è come poveri e classe media non abbiamo il diritto reale a una educazione decente e a una cultura basilare, ma seria e sincera, le quali servirebbero loro per accedere a quello che è il diritto, altrettanto reale, a una migliore qualità della vita. Quindi la meravigliosa classe media finisce con l’essere una massa di persone con il sacrosanto diritto ad avere di più, ma con i ventri gonfi di birra e cochecole varie, i culoni fatti di patatine e polistiroli fritti, vestiti di cose brutte e troppo costose in rapporto alla qualità, importate dalla Cina e che durano sì e no una stagione. Persone che hanno sì più soldi per comprare, ma che finiscono per farlo con cose inutili senza avere un’idea di come spendere giustamente il loro denaro, davvero per se stessi e che entrano anche loro, come tutti, negli aventi il sacrosanto diritto di riempire di traffico metropolitano, ormai al limite, consumando carburanti derivati dal petrolio e dalle biomasse. Tutta roba che devasta il territorio prima, quando viene prodotta e poi dopo, quando viene bruciata. Certo: i diritti, ci mancherebbe altro. Abbiamo tutti il diritto di devastarci. Ce l’hanno dunque adesso anche i brasiliani, così come i cinesi e come abbiamo fatto noi in Europa decenni fa un po’ dopo gli Stati Uniti. E’ normale, figuriamoci. Ma forse c’è da riflettere. “Se sapevo non crescevo” cantava Adriano Celentano all’inizio degli anni ’70.
Adesso le strade sono rimaste solo due. O va bene così e andiamo avanti così e lasciamo perdere, perché c’è sempre un imbecille che ti spiega che così hanno fatto tutti, compresi quelli come noi che stanno qui a scrivere e a leggere (con la panciona piena) e che quindi dobbiamo stare zitti. Oppure non va bene per niente e dunque occorrerebbe pensare a una crescita alternativa più intelligente o, come sostengono Maurizio Pallante e altri ricercatori, a una “decrescita felice”.
Diversamente, continuando a pensare che siamo solo bestie limitatamente intelligenti da nutrire, far lavorare e aggiustare come macchine quando si rompono (ma devono avere i loro diritti per carità), qui, come in Italia e ovunque, patrimoni naturali, artistici e umani non saranno altro, ancora una volta, che la mangiatoia di pochi corrotti, finché ce n’è, fino a quando non ci sarà più nulla da raschiare.
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico
La Redazione
Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".
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Mauro Villone
Scrittore e operatore socioculturale
Mondo - 15 Luglio 2015
Brasile, il trionfo della classe media
La società occidentale, si sa, è classista. Tanto per intenderci quella indiana è castale e quelle primitive sono tribali. Serve solo per fissare le idee e non perché si ritenga che queste classificazioni abbiano un senso e siano granitiche. In ogni caso in Occidente le cosiddette “classi” hanno un’importanza preponderante nell’organizzazione sociale. Bene. In Brasile il confronto sociale è ben più intenso che altrove e le differenze sociali sono più marcate. Come nel resto del Sudamerica le comunità povere, che qui si chiamavano “favelas” e adesso si vorrebbe chiamarle “comunidade” poiché favela risulterebbe offensivo (è il nome di una pianta infestante), vivono accanto a grattacieli pieni di appartamenti di lusso e zone residenziali piene di ville.
Nel quartiere dove abito a Rio, São Conrado, c’è chi dice si trovino le differenze sociali più feroci del Brasile. Non si arriva alle meraviglie dell’India, ma qui si trova il Fashion Mall, uno dei centri commerciali più eleganti e pretenziosi al mondo e, a 300 metri in linea d’aria, la storica Rocinha, la più grande “comunidade” povera del Sudamerica situata su una collina. Tanto per fare solo un esempio in cima alla Rocinha, non lo sanno nemmeno tutti gli abitanti della favela che vivono nella parte bassa, si trova un’area chiamata Africa per via della sua povertà estrema e qui si trovano ancora baracche di legno in mezzo a sterpi e rifiuti e anziani con l’elefantiasi alle gambe. Non potrebbero mai indossare le scarpe da 1.000 dollari che si trovano al Fashion Mall, qualche centinaio di metri sotto.
Se il razzismo è relativamente contenuto in Brasile occorre però sapere che la maggior parte dei poveri o è di origine afro-brasiliana o del nordest del paese o del Minas Gerais. In qualche modo quindi, pur non essendoci una forte discriminazione basata sul colore della pelle o sulla provenienza culturale, di fatto, qui si suole dire, “se un bianco corre per la strada sta facendo jogging, se corre un negro è un ladro” e i nordestini sono guardati con sufficienza dai carioca.
D’altra parte però la miseria nera, quella da fame per intenderci, endemica e diffusa, si è ridotta enormemente. C’è ancora molta povertà, ma la situazione negli ultimi dieci anni, per fortuna, è cambiata radicalmente. Sorgono dunque altri problemi. Per esempio quello dell’obesità o su come i poveri spendono quei pochi soldi che hanno in più. L’ecomomista del Mit Abhijit V. Banerjee nel suo libro L’economia dei poveri rileva, tra le altre cose, come incredibilmente intere comunità povere, anche in India in situazioni particolarmente difficili, utilizzino una maggiore disponibilità di denaro non per cibo migliore, ma, per esempio, per comprare televisori. Noi osserviamo lo stesso fenomeno in Brasile dove nelle comunità povere è pieno di gente che continua a dormire per terra, ma non rinuncia all’i-phone di ultima generazione. Un altro problema riguarda la qualità del cibo. L’aumento di obesità esponenziale in Brasile è legato alla diffusione di bibite gassate e merendine schifose (ma di marca) che riempiono gli stomaci di grassi saturi e altre porcherie e costano più care di sanissimi legumi e cereali.
La presidente Dilma Rousseff, la cui occupazione principale è rabastare consenso sociale per salvarsi (anziché lottare contro una corruzione diffusa, profonda e radicata), è da anni che sventola a destra e a sinistra l’ingresso di circa 40 milioni di persone nella fantastica classe media (circa 18%). Si tratta di ex-poveri che hanno acquisito un po’ di potere di acquisto, supportato da molto credito al consumo (che tra poco, se non l’ha già fatto, li inchioderà al muro come gli schiavi di una volta). Hanno il diritto anche loro di avere un auto e una casa di proprietà e scarpe decenti (tutto strapagato a rate bestiali), ci mancherebbe. Hanno acquisito anche loro il diritto a “sembrare” anziché essere. Anche se non sanno esattamente cosa sembrare. E mentre i ricchi brasiliani scimmiottano quelli americani ed europei, cancellando, persino a livello di percezione conscia le favelas, i nuovi “medi” scimmiottano i semiricchi con le indicazioni date loro dalle telenovelas (ne parlerò in una prossima occasione).
Ma quello che si dimenticano in molti di sottolineare è come poveri e classe media non abbiamo il diritto reale a una educazione decente e a una cultura basilare, ma seria e sincera, le quali servirebbero loro per accedere a quello che è il diritto, altrettanto reale, a una migliore qualità della vita. Quindi la meravigliosa classe media finisce con l’essere una massa di persone con il sacrosanto diritto ad avere di più, ma con i ventri gonfi di birra e cochecole varie, i culoni fatti di patatine e polistiroli fritti, vestiti di cose brutte e troppo costose in rapporto alla qualità, importate dalla Cina e che durano sì e no una stagione. Persone che hanno sì più soldi per comprare, ma che finiscono per farlo con cose inutili senza avere un’idea di come spendere giustamente il loro denaro, davvero per se stessi e che entrano anche loro, come tutti, negli aventi il sacrosanto diritto di riempire di traffico metropolitano, ormai al limite, consumando carburanti derivati dal petrolio e dalle biomasse. Tutta roba che devasta il territorio prima, quando viene prodotta e poi dopo, quando viene bruciata. Certo: i diritti, ci mancherebbe altro. Abbiamo tutti il diritto di devastarci. Ce l’hanno dunque adesso anche i brasiliani, così come i cinesi e come abbiamo fatto noi in Europa decenni fa un po’ dopo gli Stati Uniti. E’ normale, figuriamoci. Ma forse c’è da riflettere. “Se sapevo non crescevo” cantava Adriano Celentano all’inizio degli anni ’70.
Adesso le strade sono rimaste solo due. O va bene così e andiamo avanti così e lasciamo perdere, perché c’è sempre un imbecille che ti spiega che così hanno fatto tutti, compresi quelli come noi che stanno qui a scrivere e a leggere (con la panciona piena) e che quindi dobbiamo stare zitti. Oppure non va bene per niente e dunque occorrerebbe pensare a una crescita alternativa più intelligente o, come sostengono Maurizio Pallante e altri ricercatori, a una “decrescita felice”.
Diversamente, continuando a pensare che siamo solo bestie limitatamente intelligenti da nutrire, far lavorare e aggiustare come macchine quando si rompono (ma devono avere i loro diritti per carità), qui, come in Italia e ovunque, patrimoni naturali, artistici e umani non saranno altro, ancora una volta, che la mangiatoia di pochi corrotti, finché ce n’è, fino a quando non ci sarà più nulla da raschiare.
Foto @maurovillone
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".