Politica

Giornalista minacciato da boss, Pd e Sel ad Alfano: “Conceda la protezione”

Due interrogazioni parlamentari al ministro dell'Interno sul caso di Nello Trocchia, il collaboratore del fattoquotidiano.it finito nel mirino di un camorrista a causa di un articolo. "Intervenga al fine di verificare le motivazioni per cui non sono state ancora adottate misure per la tutela"

Più di un mese fa è stato minacciato da un boss della camorra, dopo un articolo pubblicato dal fattoquotidiano.it“A quel giornalista gli devo spaccare il cranio e dopo mi faccio arrestare”, sono le parole registrate dalle cimici dei carabinieri.  Da allora sono passati 35 giorni ma nulla è successo: e di quel fascicolo sulle minacce a Nello Trocchia, collaboratore del fattoquotidiano.it, non c’è traccia. Ed è per questo motivo che sono arrivate due interrogazioni parlamentari, depositate dai parlamentari del Pd e di Sel, per chiedere al ministro dell’Interno Angelino Alfano di occuparsi della questione.

“Si chiede al ministro se non ritenga doveroso ed urgente intervenire al fine di verificare le motivazioni per cui non sono state ancora adottate misure per la tutela di Trocchia, garantendo che le più adeguate misure di tutela disponibili vengano adottate immediatamente”, scrivono i parlamentari di Sel Arturo Scotto e Celeste Costantino.

“Si fa fatica a comprendere perché non siano ancora state ancora disposte le dovute misure di sicurezza in quanto non si può lasciare solo chi mette a rischio la vita per combattere l’illegalità, attraverso l’esercizio della propria professione”, dice invece il deputato del Pd Ernesto Magorno, che si è attivato in Commissione antimafia chiedendo al Rosy Bindi “di intervenire con urgenza presso gli organi competenti affinché venga accertato l’accaduto e si chiariscano i motivi di questo ritardo”.

La telefonata con le minacce a Trocchia viene registrata il 10 giugno dai militari che inviano subito un’informativa riservata alla Procura antimafia di Napoli. La procedura per garantire un’azione di tutela di solito è tempestiva: la procura invia la nota degli investigatori alla procura generale, che a sua volta invia la documentazione in Prefettura. A questo punto il prefetto dovrebbe convocare il Comitato per l’ordine e la sicurezza, l’organo, cioè, che decide eventuali misure da adottare per la tutela della persona “esposta a rischio”. A più di un mese di distanza, però, del fascicolo sul caso Trocchia non si ha notizia alcuna.