L'ufficio studi di Piazzetta Cuccia ha passato al lentino un campione di 440 aziende che rappresentano il 50% del valore aggiunto e dei dipendenti totali. Regioni, Province e Comuni a cui fanno capo ci hanno piazzato più di 5mila persone con stipendi medi di oltre 24.700 euro. Tra 2006 e 2013 il risultato netto cumulato è stato positivo per 4,7 miliardi, ma il trasporto pubblico locale ha registrato un rosso di 1,6 miliardi
Regioni, Province e Comuni hanno in pancia un “tesoretto” da 15,8 miliardi, che se monetizzato consentirebbe di appianare oltre un quinto del loro debito. A calcolarlo è l’area studi di Mediobanca, che mette in fila i dati 2013 sulle performance delle partecipate degli enti locali. Una giungla di società nei cui ranghi siedono oltre 5mila persone, con stipendi medi di oltre 24.700 euro ma che arrivano a superare i 40mila se si restringe il campo ai consigli di amministrazione. Il rapporto annuale di Piazzetta Cuccia arriva proprio mentre alla Camera è in discussione il disegno di legge delega di riforma della pubblica amministrazione, che prevede una razionalizzazione di queste società sulla falsariga di quanto previsto dal piano di spending review di Carlo Cottarelli.
Il campione preso in considerazione comprende acquedotti, aeroporti, autostrade, fornitori di energia elettrica e gas, società di igiene urbana e di trasporto pubblico di 51 Comuni con oltre 100mila abitanti, 44 Province sopra i 500mila e 20 Regioni e rappresenta il 50% del totale in termini di valore aggiunto e dipendenti (131mila). Il portafoglio complessivo vale, appunto, 15,8 miliardi, di cui 4,2 di valore in Borsa per le quotate. Di conseguenza, calcola Mediobanca, un’eventuale vendita di tutte le partecipazioni farebbe entrare nelle casse degli enti soldi sufficienti per ridurre del 17% il loro debito, pari a 93,2 miliardi a fine 2013.
Più di 5mila poltrone con stipendi medi di 24.700 euro – L’altro tasto dolente, come sempre, è quello delle poltrone: dall’indagine risulta che gli enti locali a cui fanno capo le 440 società considerate hanno espresso 5.008 nomine, pari a 35 incarichi per ogni Comune, 27 per ogni provincia e 101 per ogni Regione. Lo stipendio medio di chi ricopre posizioni apicali nei cda supera i 40mila euro l’anno, con picchi di 52.202 euro negli enti gestiti dalle regioni, mentre per le posizioni non apicali ci si ferma a 12mila euro. Il compenso medio totale, compresi sindaci, liquidatori e manager che non siedono in cda, è pari a 24.724 euro per un totale di 123,8 milioni. Magra consolazione il fatto che tra il 2010 e il 2014 gli enti abbiano ridotto le proprie nomine del 28% con un calo dei compensi medi del 5,4%.
Le società di Tpl più “virtuose” sono l’Azienda Veneziana della Mobilità e l’Atm di Milano, che coprono rispettivamente con i ricavi di mercato il 70,1% e il 59% dei costi operativi. Al contrario la Ctp di Napoli riesce a far fronte con quello che incassa dai cittadini a nemmeno un decimo delle uscite. Il resto ce lo deve mettere il Comune. In parallelo, i trasferimenti per addetto oscillano dai 104.600 euro della milanese Trenord ai 29.100 euro della Azienda Veneziana della Mobilità. Lo scarto fra le quattro società con le minori contribuzioni pubbliche e le quattro con quelle maggiori è nell’ordine del 100%.
Per A2a 1,5 miliardi di utili in sette anni. Atac ne ha persi 1,2 – La classifica dei risultati netti cumulati dal 2006 al 203 è guidata dalla multiutility lombarda A2A, con 1,5 miliardi. Seguono l’omologa emiliana Hera, a 858 milioni, la romana Acea a 843 milioni e quella del Nordovest Iren a 572 milioni. Rosso record, all’altro capo della classifica, per l’Atac, la società del trasporto pubblico della Capitale, che dal 2006 al 2013 ha perso 1,22 miliardi.