Ormai il digitale ha superato nelle vendite il supporto fisico. Dove sta andando la musica?
La musica dal vivo supererà entrambe. Il mercato è lì. Prima si faceva tanta gavetta per poi arrivare a incidere un disco, oggi è esattamente l’opposto. Il disco è diventato un bigliettino da visita per poter suonare. Negli anni ’80 c’era un vero circuito per i live. I Club non erano stati ancora devastati dai pub e dalle cover band. Nei Club in cui si suona ci sono ancora numeri interessanti, grazie ai quali si può guadagnare. E anche l’Enpals e la Siae dovrebbero avere un atteggiamento più equo verso la musica e i giovani musicisti.
Siamo usciti dalla crisi?
Il problema restano le grandi compagnie di distribuzione, che pagano troppo poco la musica. I distributori hanno approfittato del fatto che i gruppi discografici non hanno capito in tempo l’importanza della rete. Se io fossi nei panni delle tre major cercherei di bloccarli con un’azione forte, per far guadagnare di più agli artisti. Solo così si può aiutare e far crescere la musica. I soldi ci sono ma non vengono distribuiti bene. È impensabile che i distributori guadagnino così tanto, mentre agli artisti e ai produttori arrivino le briciole. Apple, Google e le grandi compagnie telefoniche stanno distruggendo l’economia musicale.
Quindi non sei per la musica gratis?
Può essere regalata per farsi conoscere, ma poi bisogna pagarla. Dietro la musica c’è tanto lavoro e tante figure professionali che vanno rispettate.
La soluzione?
È pagare un abbonamento annuo grazie al quale poter scaricare tutta la musica esistente. Questa cosa se fatta in maniera rispettosa farà bene a tutti, ma prima bisogna rivedere i contratti coi distributori di musica in rete. Oggi più che mai ci vogliono delle alleanze per cambiare. Bisogna mettersi in rete, unire le forze per creare un sistema. Poi come e con chi non sta a me stabilirlo, ma solo così potremmo uscire dalla crisi.