Via libera alle trivelle in Emilia Romagna. È stato revocato con il 13 luglio lo stop alle autorizzazioni per la ricerca di idrocarburi, scattato ad aprile del 2014 dopo che la commissione Ichese (convocata in seguito ai fenomeni sismici del maggio 2012) non aveva potuto escludere un nesso tra le attività estrattive e i terremoti. “In seguito alle indagini tecnico scientifiche effettuate sia dalla commissione sia sul sito di Cavone, che hanno escluso ogni correlazione tra l’attività di estrazione e le scosse – spiegano gli assessori Paola Gazzolo (Difesa del suolo) e Palma Costi (Attività produttive) – è venuto a cadere il principio di precauzione che aveva motivato la sospensione e, coerentemente, è stata revocata. Tuttavia, la Regione Emilia Romagna e il ministero dello Sviluppo economico hanno siglato un accordo operativo, il primo del suo genere in Italia, per l’adozione di nuove linee guida obbligatorie, che implementano la tutela dell’ambiente e la sicurezza del territorio”.
Lo stop alle trivellazioni deciso in seguito ai terremoti del 2012
Lo stop alle autorizzazioni a estrarre idrocarburi era stato scattato in Emilia Romagna, che vanta il titolo di regione più trivellata d’Italia, con i suoi 1.706 pozzi su terra, in seguito ai terremoti del 2012. Quando, cioè, l’ex governatore Vasco Errani aveva convocato una commissione di esperti internazionale, nota come Ichese, per studiare le possibili relazioni tra le attività estrattive e l’aumento dell’attività sismica nelle aree colpite dal sisma. Il rapporto stilato da Ichese, e reso noto ad aprile del 2014 dalla rivista Science, tuttavia, non aveva escluso tale nesso, e aveva sollecitato ulteriori approfondimenti per quanto riguarda il sito di Cavone, considerato potenziale innesco delle scosse del 20, e conseguentemente, del 29 maggio. Errani, quindi, aveva deciso di congelare tutte le nuove autorizzazioni a trivellare, 15 sono quelle oggi sul tavolo del Mise, senza però stoppare i lavori nei siti già operativi, 36 in tutto, pari a 5,39 chilometri quadrati di suolo utilizzato e allo 0,024% del territorio emiliano romagnolo.
Accordo con il Mise: parametri più rigidi e più sicurezza
I test condotti a Cavone, tuttavia, avevano escluso quella possibilità, e per questa ragione anche la sospensione, varata con la delibera 547 del 23 aprile 2014, è stata revocata. “Grazie all’accordo siglato con il ministero, tuttavia – spiega Gazzolo – le società che vorranno cercare idrocarburi in Emilia Romagna dovranno sottostare obbligatoriamente a nuovi parametri che verranno sperimentati in tutta Italia per due anni”. Tra i requisiti per trivellare nuovi strumenti di monitoraggio ad alta tecnologia, in grado di misurare sismicità e subsidenza, e l’adozione di un sistema a semaforo, che consente di definire le soglie di rischio e di far scattare, se necessario, la limitazione, la sospensione o l’interruzione delle attività. Ribadito, inoltre, il no al fracking, cioè l’estrazione di idrocarburi con tecniche ad alta pressione, e al maxi deposito di gas a Rivara, “così come all’utilizzo dell’acquifero profondo di Rivara per qualsiasi altra finalità di stoccaggio”. Con questo accordo l’Emilia Romagna ha voluto mettersi al riparo dagli effetti del decreto Sblocca Italia: “Invece di accentrare a Roma il potere decisionale circa le autorizzazioni di ricerca idrocarburi – spiega infatti Costi – l’intesa porta all’istituzione di un gruppo di lavoro composto di 6 unità, 3 tecnici dell’Emilia Romagna e 3 del ministero, i quali potranno decidere se concedere il via libera alle istanze”.
Novità sulle royalties: più fondi alle amministrazioni locali
Novità dell’intesa siglata con il Mise, poi, è la spartizione delle royalties, che solo nel 2014 ammontano a 7,5 milioni di euro: se prima, infatti, era previsto che il 15% fosse versato ai comuni interessati dai siti estrattivi, il 30% andasse allo Stato e il 55% alle Regioni, infatti, ora i parametri verranno ridefiniti e maggiori fondi andranno alle amministrazioni per “azioni volte alla tutela dell’ambiente e alla sicurezza territoriale”.