Il 16 luglio 1950 a Rio de Janeiro si giocava la finale del mondiale: ai verdeoro bastava il pareggio, Schiaffino e Ghiggia fecero vincere l'Uruguay e diventarono eroi nazionali. Ieri, 65 anni dopo, il cuore dell'attaccante poi transitato in Italia a Roma e Milano si è spento. Ma la sua fama vivrà per sempre. Camera ardente nel Parlamento di Montevideo
“Ghiggia a Julio Pérez, Julio Pérez a Ghiggia, Ghiggia saca ventaja al marcador Bigode… entra al área buscando el tiro. Tiro: Goool! Goool uruguayo, gooooool uruguayo! Ghiggia! Entró a la carrera el puntero derecho uruguayo, impulsó la pelota con gran violencia, entró entre Barbosa y el poste de la valla. Está ganando Uruguay frente a Brasil, aquí, en Río de Janeiro!”. Era il 16 luglio 1950, un giorno che il Brasile ha cristallizzato in una parola: Maracanazo, la più grande disfatta calcistica di tutti i tempi per il popolo del futbol bailado. Nel giorno del 65esimo anniversario, si è fermato il cuore dell’uomo che fermò quello di un’intera nazione. Alcides Ghiggia, l’eroe di Brasile-Uruguay 1-2, è morto a 88 anni, ultimo ad andarsene tra i 22 protagonisti in campo. Quel dì, davanti a quasi 200mila spettatori arrivati al Maracanà non per vedere una partita di calcio ma per assistere all’incoronazione dei nuovi eroi nazionali, Ghiggia spazzò via il destino già scritto dalle probabilità, sui muri e sui giornali di Rio.
Al Brasile sarebbe bastato un pareggio per vincere la Coppa Rimet in casa, lui servì l’assist del pareggio a Schiaffino e firmò il gol del sorpasso impallinando Moacir Barbosa. Si racconta che l’organizzazione non avesse previsto la possibilità che a vincere fosse l’Uruguay. Il Brasile festeggiava dal mattino. La stampa aveva titoli celebrativi già nelle edizioni del 16 luglio. Sulla prima pagina dell’O Mundo campeggiava una foto della squadra con un titolo a caratteri cubitali “Questi sono i campioni del mondo”. Non era una partita, ma una passerella. Ecco perché quello di Ghiggia non fu una semplice marcatura, ma un attentato alla nazione che sprofondò in un silenzio sepolcrale. E bastò quella rete per cambiare la storia del portiere avversario, che vivrà un esilio psicologico per il resto della sua vita nonostante sia stato probabilmente tra i migliori interpreti del ruolo in una nazione dove abbondano i piedi buoni, meno le mani.
In Uruguay Ghiggia è rimasto un eroe nazionale. La veglia funebre si terrà nel Salon de los Pasos Perdidos del Palacio Legislativo, il parlamento di Montevideo. Per la sua morte si fermerà tutto lo sport della piccola nazione sudamericana che, grazie a lui, uccise i sogni dell’enorme Brasile. Attaccante convertito in ala destra, Ghiggia in nazionale giocò pure poco. Dodici partite e quattro gol, tutte durante l’edizione di quella Coppa Rimet. Passò anche per l’Italia dove vestì le maglie di Roma e Milan. La sua fama lo portò a scendere in campo fino a 42 anni, prima di iniziare a vivere con i lavori più disparati. Alla gloria per il gol al Brasile non è seguita altrettanta ricchezza e gli ultimi anni della sua vita li ha trascorsi in un’anonima casa alla periferia di Montevideo. “Ogni giorno cammino per 10 chilometri, mangio tutto tranne la carne rossa, quella solo tre volte al mese”, ha raccontato recentemente a chi gli chiedeva della forma splendida alla soglia dei 90 anni. Zero alcolici, solo qualche bicchiere di vino. Si è concesso il vizio delle sigarette fino agli 82 anni, trovando poi la forza di smettere. Sopravvisse miracolosamente a un incidente stradale dopo oltre un mese di coma, si è sposato tre volte e solo nel 2009 il Brasile gli ha concesso di stampare la sua impronta nella walk of fame del Maracanà. Uno stadio che, ha sempre ricordato, “solo il Papa, Frank Sinatra e io siamo stati in grado di zittire con un gesto”.
Negli ultimi tempi rinfacciava ai media di ricordarsi di lui solo il 16 luglio di ogni santissimo anno. Allora li ha beffati tutti, come fece con Barbosa e il Brasile intero al minuto 79 di quella partita. Se n’è andato nel giorno in cui, ancora una volta, qualcuno avrebbe bussato alla sua porta per chiedere l’ennesima intervista sul Maracanazo, su quell’azione che Duilio De Feo raccontò tanto semplicemente quanto in maniera magistrale: “Ghiggia a Julio Pérez, Julio Pérez a Ghiggia, Ghiggia saca ventaja al marcador Bigode… entra al área buscando el tiro. Tiro: Goool! Goool uruguayo, gooooool uruguayo! Ghiggia! Entró a la carrera el puntero derecho uruguayo, impulsó la pelota con gran violencia, entró entre Barbosa y el poste de la valla. Está ganando Uruguay frente a Brasil, aquí, en Río de Janeiro!”. Sta vincendo l’Uruguay contro il Brasile, qui, a Rio de Janeiro. Per sempre.