Palazzi & Potere

Grecia nell’euro, ma Europa da rifare. La ricetta dei parlamentari italiani

Bersani, Martino, Zanetti, Cuperlo e Meloni. E poi: Fedriga, Ruocco, De Girolamo, Scotto e Romani. Sono gli esponenti politici interpellati da ilfattoquotidiano.it sullo stato dell'Unione dopo l'estenuante trattativa per risolvere il disastro di Atene. Che cosa non ha funzionato nei meccanismi istituzionali? Cosa c'è da cambiare? Come si può rilanciare un progetto che mostra crepe crescenti? Ecco le loro risposte

Accordo raggiunto per il salvataggio. Ma alla fine, la crisi Greca si sta rivelando un autentico spartiacque. L’Europa sembra a un bivio. Così com’è stata disegnata, la sua architettura istituzionale pare non reggere più ai compiti che l’attendono. Deficit di democrazia, strapotere tedesco, mancanza di quello spirito solidale che pure aveva animato i padri fondatori. Che fare? Che cosa, nella gestione della vicenda greca, non ha funzionato a livello comunitario? E’ davvero tempo di considerare una riforma dei meccanismi che regolano il funzionamento delle istituzioni Ue? Ilfattoquotidiano.it lo ha chiesto ai rappresentanti delle diverse forze politiche presenti in Parlamento. Queste sono le loro ricette per uscire dalla crisi e rilanciare l’Europa.

“GESTIONE COMUNE DEL DEBITO”
Pier Luigi Bersani, deputato ed ex segretario del Pd: «Queste trattative sono state condotte mettendosi reciprocamente la pistola alla tempia. C’era l’occasione di aprire la strada ad un percorso di riconsiderazione dei meccanismi europei, invece ciò non è avvenuto e quindi siamo in presenza di una vittoria di Pirro, sia per la Grecia sia per l’Europa. Né l’una né l’altra hanno risolto i loro problemi, ci accorgeremo presto di ciò. Cosa bisognerebbe fare per uscire da una gestione a due dei negoziati da parte di Francia e Germania? Quello sulla crisi greca, in realtà, si è rivelato essere un compromesso fra la Merkel e Schäuble. L’Italia dovrebbe cercare di imporre una discussione su due punti. Il primo: la gestione comune di una parte del debito pubblico, che consenta un abbassamento del carico di ogni singolo Stato; il secondo: lo squilibrio delle bilance commerciali dell’eurozona. Alla richiesta di rigore e austerità per alcuni non può corrispondere il rafforzamento di chi oggi si trova in surplus, altrimenti i Paesi con economie forti avranno sempre la meglio di quelli più deboli».

“TORNARE A UNA VISIONE COMUNITARIA”
Gianni Cuperlo, deputato del Pd: «Non ha funzionato l’Europa, e quel vuoto clamoroso è stato riempito dai rapporti di forza dettati da Merkel e Schäuble. Tutta la retorica sull’integrazione politica si è arenata davanti alla prima vera crisi dell’Eurozona e dell’architettura di Maastricht. In questo il governo Tsipras ha reso evidente che chiunque tocca i dogmi dell’austerità viene vissuto come un corpo estraneo e da piegare. Quello consumato a Bruxelles è stato un braccio di ferro tutto politico: alla fine hanno trovato una quadra e Tsipras non esce in ginocchio, ma adesso il re è nudo. La sfida vera è abbandonare un’Europa intergovernativa dominata dall’asse tra Berlino e Parigi per tornare allo spirito dei padri fondatori e a un’Europa comunitaria. È facile dirlo e complicato farlo. Sarebbe decisivo aggredire il nodo dei debiti sovrani consentendo ai paesi periferici di non pagare più interessi sui titoli in capo alla Bce. Detto ciò a questa Europa delle cancellerie manca una visione geopolitica, il che porta ciascuno a inseguire il proprio interesse».

“TROPPO RIGORE”
Nunzia De Girolamo, deputata del Nuovo Centrodestra: «La Grecia è incappata in un doppio errore, avere un debito pubblico insostenibile per la sua economia e affidarsi a un pifferaio magico che ha alimentato le illusioni del popolo convincendolo che il suo voto avrebbe fatto cambiare idea a Francia e Germania. Ma anche l’Europa ha compiuto un errore: ha deciso di salvare Atene non quando la crisi era all’inizio ed era sopportabile, ma al fotofinish con costi più pesanti per tutti, perseverando nell’errore e facendo passare tempo prezioso prima di arrivare a una soluzione. L’Europa, purtroppo, è ridotta al rigore che viaggia sull’asse franco-tedesco e che soddisfa tutti i capricci della Merkel. La conseguenza è che un popolo come quello greco ha sofferto terribilmente gli effetti di tale crisi e, anche dopo l’accordo, continuerà a farlo, mentre i ricchi evasori greci porteranno ancora soldi a Londra e in altre capitali del mondo. Tsipras, anziché andarsene come promesso, sarà costretto ad accettare tutto quello che l’Europa gli ordina di fare. Se non fosse una tragedia, sarebbe una commedia. Non è un caso che entrambe hanno la loro origine proprio in Grecia».

“GOVERNANCE DA RIFORMARE”
Massimiliano Fedriga, capogruppo alla Camera della Lega Nord: «In Europa non esiste un problema di democrazia ma un enorme problema di democrazia. Occorre distruggere e ricostruire tutto dalle fondamenta. La questione greca è stata affrontata in funzione degli interessi della finanza e non dei popoli europei. Poteva essere l’occasione per scardinare definitivamente il sistema, invece, il governo greco si è calato le braghe, riceverà dei soldi che non risolveranno i problemi e tra sei mesi saremo punto e a capo. Di fronte a questa situazione la prima riforma da fare è quella della governance europea: chi governa e decide sulla cosa pubblica deve essere eletto dai cittadini. Occorre rompere questo sistema centralistico devolvendo più poteri agli Stati nazionali».

“STOP AL NEOCOLONIALISMO TEDESCO”
Antonio Martino, deputato di Forza Italia ed ex ministro degli Esteri: «Nel 2012, insieme ad altri economisti europei, scrissi una lettera al Financial Times sostenendo che la Grecia avrebbe avuto bisogno di una moneta parallela. Quell’appello, purtroppo, rimase inascoltato. Al contrario, si è voluta portare avanti questa farsa, che poggia sull’idea che l’Europa aiuti il Paese guidato da Tsipras quando invece il denaro finisce nelle casse degli istituti di credito. Da liberale non nutro particolari simpatie per gli ideali del leader di Syriza, ma fra lui e la rigidità dei tedeschi sto col premier greco. Aggiungo però che se un Paese non riesce ad onorare i propri debiti deve dichiarare fallimento. Continuare a buttare a mare tonnellate di miliardi è sbagliato e crea un pericoloso precedente. Da questa grottesca vicenda emerge che l’Europa non esiste: la Germania ha dato vita ad un processo di colonizzazione, screditando l’ideale europeo con decisioni irresponsabili: un Paese non può prendere a calci in faccia un altro nel quale non ha alcuna giurisdizione. Sono euroscettico? No, sono ferocemente contrario all’Ue così com’è oggi. E anche Federica Mogherini, visto l’andamento delle cose, occupa un posto totalmente inutile».

“DECIDANO I POPOLI NON I TECNICI”
Giorgia Meloni, deputata e presidente di Fratelli d’Italia-An: «Quando ci si dice che dobbiamo cedere pezzi di sovranità nazionale all’Europa si dovrebbe anche aggiungere che ci si chiede di cederli ad un organismo che non ha alcuna rappresentanza di carattere elettivo. In questa Europa, tutti gli organismi che decidono non sono stati scelti da nessuno. Che l’intera vicenda greca non sia stata gestita dal Consiglio europeo straordinario ma dall’Eurogruppo non ci sembra normale. Il problema è che l’Europa non esiste come soggetto politico. Quando la Grecia è entrata in Europa nel 1981 non è entrata perché aveva un’economia forte ma perché la si voleva aiutare nel processo di democratizzazione dopo l’esperienza del regime dei colonnelli. Era un’Europa diversa da quella di oggi dove tutto viene deciso dai creditori. La Grecia vale il 2% del Pil dell’Ue: una sua uscita rappresenta un rischio limitato. Ma cosa accadrebbe se, uscendo dall’Ue, uscisse anche dalla Nato e facesse accordi con la Russia o con la Cina? Sono questioni che devono decidere i tecnici dell’Eurogruppo? Ritengo di no. Per questo la prima riforma da fare urgentemente a livello europeo deve puntare a rendere tutto elettivo. Occorre che siano i popoli e non i tecnici a decidere».

“NESSUN DEFICIT DEMOCRATICO”
Paolo Romani, capogruppo al Senato di Forza Italia: «Non credo che esista un problema di democrazia nel funzionamento delle Istituzioni europee che si reggono sul Parlamento Ue, il Consiglio dei ministri europeo e la Commissione europea. Ciò che, invece, trovo drammatico è il testo imposto alla Grecia, intriso di inaudita violenza sia formale che sostanziale. Una resa senza condizioni. Più dure di quelle pre-referendum che si è rivelato un autogol clamoroso. Assodato che non c’è alcun deficit democratico nelle Istituzioni europee il vero problema resta la filosofia che ne ispira le scelte. Una filosofia che non può più essere solo quella del rigore tedesco».

“ROMPERE IL PATTO DI STABILITA’”
Carla Ruocco, deputata del Movimento 5 Stelle: «Alla fine il referendum è stato accantonato per cause di prepotenza maggiore. Attraverso la Merkel, la Troika, con un atteggiamento opprimente, ha portato avanti le proprie posizioni ignorando il volere dei greci, che alle urne avevano dimostrato di non essere attaccati all’euro a tutti i costi e soprattutto di essere contrari alle politiche di austerità perpetrate in questi anni dall’Europa. Oggi siamo tornati al punto di partenza. Tsipras si è trovato a trattare con un manipolo di usurai e ora dovrà vedersela con il suo popolo. Ovviamente gli altri governi, compreso quello italiano, si sono accodati ai diktat della Germania: se Renzi avesse puntato i piedi, probabilmente oggi la situazione sarebbe diversa. Soluzioni? Più che di politiche ne servono di economiche. Bisogna rompere il patto di stabilità dando vita ad un percorso di autonomia monetaria che renda più competitive le imprese dei vari Paesi. L’Italia dovrebbe avere un piano energetico di investimenti che miri a farla diventare autonoma in un breve arco temporale. Ciò permetterebbe maggiori garanzie: a quel punto non dovremmo più essere preoccupati dall’uscire dall’euro».

“RIVEDERE I TRATTATI”
Arturo Scotto, capogruppo alla Camera di Sinistra ecologia e libertà: «L’Europa si è ormai separata dalla parola democrazia. Negli ultimi anni sono state imposte scelte a base di austerità attraverso trattati come il Fiscal Compact o l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione come avvenuto in Italia. È stata, in altre parole, messa fuori legge qualunque impostazione alternativa al mercantilismo e al liberismo. Con il risultato che oggi, se non si rimette mano ai trattati, si rischia la disintegrazione dell’Unione europea. A livello istituzionale è sempre più urgente una riforma della governance europea che rimetta il Parlamento Ue al centro del palcoscenico politico superando l’attuale dimensione intergovernativa delle scelte che ha portato ai risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Sulla questione del debito greco esiste un precedente: quello del debito tedesco nell’immediato dopoguerra. Ed è una questione che va affrontata con un principio che non appartiene più a questa Europa: solidarietà. Per questo, un’altra riforma che, a livello comunitario, andrebbe fatta immediatamente è quella della federalizzazione del debito dell’Eurozona. Come fecero gli Stati Uniti a suo tempo. Invece si impongono alla Grecia sacrifici titanici per uccidere nella culla l’anomalia Alexis Tsipras».

“URGENTE L’UNIONE BANCARIA”
Enrico Zanetti, sottosegretario all’Economia e segretario di Scelta Civica: «Tsipras ha sbagliato a ritenere che l’esito del referendum potesse avere valore vincolante e risolvere l’impasse in cui era precipitata la trattativa. È lecito quindi cominciare a pensare che egli sperasse che alle urne vincesse il “sì”, per lasciare poi a un governo tecnico il compito di chiudere l’accordo, fare l’indignato all’opposizione e tornare al suo posto a distanza di un anno. Le colpe sono anzitutto sue ma anche di chi, come la Merkel e i leader degli altri Paesi “ultras del rigore”, confonde la politica con le sedi dove ha più un senso compiuto applicare la consecutio delitto-castigo. C’è quindi bisogno di fare passi avanti sul fronte dell’integrazione politica invece che compiere passi indietro sul fronte dell’integrazione monetaria: questo accordo sulla Grecia si rivelerà un autentico boomerang per l’Europa. Perciò, tra gli interventi fondamentali per migliorare la governance economica dell’Unione europea, ci sono quelli per la creazione di un’unione bancaria, la garanzia di un maggiore coordinamento ex ante dei progetti di riforma importanti degli Stati membri, l’introduzione di meccanismi per il finanziamento di sussidi alla disoccupazione e per il sostegno dell’occupazione, in particolare giovanile, e l’estensione della golden rule».

Twitter: @Antonio_Pitoni @GiorgioVelardi