Il presunto assassino del gioielliere romano Giancarlo Nocchia, fermato domenica su un treno a Latina, si è suicidato in una cella del carcere romano di Regina Coeli. Il 32enne Ludovico Caiazza è stato trovato impiccato con un lenzuolo, intorno alla mezzanotte, dagli agenti della polizia penitenziaria del reparto grande sorveglianza del penitenziario. Inutili i soccorsi. Dopo il suicidio, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) ha avviato un’indagine interna per ricostruire i fatti. così come la procura di Roma. Il direttore del Dap, Santi Consolo, ha spiegato che “per tutelarlo”, Caiazza era stato messo in una cella senza altri detenuti visto i suoi precedenti per violenza sessuale.

Appena arrivato nel penitenziario, il ragazzo era stato messo nella sezione di prima accoglienza del carcere, la settima. Secondo le prime ricostruzioni, il 32enne si è tolto la vita nei minuti che intercorrono tra una conta e l’altra. Il controllo del detenuto era effettuato ogni 15 minuti con obbligo di firma da parte dell’agente. L’ultima firma è quella delle 22.30. Alle 22.45, al controllo successivo, Caiazza è stato trovato con il lenzuolo attorno al collo legato alla grata della cella. Ieri, gli agenti in servizio nella settima sezione erano in due: uno di controllo al piano, l’altro era preposto al controllo al cancello di ingresso alla sezione. Sono stati loro a tagliare il cappio. Ma Caiazza era già morto. Il 32enne nel pomeriggio aveva avuto un colloquio con una psicologa del carcere. La specialista avrebbe riscontrato “un forte stato di agitazione” ma nulla che facesse presagire il gesto estremo. Caiazza, sempre ieri, aveva incontrato nel carcere per oltre un’ora il suo avvocato.

Secondo le prime verifiche dei pm, il presunto killer era scosso per l’omicidio: non pensava di aver ucciso il gioielliere. Nelle ore di detenzione era agitato e preoccupato. In base a quanto accertato, Caiazza, nella giornata di sabato si era recato al Sert dove sarebbe dovuto tornare anche oggi. All’attenzione del pm Sergio Colaiocco ci sono le relazioni svolte sull’accaduto dal direttore del carcere e dal comandante della polizia penitenziaria della casa circondariale. Il magistrato ha inoltre affidato una delega ai carabinieri del Ris per effettuare un sopralluogo nella cella e una serie di esami tecnici. Intanto l’autopsia è stata fissata per domani all’istituto di medicina legale della Sapienza. Dal passato di Caiazza emergono intanto alcuni particolari: tra il 2007 e il 2008 trascorse un anno nella comunità di recupero per tossicodipendenti di San Patrignano, in provincia di Rimini, come pena alternativa. Inoltre era finito in manette per un traffico di cocaina. Con lui venne arrestata anche la compagna, Elisabetta Forcina, poi morta per sospetta overdose nella sua abitazione durante gli arresti domiciliari.

“Dalle prime notizie trapelate, Ludovico Caiazza aveva precedenti per violenza sessuale e aveva una situazione personale di forte disagio. Per questo, per tutelarlo, non era stato messo a contatto con altri detenuti”. E’ quanto spiega all’Ansa il capo del Dap Consolo. “Da stanotte – ha aggiunto – sono in costante e diretto contatto per acquisire informazioni su quanto accaduto. Gestire in carcere persone che manifestano un forte disagio individuale, come in questo caso, reso ancor più forte dal fatto che il soggetto era accusato di fatti gravissimi, non è semplice. La polizia penitenziaria svolge un compito delicatissimo. E’ vero che la compresenza di altri detenuti può aiutare a prevenire una situazione come quella che si è verificata. Ma nel caso specifico ha prevalso, in prima istanza e in attesa di più precisi riscontri, la necessità di tutelare il detenuto, visto che le prime notizie indicavano precedenti per violenza sessuale. E per questo, a sua tutela, si è scelto di lasciare il detenuto da solo”.

Caiazza era stato fermato ieri dai carabinieri del Nucleo investigativo di Roma. Quando è stato bloccato aveva con sé il cellulare della vittima, una pistola addosso e un’altra nel borsone dove custodiva anche decine di gioielli, alcuni con la targhetta della gioielleria di via dei Gracchi (nel centralissimo quartiere di Prati) il cui proprietario mercoledì è stato trovato ucciso, e denaro contante. I sospetti degli investigatori si erano concentrati su Caiazza, pregiudicato, fin dai primi risultati dei rilievi tecnici effettuati dai carabinieri del Ris, che hanno isolato impronte digitali e tracce biologiche all’interno del laboratorio dell’orafo e su un portagioielli che durante la fuga il rapinatore ha perso in strada. Ma l’uomo era riuscito a far perdere le sue tracce lasciando la Capitale la sera dell’omicidio. Per quattro giorni neanche la compagna e i familiari avevano avuto sue notizie.

Domenica ha telefonato a un amico di Latina spiegandogli di voler tornare a Roma per prendere alcune cose e poi ripartire. Così i militari del Nucleo investigativo hanno controllato con personale in borghese tutti i treni diretti nella Capitale e lo hanno fermato su un convoglio partito da Caserta.

Intanto questa mattina si sono svolti i funerali di Giancarlo Nocchia. Un lungo applauso ha accompagnato il feretro all’uscita dalla Chiesa di San Gioacchino dove si sono svolte le esequie.

La salma del gioielliere sarà tumulata al cimitero di Prima Porta. “Una persona che si uccide per non pagare la pena che gli toccava dopo aver avuto il coraggio di commettere un omicidio mi lascia indifferente” ha detto un’amica d’infanzia di Nocchia che ha commentato il suicidio del presunto assassino. Mentre secondo un’altra conoscente di Nocchia, Caiazza “doveva fare la stessa fine di Giancarlo”.

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