Arriva in Italia il film che ha ridato ossigeno al leggendario Studio Ghibli, il più famoso laboratorio al mondo di anime, i film d’animazione giapponesi: Quando c’era Marnie, opera seconda di Hiromasa Yonebayashi, nelle nostre sale in agosto solo per tre giorni, dal 24 al 26, distibuito da Lucky Red. Il ritiro dall’attività cinematografica, a fine 2013, del maestro dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki, premio Oscar nel 2001 per La città Incantata e Oscar alla carriera nel 2014, avrebbe infatti segnato per molti anche la fine dello Studio Ghibli di Tokyo che Miyazaki aveva fondato con il collega Isao Takahata nel 1985, così il suo Si alza il vento e Il racconto della Principessa splendente di Takahata usciti quell’anno sarebbero stati gli ultimi film firmati Ghibli. Invece no. A segnarne il nuovo cammino, pur senza i maestri fondatori, ci ha pensato Hiromasa Yonebayashi, detto Maro, entrato nel 1996 appena ventitreenne al Ghibli dove ha collaborato con i più grandi e con lo stesso Miyazaki, forte del successo del suo primo lungometraggio Arrietty, nel 2010 campione di incassi in patria.
Tratto dall’omonimo romanzo dell’autrice britannica Joan G. Robinson, un classico della letteratura inglese per l’infanzia, Quando c’era Marnie potrebbe sembrare la solita storia strappalacrime di un’orfanella, invece la protagonista Anna non è solo una dodicenne che ha perso i genitori, vive con la mamma adottiva che chiama zietta e ama la solitudine tanto da dire “in questo mondo esiste un invisibile cerchio magico, c’è chi sta dentro e chi fuori, e io ne sono fuori” e definirsi “malinconica e sgradevole”, ma una ragazzina in grado di provare sentimenti così profondi di cui neanche la maggior parte degli adulti sarebbe capace. Soffre di asma e per questo d’estate viene spedita da alcuni parenti, gli Oiwa, che vivono in un villaggio sul mare. Qui in circostanze misteriose e oniriche, tipiche degli anime, si imbatte in una coetanea bionda di nome Marnie, anche lei afflitta da un grande dolore, prigioniera, sembra, dietro una finestra blu. E tra incontri alla palude, feste di un’epoca passata, confessioni nel bosco e giornate trascorse a ripararsi dal temporale in un granaio, i loro ricordi diventano tutt’uno e intorno ad Anna sboccia un amore universale. “Promettimi che resteremo un segreto per sempre – le dice Marnie – sappi solo che ti voglio bene”. “Per tutte le Anna e le Marnie che andranno al cinema a vedere questo film – dice Yonebayashi – spero di aver fatto qualcosa in cui possano riconoscersi, un’anima gemella che possa sedersi accanto a loro e stare dalla loro parte”.
Era stato il produttore esecutivo della Ghibli, Toshio Suzuki, a fargli leggere il libro invitandolo a portarlo sul grande schermo. “Non sarà facile – fu la sua prima reazione di fronte a un racconto scritto che punta soprattutto sui dialoghi tra le due bambine – è attraverso le loro conversazioni che emergono le sottili variazioni dei sentimenti, ma come si fa a renderlo con l’animazione? Eppure – racconta ancora Yonebayashi – un’immagine continuava ad affacciarsi nella mia mente: Anna e Marnie, una accanto all’altra, mano nella mano, nel giardino di una casa di pietra di fronte a una meravigliosa laguna, avrebbero potuto danzare un valzer alla luce della luna?” Ci ha messo 18 mesi tra sceneggiatura e storyboard, ma ce l’ha fatta.
Come supervisore all’animazione Maro ha voluto il meglio, quel Masashi Ando che aveva svolto lo stesso ruolo per La città incantata di Miyazaki e poi aveva lasciato lo Studio per divergenze creative con lui, tornandovi 13 anni dopo proprio per lavorare con Yonebayashi. Le musiche sono del giovane talento giapponese Takatsugu Muramatsu, ma la canzone del film è della cantautrice americana Priscilla Ahn: nel 2013 si esibì in un mini concerto al Museo Ghibli di Mitaka e poco dopo lo Studio le chiese la sua Fine On The Outside (Bene all’apparenza) per farne il tema di Quando c’era Marnie, lasciandone il testo in inglese, una novità assoluta per il Ghibli.
Studio peraltro inespugnabile, almeno fino a qualche tempo fa: ad avere il permesso di girarvi all’interno e riprendere i maestri Hayao Miyazaki e Isao Takahata e il produttore Toshio Suzuki mentre completavano i loro ultimi capolavori, è stata la regista giapponese Mami Sunada che ne ha fatto un documentario intitolato Il Regno dei Sogni e della Follia, arrivato in Italia lo scorso maggio per due giorni sempre con Lucky Red.