Alberto Nagel, il gran capo di Mediobanca, non deve essere processato; ma la sua conduzione dell’affare Fonsai è stata tutt’altro che specchiata. Così sostiene il pm di Milano Luigi Orsi che al termine di una lunga indagine chiede di archiviare le accuse di ostacolo all’attività di vigilanza: il reato alla fine non si consuma, perché i Ligresti “votano in assemblea di Premafin l’operazione Unipol”: allora il loro “potere di condizionamento si è azzerato” e “Nagel ha potuto tirare diritto senza dover più venire a patti con i Ligresti”. Alla fine, Jonella Ligresti corre “a denunciare l’esistenza” del patto segreto stretto tra suo padre Salvatore e l’amministratore delegato di Mediobanca, bloccando così definitivamente la possibilità di ottenere quanto le era stato promesso. Ma quel patto fu siglato.
È PASSATO alla storia come il “papello”. Un foglio scritto a mano da Jonella e controfirmato da Nagel il 17 maggio 2012, in cui alla famiglia Ligresti venivano promesse contropartite, in cambio dell’uscita silenziosa da Fonsai: 45 milioni netti più 2,8 milioni l’anno per cinque anni, buonuscite, consulenze, autisti, segretarie e l’uso estivo del Tanka Village in Sardegna. Per Giulia Ligresti è “un patto fra gentiluomini”. Per Nagel, invece, è “un pezzo di carta ridicolo” firmato per pietà, perchè Salvatore “piangeva e diceva che si voleva suicidare”.
Chi ha ragione? Il pm Orsi nella sua richiesta d’archiviazione racconta che nel 2012 la crisi si fa così pesante che le banche – capofila Mediobanca, che negli anni ha nutrito Ligresti con ben 1,3 miliardi di euro – decidono di chiudere i rapporti con la “famiglia perdente” a cui ordinano di passare il testimone all’Unipol. Il primo progetto (gennaio 2012) prevede che Unipol acquisti dai Ligresti il 51 per cento della holding. Ma impensabile non imporre l’Opa, a cascata, sulle controllate Fondiaria e Milano assicurazioni, una soluzione troppo onerosa per Unipol. Allora il controllo di Premafin viene acquisito da Unipol con un aumento di capitale riservato, al riparo da obblighi di Opa.
E senza alcun beneficio per i Ligresti (27 gennaio 2012). Le banche promettono comunque di concedere alla famiglia alcuni benefici, con “un patto stipulato senza formalità” (28 gennaio). I Ligresti temono però che il patto non venga rispettato, dunque pretendono la firma del “papello” (17 maggio), che non è altro che l’elenco degli impegni “non ufficiali” già garantiti dalle banche: è un patto da tenere segreto al mercato e alla Consob, conclude il pm.
Dunque “potenzialmente idoneo a ingannare il mercato e la vigilanza”. Ma “ha perso effettività non appena i Ligresti hanno votato l’operazione Unipol”. Nagel non mantiene i patti e Jonella corre a denunciare l’esistenza del “papello”. Niente reato, allora. Ma Nagel “di certo ha mostrato di voler rabbonire i suoi disperati (e per lui pericolosi) interlocutori. La firma su quel documento, compromettente sotto ogni aspetto, anche solo reputazionale per il caso che venisse a galla, pareva ed era in quel momento il male minore per addomesticare i Ligresti”.
FINISCE così una vicenda che ha visto più d’un intervento del procuratore Edmondo Bruti Liberati, che fin dall’inizio predica prudenza, consiglia di andarci piano con Mediobanca e di sentire Nagel come testimone e non come indagato. Quando il pm Orsi mette una microspia nell’ufficio dell’allora presidente dell’Isvap Giancarlo Giannini, Bruti manda una lettera di contestazione formale al suo aggiunto, Alfredo Robledo, capo di Orsi, accusandolo di non averlo avvertito.
Quando nel luglio 2012 Orsi scrive alla Consob chiedendo documenti su Unipol, il procuratore contesta la richiesta. Poi tiene fermo per otto giorni il fascicolo sull’indagine Giannini, perché l’allora ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri il 5 novembre 2013 va in Parlamento a tentare di spiegare le sue improvvide telefonate di sostegno alla famiglia Ligresti. Ora il gip Roberto Arnaldi ha chiuso la partita.
Dal Fatto Quotidiano del 21/07/2015
Lobby
UnipolSai, l’ad di Mediobanca esce dall’inchiesta, ma il suo comportamento fu criticabile
Alberto Nagel era indagato per aver firmato le promesse ai Ligresti nell'ambito della cessione del gruppo assicurativo. Il pm ha chiesto l'archiviazione della sua posizione ma ne stigmatizza l'operato poco trasparente
Alberto Nagel, il gran capo di Mediobanca, non deve essere processato; ma la sua conduzione dell’affare Fonsai è stata tutt’altro che specchiata. Così sostiene il pm di Milano Luigi Orsi che al termine di una lunga indagine chiede di archiviare le accuse di ostacolo all’attività di vigilanza: il reato alla fine non si consuma, perché i Ligresti “votano in assemblea di Premafin l’operazione Unipol”: allora il loro “potere di condizionamento si è azzerato” e “Nagel ha potuto tirare diritto senza dover più venire a patti con i Ligresti”. Alla fine, Jonella Ligresti corre “a denunciare l’esistenza” del patto segreto stretto tra suo padre Salvatore e l’amministratore delegato di Mediobanca, bloccando così definitivamente la possibilità di ottenere quanto le era stato promesso. Ma quel patto fu siglato.
È PASSATO alla storia come il “papello”. Un foglio scritto a mano da Jonella e controfirmato da Nagel il 17 maggio 2012, in cui alla famiglia Ligresti venivano promesse contropartite, in cambio dell’uscita silenziosa da Fonsai: 45 milioni netti più 2,8 milioni l’anno per cinque anni, buonuscite, consulenze, autisti, segretarie e l’uso estivo del Tanka Village in Sardegna. Per Giulia Ligresti è “un patto fra gentiluomini”. Per Nagel, invece, è “un pezzo di carta ridicolo” firmato per pietà, perchè Salvatore “piangeva e diceva che si voleva suicidare”.
Chi ha ragione? Il pm Orsi nella sua richiesta d’archiviazione racconta che nel 2012 la crisi si fa così pesante che le banche – capofila Mediobanca, che negli anni ha nutrito Ligresti con ben 1,3 miliardi di euro – decidono di chiudere i rapporti con la “famiglia perdente” a cui ordinano di passare il testimone all’Unipol. Il primo progetto (gennaio 2012) prevede che Unipol acquisti dai Ligresti il 51 per cento della holding. Ma impensabile non imporre l’Opa, a cascata, sulle controllate Fondiaria e Milano assicurazioni, una soluzione troppo onerosa per Unipol. Allora il controllo di Premafin viene acquisito da Unipol con un aumento di capitale riservato, al riparo da obblighi di Opa.
E senza alcun beneficio per i Ligresti (27 gennaio 2012). Le banche promettono comunque di concedere alla famiglia alcuni benefici, con “un patto stipulato senza formalità” (28 gennaio). I Ligresti temono però che il patto non venga rispettato, dunque pretendono la firma del “papello” (17 maggio), che non è altro che l’elenco degli impegni “non ufficiali” già garantiti dalle banche: è un patto da tenere segreto al mercato e alla Consob, conclude il pm.
Dunque “potenzialmente idoneo a ingannare il mercato e la vigilanza”. Ma “ha perso effettività non appena i Ligresti hanno votato l’operazione Unipol”. Nagel non mantiene i patti e Jonella corre a denunciare l’esistenza del “papello”. Niente reato, allora. Ma Nagel “di certo ha mostrato di voler rabbonire i suoi disperati (e per lui pericolosi) interlocutori. La firma su quel documento, compromettente sotto ogni aspetto, anche solo reputazionale per il caso che venisse a galla, pareva ed era in quel momento il male minore per addomesticare i Ligresti”.
FINISCE così una vicenda che ha visto più d’un intervento del procuratore Edmondo Bruti Liberati, che fin dall’inizio predica prudenza, consiglia di andarci piano con Mediobanca e di sentire Nagel come testimone e non come indagato. Quando il pm Orsi mette una microspia nell’ufficio dell’allora presidente dell’Isvap Giancarlo Giannini, Bruti manda una lettera di contestazione formale al suo aggiunto, Alfredo Robledo, capo di Orsi, accusandolo di non averlo avvertito.
Quando nel luglio 2012 Orsi scrive alla Consob chiedendo documenti su Unipol, il procuratore contesta la richiesta. Poi tiene fermo per otto giorni il fascicolo sull’indagine Giannini, perché l’allora ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri il 5 novembre 2013 va in Parlamento a tentare di spiegare le sue improvvide telefonate di sostegno alla famiglia Ligresti. Ora il gip Roberto Arnaldi ha chiuso la partita.
Dal Fatto Quotidiano del 21/07/2015
MANI PULITE 25 ANNI DOPO
di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ AcquistaArticolo Precedente
Fisco, non punibile chi fa rientrare capitali nascosti all’estero prima del 2009
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Fs, il doppio ruolo del consigliere Carosio che è pure dirigente del suo consulente
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Mondo
Trump “aiuterà Kiev ad avere più difesa aerea dall’Ue” e ipotizza controllo Usa delle centrali ucraine. Zelensky: “Possibile pace quest’anno”
Politica
La Lega in Aula: “Dov’è l’ugenza per il riarmo da 800 miliardi?”. Meloni attacca il Manifesto di Ventotene: è caos. Le opposizioni: “Vuole coprire le liti con Salvini”
Politica
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - E' stato ricordato oggi nell'aula della Camera l'ex-deputato Mimmo Lucà, parlamentare per cinque legislatura, scomparso il 13 febbraio scorso, all'età di 71 anni. Esponente dei cristiano sociali e dei Ds, è stato anche dirigente delle Acli. L'aula ha osservato un minuto di silenzio per commemorare Lucà.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "La balla della privacy con cui la maggioranza e il governo giustificano la loro lotta senza quartiere alle intercettazioni, oltre ad essere una motivazione del tutto falsa e smentita dai fatti, ormai non regge più nemmeno rispetto alle azioni dello stesso centrodestra. Infatti, mentre alla Camera demoliscono le intercettazioni, al Senato portano avanti l'articolo 31 del Ddl Sicurezza che consentirà ai Servizi segreti la schedatura di massa dei cittadini". Lo afferma la deputata M5S Valentina D'Orso, capogruppo in commissione Giustizia.
"Non sono più credibili nemmeno quando accampano motivazioni di comodo, si smentiscono con i loro stessi provvedimenti che in realtà rispondono a un disegno ormai chiaro: indebolire gli strumenti di indagine della magistratura che possono dar fastidio ai colletti bianchi e allo stesso tempo creare un brutale sistema di repressione del dissenso e controllo sui cittadini comuni".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - La Camera è riunita in seduta notturna per finire l'esame degli emendamenti al ddl intercettazioni, quindi le dichiarazioni di voto e il voto finale che dovrebbe arrivare nella serata. I lavori sono previsti fino alle 24.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "L'Italia ha ribadito che continueremo a sostenere l'Ucraina anche nel documento approvato oggi alla Camera e ieri al Senato. E' un impegno che noi manteniamo, continueremo a fare la nostra parte. Noi non siamo mai stati in guerra con la Russia e non abbiamo mai autorizzato l'uso di nostre armi da parte degli ucraini in territorio russo". Lo ha detto Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Mi pare che la telefonata Trump-Putin sia un segnale positivo così come quella tra Trump e Zelensky. Noi abbiamo chiesto che l'Ucraina fosse coinvolta e questo è accaduto. Noi incoraggiamo tutte le iniziative che portano alla pace. Non è facile ma qualche speranza c'è". Lo ha detto il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Si tratta di garantire la sicurezza dell'intera Unione europea. C'è bisogno di rafforzare la sicurezza europea ma questo non significa essere guerrafondai. Per garantire la pace serve un equilibrio delle forze in campo per garantire la sicurezza dell'Europa e dell'Italia. Stiamo lavorando in questa direzione come un buon padre di famiglia che mette le finestre blindate perchè la sua famiglia sia al sicuro". Lo dice il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno. "Bisogna avere il coraggio di andare avanti: l'Europa è l'unico modo per essere sicuri".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Meloni non ha attaccato Altiero Spinelli. Mi sembra una tempesta in un bicchier d'acqua. Spinelli è un personaggio illustre della storia europea, lo rispetto e la presidente Meloni non lo ha mai offeso". Lo dice il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.