Precious è nigeriano, viene “dalla fine del mondo, come Papa Francesco”, e ogni domenica, tra la polvere e il filo spinato del campo all’interno della carcere di Frosinone, guida all’attacco i compagni di squadra. No, il calcio, stavolta, non c’entra. Loro sono I Bisonti, un gruppo di detenuti che ha deciso di unirsi in nome dello sport. E del rugby. Il 30 luglio del 2013 la squadra è stata iscritta ufficialmente al Campionato di Serie C e i risultati sono stati sorprendenti, per tutti. Dal comitato regionale della Fedrugby ai responsabili del “Gruppo idee”, che da anni lavora insieme ai detenuti.
“L’idea è nata durante una giornata dimostrativa al campo, durante la quale si è svolto un quadrangolare di squadre venute dall’esterno”, racconta Germana De Angelis, presidente della squadra e responsabile dell’Associazione Gruppo Idee, che cura il progetto. Tutto nasce dalla convinzione che il reinserimento sia possibile, dando alle persone recluse un’opportunità per dimostrare la propria volontà di ricominciare”. Ma perché proprio la palla ovale? “Abbiamo scelto il rugby per i valori su cui si fonda: uno sport di squadra, prima di tutto, che privilegia la socialità e il valore del gruppo. Non si vincono le partite se non si gioca tutti insieme. Le regole che lo contraddistinguono sono indiscutibili, così come indiscutibile sono l’arbitro e il valore degli avversari”.
“Tutto nasce dalla convinzione che il reinserimento sia possibile, dando alle persone recluse un’opportunità per dimostrare la propria volontà di ricominciare”
Ma non è tutto. Ogni sconfitta serve da stimolo per migliorare il gioco di gruppo. “All’inizio erano in pochi ma molto determinati, si sono appassionati e dopo un po’ si è formata una bella squadra”, racconta Germana. I ragazzi si impegnano tantissimo e le loro gesta sono seguite dai parenti: “Vedono foto, seguono la pagina Facebook e mandano messaggi. Per loro è uno strumento importante per stare loro più vicini”.
La squadra è anche simbolo di integrazione. All’interno del gruppo sono presenti diversi ragazzi stranieri, a partire dal capitano, Precious. “Il progetto si svolge nel reparto di alta sicurezza del carcere, dove si trovano detenuti che appartengono a realtà di diverse regioni e che forse non avrebbero mai socializzato”, spiega Germana. E gli obiettivi? In primis quello di consolidare il progetto e, perché no, allargarlo ad altri istituti. “Dopo 2 anni di campionato speriamo di crescere anche a livello tecnico. E, magari, di giocare una partita fuori casa”.
Senza la squadra, probabilmente, i ragazzi non avrebbero mai socializzato tra loro
Le difficoltà non sono poche. Non è facile far entrare ogni domenica 30-40 persone in carcere come ospiti, occorrono autorizzazioni dal magistrato. Tutte le squadre del campionato, almeno in una prima fase, hanno accettato di giocare tra le mura della casa circondariale di Frosinone. “Da parte dell’amministrazione penitenziaria, comunque, c’è stata sempre una grande disponibilità – spiega ancora il presidente De Angelis -. Al primo tesseramento, ad esempio, per evitare problemi burocratici si è dovuto ricorrere a dei soprannomi per i giocatori: è stata fatta una delibera ad hoc per dare ai ragazzi l’opportunità di scendere regolarmente in campo”. La squadra, comunque, gode anche dell’appoggio della Federazione Italiana di Rugby, che ha accolto la richiesta di iscrizione al campionato di serie C e si impegna per portare avanti il progetto.
“Mi sono sempre chiesto cosa rimane ad un uomo spogliato della sua libertà, costretto a vivere chiuso tra le mura fredde di una gabbia – racconta Precious – Nel gruppo ho trovato un rifugio che potesse placare la rabbia, la sofferenza, la solitudine. Il carcere mi ha cambiato radicalmente, il progetto mi ha aiutato ad evadere dalla monotonia di tutti i giorni, dando un senso alle mie giornate”.
Il capitano della squadra: “Il carcere mi ha cambiato radicalmente, il progetto mi ha aiutato ad evadere dalla monotonia di tutti i giorni”
Organizzare la squadra non è stato difficile. In molti si sono avvicinati al gruppo già dal primo allenamento, appassionandosi al rugby. “Questo progetto ci fa sentire utili e liberi, almeno con la mente. Abbiamo la possibilità di sfogarci e stare all’aria aperta per qualche ora. Questa squadra – aggiunge – ha una mentalità libera: ognuno sa che deve portare avanti il suo compito per procedere insieme. I valori che mi porto dentro? La disciplina, prima di tutto, il rispetto delle regole e lo spirito di gruppo: non si corre solo per se stessi ma anche per gli altri”.
Il ricordo più bello? La prima vittoria. “Quando abbiamo vinto la prima partita l’emozione è stata incredibile. È stata la dimostrazione che il nostro progetto aveva un senso”, racconta Germana. “Venivamo da 3 sconfitte consecutive, in squadra c’erano ancora giocatori che non conoscevano bene le regole”, ricorda Precious. Vincere contro un gruppo composto da giocatori esperti ci ha resi orgogliosi di noi stessi. Non abbiamo vinto perché abbiamo giocato meglio, ma perché non abbiamo mollato dall’inizio alla fine. I Bisonti sono maestri in questo”.