Legato con del nastro adesivo da pacchi e sgozzato con un coltello sotto ad una croce di ferro, in cima ad un poggio in località San Martino in Selva Nera, in provincia di Pesaro. E’ morto così Ismaele Lulli, nella ricostruzione dei carabinieri che hanno condotto le indagini. Un solo colpo mortale al collo, talmente forte che il 17enne “è stato quasi decapitato”, come ha riferito ha detto il colonnello Antonio Sommese, dei carabinieri di Pesaro, durante la conferenza stampa. Per l’omicidio sono stati fermati due giovani albanesi: Igli Meta, un ventenne residente a Urbania e presunto esecutore materiale del delitto, e Marjo Mema, geometra diciannovenne residente a Sant’Angelo in Vado. Movente dell’assassinio: la gelosia. Meta, secondo la ricostruzione degli inquirenti, era convinto che Ismaele flirtasse con la sua ragazza. Il colonnello Sommese ha definito il delitto “un omicidio da videogame” per la terribile ferocia e la sproporzionata violenza rispetto a qualsiasi movente. Ismaele ha incontrato alla fermata dell’autobus i suoi presunti carnefici che gli hanno proposto di andare a fare un bagno al fiume. E’ salito dunque sull’auto di Meta, “senza costrizioni”. Poi la raccapricciante esecuzione. “Dopo aver commesso l’omicidio” – spiega Sommese – “i due hanno preso il cadavere e lo hanno gettato di sotto, sperando che non fosse ritrovato perché quella è una zona poco frequentata. Poi si sono allontanati e sono andati a fare il bagno che avevano programmato”. I due ragazzi albanesi sono stati sottoposti a lungo interrogatorio, durante il quale si sono radunati parenti e amici di Ismaele davanti alla caserma dei carabinieri di Sant’Angelo in Vado. Quando i giovani fermati sono usciti per essere trasferiti nel carcere di Villa Fastiggi a Pesaro, è esplosa la rabbia della gente: urla, lacrime, calci e pugni alle auto