Arcangelo D'Aurora, dirigente dell'ufficio esecuzioni e protesti del tribunale di Forlì, ha postato su Facebook la cronaca di un intervento finito con un rinvio di sei mesi. La figlia degli inquilini è intervenuta dicendo al padrone di casa: “Se Dio fosse qui vi manderebbe tutti all'inferno. Se mio padre avesse un lavoro io non piangerei tutte le notti perché mi vergogno di andare a scuola senza libri”
Su Facebook decine di suoi colleghi lo hanno già acclamato come paladino di una professione spesso disprezzata e temuta, soprattutto in tempi di emergenza abitativa, perché nell’immaginario è collegata a sfratti, pignoramenti e sgomberi. Arcangelo D’Aurora è ufficiale giudiziario del tribunale di Forlì, dirigente dell’ufficio esecuzioni e protesti, molto conosciuto nel settore visto che è in servizio da oltre 30 anni. Il 9 luglio sul suo profilo pubblico del social network è comparso un lungo post in cui racconta in diretta lo sfratto di una famiglia (padre, madre e una figlia) avvenuto pochi giorni prima. Ma con lieto fine.
“Quando siamo entrati – scrive D’Aurora – marito e moglie ci attendevano in casa seduti intorno a un tavolo da cucina, e avevano lasciato la porta aperta per consentirci di entrare. ‘Signor Paolo, lo sa vero, che purtroppo oggi devo eseguire lo sfratto e non possiamo più rimandare’”. “Si lo so, ma non ho ancora trovato dove andare”. è la risposta dell’inquilino. “Concedetemi un altro mese”. Il padrone di casa allora si infuria e inveisce contro l’inquilino che da un anno non paga l’affitto, poi si rivolge a D’Aurora: “Ufficiale, per favore chiami la forza pubblica perché oggi voglio le chiavi”.
Il racconto di Arcangelo prosegue: il signore racconta di avere perso il lavoro e di fare fatica persino a dare da mangiare alla sua famiglia: “Ufficiale per favore… lo giuro un solo mese e non mi vedrete più”. La tensione è alle stelle e l’ufficiale giudiziario prova a mediare e a cercare un rinvio breve, ma il proprietario non demorde: “Non me ne frega un cazzo dei suoi mobili… voglio le chiavi, ufficiale!”.
E qui arriva il colpo di scena: “Inaspettatamente alle mie spalle spunta fuori la bambina”, scrive D’Aurora. “Mamma che succede? Perché dobbiamo andare via dalla nostra casa? Papà fai qualcosa!”. I genitori le intimano di tornare in camera, ma lei cambia tono: “Siete dei mostri! Vergognatevi. Per voi contano solo i soldi. Chi non ha denaro è un cattivo mentre i buoni sono solo coloro che si possono permettere di comprarsi tutto anche la dignità delle persone”. La bimba è un fiume in piena “Se Dio fosse qui vi manderebbe tutti all’inferno. Se mio padre avesse un lavoro io non piangerei tutte le notti perché mi vergogno di andare a scuola senza libri”.
Nel salone scende il silenzio: “Mi avvicino alla piccola e la prendo in braccio. Non riesco a non piangere insieme a lei. Assomiglia tanto a mia figlia quando aveva la sua età”. A quel punto arriva la decisione: “Lo sfratto è rinviato di un mese. Consapevole che rischio di essere denunciato per omissione di atti d’ufficio”.
Ma invece della denuncia, forse sconvolto dalle parole della bimba, il proprietario fa un’altra proposta: inaspettatamente offre un rinvio di sei mesi, tanto che l’inquilino moroso corre ad abbracciarlo. “Una storia vera a lieto fine, ma non sempre è così”, chiosa D’Aurora. La storia, come riportata da D’Aurora, pare sia stata condivisa così tanto su internet che un imprenditore riminese ha proposto un lavoro al padre della bimba. Di sicuro in tanti tra i colleghi ufficiali giudiziari sono venuti allo scoperto: “Grazie Arcangelo – scrive Roberto commentando il post – mi sono commosso anche se ogni mese ho una ventina di sfratti da eseguire e spesso queste situazioni sono all’ordine del giorno. Dobbiamo essere mediatori per colpa di uno Stato che non garantisce dignità ai suoi cittadini. La casa e il lavoro dovrebbero essere garantiti ad ogni essere umano”.