Solo nel 2013 hanno messo all’incasso entrate per 862 milioni di euro. Spendendone 730, dei quali quasi 305 per investimenti. Una montagna di soldi movimentata dalle 24 Autorità portuali italiane preposte al controllo dei principali porti italiani. E sulle quali ora il governo vorrebbe rimettere mano. Attraverso il “Piano strategico nazionale della portualità e della logistica” contenuto nello schema di decreto del presidente del Consiglio dei ministri (dpcm), da qualche giorno all’esame delle commissioni Trasporti della Camera e Lavori pubblici del Senato, che dovranno esprimere i propri pareri sul provvedimento. L’esame non è ancora iniziato, ma già si profilano problemi sul testo del governo. Per i dubbi di costituzionalità sollevati dai Servizi Studi dei due rami del Parlamento.
INCIAMPO COSTITUZIONALE Il piano dell’esecutivo prevede la trasformazione delle attuali Autorità portuali (delle quali ben 13 attualmente commissariate) in Autorità di sistema portuale, passando dall’attuale modello mono-scalo ad un sistema di governance multiscalo con al vertice un presidente, nominato direttamente dal ministro delle Infrastrutture, «sentiti i presidenti di Regione interessati». Una riforma che, inevitabilmente, comporterà una diminuzione delle attuali Autorità portuali. I cui vertici, in base alla normativa vigente, vengono nominati sempre con decreto del ministro delle Infrastrutture, ma «previa intesa con la Regione interessata». E il punto è proprio questo. Perché, come scrivono i tecnici di Camera e Senato, il Piano del governo «sembra presupporre l’approvazione definitiva del disegno di legge di riforma costituzionale» che, tra l’altro, «attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato» anche la materia dei porti e aeroporti civili di interesse nazionale e internazionale. Materia, però, che l’attuale testo della Costituzione (articolo 117) «assegna invece alla competenza legislativa concorrente» Stato-Regioni. Di conseguenza, il dpcm del governo non può limitarsi a prevedere il semplice parere delle Regioni per la nomina dei presidenti delle nuove Autorità di sistema portuale. Occorre, anche alla luce delle sentenze emanate sul tema dalla Corte Costituzionale, una vera e propria «intesa».
PORTO DELLE NEBBIE Una vicenda che si interseca, tra l’altro, anche con il disegno di legge delega sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (il ddl Madia) che, come raccontato da ilfattoquotidiano.it, in forza di un emendamento del relatore, il deputato del Partito democratico Ernesto Carbone, trasferisce al governo la funzione legislativa sulla portualità italiana per la «riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali», istituite da una legge del 1994, «con particolare riferimento al numero, all’individuazione di Autorità di sistema nonché alla governance e alla semplificazione e unificazione delle procedure doganali e amministrative in materia di porti». Una formulazione ritoccata dall’Assemblea di Montecitorio che ha aggiunto la frase: «tenendo conto del ruolo delle regioni e degli enti locali». Una modifica che, però, non è bastata a placare l’ira delle opposizioni. «Si è data al governo una delega in bianco su una materia di competenza concorrente: non basta tenere conto del ruolo ma serve un’intesa con le Regioni come previsto dalla Costituzione – accusa Stefano Quaranta di Sinistra ecologia e libertà –. E ancora, con questa delega non solo si cancellano anni di dibattito parlamentare su questo tema, ma si vanificano anche le valutazioni, in sede di esame del Piano del governo sulla portualità, delle commissioni competenti che dovranno emettere i loro pareri. Insomma, ancora una volta il Parlamento è stato esautorato dal governo». Parole dure, come quelle di Donatella Agostinelli del Movimento 5 Stelle: «Vero, il Parlamento è stato completamente scalvalcato, vanifacandone poteri e prerogative con una delega in bianco inserita nelle pieghe di un articolo sul Coni che nulla ha a che vedere con la materia dei porti – spiega l’esponente M5S -. Violando non solo l’articolo 76 della Costituzione che vieta espressamente la delega in bianco, ma anche l’articolo 117: si è data, infatti, carta bianca al governo su una materia che rientra tra quelle della legislazione concorrente Stato-Regioni».
MAGGIORANZA INAMOVIBILE Accuse respinte al mittente dal relatore del ddl Madia, Ernesto Carbone: «Non vedo il problema: la delega assegna al governo 18 mesi per emanare i decreti delegati, quindi c’è tutto il tempo per assicurare un’adeguata discussione parlamentare – spiega il deputato dem –. Ricordo, inoltre, che i pareri delle commissioni non sono, in ogni caso, vincolanti per l’esecutivo. Quanto all’accusa di delega in bianco, se si tratta di riorganizzare le autorità portuali cos’altro avrebbe dovuto esserci scritto? Il punto è un altro: il governo deve preoccuparsi di come i porti italiani possono essere più competitivi. La concorrenza è con Rotterdam, tanto per fare un esempio, non tra Genova e Civitavecchia». Costituzione permettendo.
Twitter: @Antonio_Pitoni