Lucia Borsellino non avrebbe dovuto accettare di entrare nella giunta Crocetta “con un cognome così pesante”. Ma l’intercettazione pubblicata da L’Espresso che da giorni tormenta il governatore siciliano “è una bufala”, forse propalata da una “fonte istituzionale” con “precise finalità”. E’ l’analisi di Antonio Ingroia, l’ex procuratore aggiunto di Palermo che ha istruito il processo sulla trattativa Stato-mafia, oggi amministratore unico di Sicilia e-servizi. “Per Lucia Borsellino provo ovviamente grande affetto, ma sinceramente penso che non sarebbe dovuta entrare nella giunta di Crocetta”, sostiene l’ex pm. “Con un cognome così pesante il rischio di essere strumentalizzata era reale. Quando il governatore mi chiese di fare il suo vice io rifiutai…”.
Quanto all’intercettazione in cui il medico Matteo Tutino, secondo L’Espresso, dice che Lucia deve essere “fatta fuori come suo padre” di fronte a un silente Crocetta, le procura siciliane hanno fatto a gara per smentirne l’esistenza, mentre il settimanale continua a dirsi certo delle sue fonti. Per Ingroia si tratta di “una bufala, come ha spiegato in maniera categorica il procuratore Lo Voi“, afferma. “Ma dietro dev’esserci una fonte considerata attendibile dall’Espresso, probabilmente istituzionale. Con una precisa finalità”. Quale? “Io non arrivo a immaginare un golpe come Crocetta, ma quella frase, mostruosa ancorché inesistente, ha contribuito ad aumentare la disaffezione e la delegittimazione nei confronti della politica, delle istituzioni e dell’antimafia. Ci siamo abituati a un eccessivo uso politico delle intercettazioni”. L’ex magistrato sceso in politica per le elezioni del 2013 con Rivoluzione civile contesta poi l’uso delle intercettazioni che da strumento investigativo diventano “strumento di lotta politica, anche per il modo in cui vengono diffuse dai mezzi di informazione”.
Ingroia spiega anche di conoscere Tutino da oltre vent’anni: “Quando ho cominciato a lavorare per la Regione l’ho ritrovato molto vicino a Crocetta. All’inizio parlava bene di Lucia Borsellino, mentre nell’ultimo periodo se ne lamentava fino ad auspicarne le dimissioni”. Quanto al proprio futuro nell’amministrazione regionale, “io non sono un pretoriano di Crocetta. Finché ci sarà la possibilità di fare qualcosa di utile continuerò, appena capirò che non è più possibile tornerò al nuovo lavoro di avvocato”.
Intanto il caso intercettazioni continua a scavare fratture nel fronte antimafia. Intervistato da Repubblica, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando chiede le dimissioni “subito” del governatore. Il simbolo della Primavera di Palermo non fa sconti al “collega” che i galloni antimafiosi se li è guadagnati come sindaco di frontiera a Gela. “Da sette anni – afferma Orlando – con Raffaele Lombardo prima e con Rosario Crocetta poi si è costruito un sistema di potere che coinvolge imprenditori e politici e che non ha risolto i problemi della Sicilia”. Da tempo, continua Orlando, “dico che la mafia non ha più i rappresentanti che aveva una volta e che quelli che si definiscono rappresentanti dell’antimafia sono degli speculatori. In Sicilia l’antimafia di facciata ha distrutto la politica”.