Dalla Calabria agli Emirati Arabi, la parabola di emigrazione artistica di una ragazza talentuosa, scartata dai talent nostrani, che oggi è la vedette del The Act, uno dei locali più importanti al mondo
Quella che vogliamo raccontarvi oggi è la storia di un’ugola in fuga. La storia di Nya, questo il suo nome d’arte, partita dalla Calabria, transitata a Milano per poi andare a diventare una star di prima grandezza a Dubai, dove intrattiene il pubblico pagante del The Act, uno dei più importanti club dove si ascolta musica dal vivo al mondo, con sedi in tutti i continenti, a partire dalla sede storica di New York. Una storia di realizzazione, quindi, ma di realizzazione lontano da casa, per scelta e per necessità.
Nya, partiamo dall’inizio. Raccontami i tuoi primi passi nel mondo della musica. Quando hai cominciato? Quando hai capito che la musica sarebbe stata la tua vita?
Ho iniziato studiando alla NAM di Milano, quando amici e familiari hanno riconosciuto in me un talento vocale e mi hanno spinto ad intraprendere I primi studi. Ho capito che la musica sarebbe stata la mia vita, praticamente da subito, già a 15 anni avevo le idee chiare su quello che volevo nella vita e nessuna persona che mi dicesse “Dovresti trovare un lavoro normale” mi ha fatto cambiare idea.”
Le tue prime esperienze musicali a livello professionale? So che sei stata anche negli USA…
Un giorno ho deciso di esplorare quella parte del mondo da cui proviene il genere musicale per il quale nutro un amore smodato: il soul e l’RnB. Così a circa 22 anni sono partita con il mio zaino in spalla, per Houston, Texas, dove ho formato una band con musicisti supertalentuosi, lavorando con Tony Mo (che ha Prodotto le Destiny’s Child, Keisha Cole, Girlicious e vinto il disco di platino in Canada) e aprendo diversi importanti concerti, tra cui quello di Jeremih Felton.
Nel frattempo il mio EP Scegli vivi prodotto da Bruno Tavernese era già uscito in Italia con l’etichetta Nar international, aprendomi una porta nel mondo italiano degli artisti emergenti, mondo che in ogni caso non ho mai sentito mio.
È la difficoltà, per chi fa musica, di vivere in un paese così legato ai talent come l’Italia. Quando hai capito che per fare il salto dovevi andartene?
La questione è molto legata ad una domanda specifica che ogni artista dovrebbe farsi: “Chi sono io?”. La musica che il mercato impone in Italia non mi è mai appartenuta, quindi ne ho preso atto e per essere apprezzata sono dovuta emigrare. Prima, chiaramente, ho provato a partecipare ai talent, unica via qui da noi, e i provinatori, dei quali non ho mai visto né faccia né curriculum, non mi hanno mai scelta. Al contrario, sono stata provinata e scelta da personaggi che lavorano da anni nel mondo dello spettacolo internazionale con curriculum tutt’altro che modesti… magia o meritocrazia ?
Come è arrivata la proposta di andare a Dubai?
È stato tutto molto casuale, ho iniziato a cantare al Sass Cafe di Montecarlo tramite il mio manager in Italia, Piero Billeri, grazie alla proposta del crooner Diego Vilar. Quando quel locale ha aperto a Dubai siamo venuti a suonare qui. Dopo qualche viaggio avanti e indietro ho capito che questa città mistica incominciava a piacermi e quindi mi sono rimboccata le maniche ed ho organizzato meeting e audizioni. La prima volta che sono entrata al The Act sono riuscita ad avere il contatto del producer dello show Sebastian Clarke tramite uno dei promoter del locale e dopo essere stata provinata da lui e David Ley, eclettico e pluritalentuoso art director, ho subito capito che avrei voluto farne parte. L’audizione andò molto bene, mi invitarono a vedere lo show la sera stessa e dopo una settimana di extra permanenza, totalmente imprevista, avevo un nuovo contratto.
Come stai vivendo questa esperienza?
Le persone del The Act sono diventate una famiglia ormai. Ci esibiamo quattro volte a settimana, e ci esercitiamo molto, quindi passiamo molto tempo insieme. Oltre alla musica ho unito anche il teatro e penso di avere scoperto altre attitudini che non avevo mai approfondito. Infatti il The Act è considerato il più alto teatro al mondo, situato al 42° piano dell’hotel Shangri-la, nasce dallo stesso concetto del famosissimo locale newyorkese e londinese “The Box”, creato da Simon Hammerstein.
Essere a Dubai ti permette, immagino, anche di partecipare a eventi fuori dal normale…
Ci sono stati una serie di eventi che mi piacerebbe ricordare tra cui Bacardi ed Adidas, quest’ultimo in particolare, che da buona sportiva ho apprezzato particolarmente. Soprattutto voglio menzionare la visita della famosissima presentatrice americana Ellen Degeneres e la sua compagna Portia de Rossi che sono venute al The Act a guardare lo show. È stata davvero un’esperienza indimenticabile cantare per lei.
La tua carriera solista? L’hai abbandonata o stai lavorando anche sul quel fronte?
Le mie esibizioni e il continuo sperimentare non hanno fatto altro che accrescere la mia creatività e quindi nutrire la mia voglia di dire qualcosa al mondo. Sto lavorando al mio progetto da solista e penso di essere ora e come non mai in una fase nella quale mi sento “Io” come artista, al 100% e non vedo l’ora di mostrare il frutto del mio lavoro.