“Non vi è una sola parte del racconto narrato dalla sedicente vittima che abbia trovato conferma nella realtà dei fatti”. Parla Salvatore Santagata, avvocato di uno dei sei ragazzi scagionati dalla Corte d’Appello di Firenze dall’accusa di aver stuprato nel 2008 – nei pressi della Fortezza da Basso – una 23enne che denunciò di essere stata violentata.
Dopo le polemiche scoppiate per le motivazioni della sentenza di assoluzione – nelle quali i giudici di secondo grado hanno scritto che la vicenda è “incresciosa”, ma “penalmente non censurabile” – il legale spiega che la Corte “ha assolto gli imputati, non perché abbia espresso un giudizio di disvalore nei confronti della condotta di vita della ragazza che mai è stata stigmatizzata, ma semplicemente perché innocenti”. In sostanza, scrive Santagata, la sentenza “ha riconosciuto l’innocenza degli imputati semplicemente perché è stato dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che non vi fu alcuna violenza sessuale di gruppo e che la ragazza non era e non è assolutamente attendibile”.
In una nota, l’avvocato contesta punto per punto la versione dell’allora 23enne che pochi giorni fa ha pubblicato una lettera di sfogo nella quale critica la sentenza sostenendo che è “stato giudicato il mio stile di vita, non i fatti”.
Diversa la ricostruzione del difensore di uno dei sei imputati, secondo cui la presunta vittima ha “mentito 29 volte”. Le bugie riguarderebbero anche il luogo dove andò in scena il presunto stupro. Santagata riporta stralci della sentenza di primo grado (confermati anche in appello) secondo cui “dagli accertamenti tecnici esperiti ‘non è revocabile in dubbio che a quell’ora gli imputati,(…), fossero nella zona dove tutti sostengono (…)'”.
Sempre secondo il legale: “Il Tribunale di Firenze (nella sentenza di primo grado, confermata sul punto da quella di appello) ha affermato che gli esami medici compiuti escludono la violenza sessuale descritta dalla ragazza stante la totale carenza di tracce di essa, pacificamente incompatibile con un episodio di stupro di gruppo”.
Ma nella sua nota, Santagata sottolinea anche che “non si può riconoscere la patente di attendibilità a chi ha calunniato un povero innocente (il settimo ragazzo)”. In primo grado, infatti, gli imputati erano sette. Uno di loro venne assolto. Gli altri vennero condannati a quattro anni e mezzo. “Per fortuna, però – continua il difensore – il Tribunale di Firenze – nonostante la ragazza abbia riferito più volte, sotto giuramento, di avere impresso il ricordo di questo settimo ragazzo, con il cappello e la camicia nera, nell’abitacolo della macchina nel momento in cui cominciarono le presunte violenze di maggiore gravità – ha escluso la sua presenza per una serie numerosissima di circostanze oggettive, tutte puntualmente riscontrate, che lo collocavano altrove rispetto al luogo della presunta violenza”. La conferma che la ragazza avrebbe mentito – secondo il legale – è confermata dal fatto “che la sedicente vittima non ha impugnato la sentenza di assoluzione pronunciata in favore di questo settimo ragazzo”.
“Fino ad oggi – si conclude la nota dell’avvocato Santagata – avevamo deciso di non rispondere ai numerosi articoli di stampa né alle provocazioni dei tanti che, senza conoscere neppure una pagina delle migliaia che compongono l’istruttoria di questo processo, si sono permessi di esprimere giudizi gravemente lesivi della dignità e della reputazione dei Giudici della Corte d’Appello di Firenze nonché delle sei vittime di questo processo; dopo oggi, rivendichiamo la verità storica e processuale degli accadimenti e preannunciamo che agiremo nei confronti di chiunque tenti di distorcene il contenuto”.