L'imprenditore marchigiano contro l'esecutivo. "Non è stato eletto e si sta prendendo tutto. Chi tace è complice". E sulle dimissioni del vice degli Esteri, Pistelli, per diventare vicepresidente dell'Eni dice: "Sono saltato sulla sedia"
La prima cosa che Diego Della Valle dice è questa: “Da parte della maggioranza della classe dirigente c’è un silenzio preoccupante per la democrazia”. Lui lo rompe così: “Molte di queste persone sono costrette ad allinearsi al diktat del premier, ‘o con me o contro di me’. Tanti, immagino, faticano a esporsi. C’è una gran voglia, da parte di chi guida il Paese, di prendere in mano tutto il potere per governare come meglio gli pare. Chi tace di fronte a una situazione così grave diventa complice di questi sistemi”.
Vista a posteriori certamente sì. È stata utilizzata la buona fede dei cittadini che chiedevano un vero cambiamento, salvo poi fare il contrario di ciò che era stato promesso. Alla fine abbiamo visto un po’ di regolamenti di conti tra politici e il cambio di uomini che guidavano le aziende dello Stato con nuovi manager, amici del governo. Mi ha fatto saltare dalla sedia vedere come un vice ministro degli Esteri si sia dimesso per andare a fare il vice presidente dell’Eni, come se l’Eni appartenesse a Renzi. Nessuno ha spiegato perché e quale fosse il curriculum di questa persona. È solo un esempio, la lista sarebbe lunghissima.
Cosa la preoccupa di più?
La qualità e l’esperienza di questo governo mediamente scarsa, ad eccezione di alcuni ministri e di qualche altro che avrebbe potuto, con più tempo, essere all’altezza. Mi preoccupa l’approssimazione con cui un presidente del Consiglio, che non ha l’esperienza necessaria, guida un Paese con problemi molto più grandi di lui. Non dimentichiamo cosa faceva fino a un anno fa. Senza nulla togliere al mestiere di chi amministra il territorio, tra decidere i sensi unici di una città e la politica economica di un Paese, ce ne passa. Dico tutto questo senza nulla di personale contro Renzi, che conosco bene e che con me ha sempre avuto un comportamento rispettoso. Avrebbe fatto meglio a seguire il mio consiglio: prendersi qualche anno e prepararsi al ruolo.
Nessun problema tra di voi, quindi?
Mi spiace dover dire queste cose, ma qui non contano i rapporti tra noi. Conta fare un punto vero su cosa questo governo sta facendo: i risultati purtroppo sono molto pochi, le promesse sono state troppe. Ci siamo trovati dentro una specie di Truman show, spettatori della vita, principalmente mediatica, di un premier che racconta che le cose vanno bene e andranno ancora meglio. La realtà è ben diversa, piena di problemi, spesso anche di sofferenze, soprattutto per le persone più semplici: nessuno se ne occupa. Per guidare il nostro Paese c’è bisogno di qualcuno che abbia esperienza, autorevolezza e soprattutto che sia sostenuto dai cittadini.
Loro obiettano che hanno avuto il 40 per cento dei voti alle Europee.
Il 40 per cento, considerando il tasso d’astensione, si ridimensiona enormemente. Ricordiamo invece che gli italiani sono stati richiamati alle urne circa un mese fa e hanno detto con chiarezza che questo governo gli piace molto poco. Non gli hanno creduto, nonostante ministri e premier abbiano riempito telegiornali e talk-show. Segnale che dovrebbe essere colto dal mondo della politica: dall’esecutivo e dal Pd per fare autocritica, dagli alleati di governo per capire che non c’è un condottiero imbattibile alla guida, ma qualcuno che ha bisogno dei loro voti altrimenti non può andare avanti. Si ricordino come venivano trattati prima delle ultime elezioni, quando Renzi pensava di avere un consenso forte…
Cosa significa?
Oggi con un loro segnale – votando secondo coscienza e non secondo direttive politiche – potrebbero mandare a casa il governo. Per questo, rispettosamente, mi rivolgo al presidente Mattarella invitandolo a formare un nuovo esecutivo composto da persone che sanno le cose – perché le hanno anche vissute – e che accompagnino il Paese alle elezioni del 2018.
Il Jobs Act l’hanno fatto.
C’è qualcosa di buono, ma il punto è che il Jobs Act serve più regolamentare il lavoro che a crearlo. Sul lavoro l’elenco delle cose che si potrebbero fare è lunghissimo. Per il resto – su sanità e sicurezza per esempio – basta entrare negli ospedali, basta girare per le periferie e nelle province per capire com’è a rischio la sicurezza, come sia gestito, senza strategia, il problema immigrazione.
Da imprenditore cosa pensa del piano tasse?
Nulla allo stato attuale, sono slogan da campagna elettorale. Quando presenterà un piano con proposte vere – con le relative coperture e la certezza di attuarle – allora le commenterò.
I giornali scrivono che lei sta per entrare in politica. È vero?
Un cittadino che si lamenta di ciò che secondo lui non va, deve per forza voler entrare in politica? Spesso questi argomenti vengono usati da alcuni politici furbetti per delegittimare chi non è d’accordo. Faccio l’imprenditore a tempo pieno e, considerando anche il mio ruolo pubblico, ritengo doveroso, quando ce n’è motivo, prendere posizione, anche se è scomodo perché ci si fanno molti nemici. Ritengo un dovere esporsi di fronte a questioni che mettono a repentaglio gli interessi della collettività. Bisogna chiarire che un governo non eletto dai cittadini sta tentando di prendere in mano il potere a tutti i livelli. Non possiamo permetterlo: metterebbe in discussione la qualità della nostra democrazia.
Il mantra è che non c’è alternativa.
In un sistema sano l’alternativa esiste sempre. Dobbiamo fare in modo che ci sia davvero, fermando chi abusa e incentivando tutte le persone che hanno voglia di occuparsi seriamente dell’Italia. Anche qui è determinante che il presidente della Repubblica – non me ne voglia se lo chiamo in causa – vigili con grande attenzione.
Così però sembra un’auto-candidatura.
Assolutamente no, ma non è nemmeno un modo per defilarmi: sono pronto a mettere a disposizione una parte del mio tempo, la conoscenza che ho di certe cose e, nei limiti delle regole, anche il supporto finanziario necessario per sostenere chiunque voglia occuparsi seriamente del futuro del Paese. Con l’idea di preparare una classe dirigente e politica che voglia veramente bene all’Italia. Sia a destra che a sinistra, nell’attuale scenario, ci sono molti esempi di persone che hanno queste caratteristiche. Ma che spesso sono tenute nell’ombra perché non appartengono a nessun giro o perché non accettano di baciare nessuna pantofola. Io non ho nulla da chiedere in cambio.
E “Noi italiani”?
Non c’entra nulla: “Noi italiani” è un contenitore legato al mondo della solidarietà. Un accentratore e un acceleratore di aiuti alle persone in difficoltà. Lavoriamo da due anni a questo progetto, lo presenteremo in autunno.
I cittadini contano sempre meno?
Lo dimostrano la riforma del Senato e l’Italicum, che ancora non ci farà scegliere buona parte dei nostri rappresentanti. E poi la Rai, la vera battaglia del premier: proverà a chiuderla in fretta. Il tentativo è quello di far passare la tv di Stato non più sotto il controllo del mondo politico allargato, ma sotto il suo controllo. Il governo Renzi è straordinariamente debole: non ha il consenso della gente, non può imporsi agli alleati perché ne ha bisogno. L’idea di prendere in mano definitivamente anche la Rai è fondamentale. Ma non basterà comunque. Renzi dovrebbe prendere atto che deve studiare seriamente per qualche anno, farsi una squadra all’altezza. Allora potrà presentarsi al giudizio del popolo. Se verrà votato da molti avrà anche la legittimità per governare.
Berlusconi adesso parla bene di lei.
Berlusconi e io ci siamo sempre detti le cose con chiarezza, spesso anche con forte determinazione. In questo caso mi ha fatto un complimento. Lo prendo come tale.