Vuoto, completamente vuoto. Così appariva il banco dei ministri nell’Aula della Camera durante l’esame delle dimissioni da deputato di Enrico Letta. Un atto formale “pesante”, quello dell’addio al Parlamento, che arriva prima di ora di cena di un’afosa serata romana, dell’esponente di spicco del Pd ma soprattutto dell’ex primo ministro di fatto defenestrato da Palazzo Chigi nel gennaio 2014 da quel Matteo Renzi che sui social network lo invitava a “stare sereno”. Un momento importante, al quale non ha assistito non solo il presidente del Consiglio, ma neanche uno dei ministri del governo in carica.
Ad ascoltare l’addio a Montecitorio di Letta, sia nella lettera di cui ha dato lettura all’Assemblea la presidente Laura Boldrini in persona, sia nelle parole che lo stesso ex premier ha voluto pronunciare prima della votazione segreta che ha sancito la sua uscita dal Palazzo, ai banchi del governo siedevano solo tre sottosegretari: Sesa Amici, Ivan Scalfarotto (entrambi del Pd) ed il viceministro della Giustizia Enrico Costa (Ncd). Nessun altro: neppure il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi che pure le Aule di Camera e Senato normalmente le presidia personalmente nei momenti più topici.
Un’assenza, quella totale dei ministri alle dimissioni dell’ex presidente del Consiglio, che in molti a Montecitorio hanno letto come una specie di “ordine di scuderia”. Come un gesto volto a confermare quella “damnatio” che Renzi sembra aver deciso per Letta, che ora andrà a lavorare in una prestigiosa università parigina. “Renzi non ha mai dimenticato la freddezza di Letta allo “scambio della campanella”. Non gliel’ha perdonata, quella frettolosa scontrosità di un anno e mezzo fa, chiudendogli le porte della Commissione Ue, dove certamente Enrico ci avrebbe rappresentato con un peso ben più considerevole di quella di Federica Mogherini“, dice un deputato del Pd subito dopo il voto ad un collega, il quale scrolla le spalle e si avvia verso la buvette.
In Aula era presente il vicesegretario del partito Lorenzo Guerini, che però non ha preso la parola nel dibattito prima delle dimissioni. Ha parlato Ettore Rosato, il neo capogruppo, con un discorso definito “di prammatica” da molti colleghi di partito che per l’occasione avrebbero voluto di più. Eppure, in molti hanno salito le scale dell’emiciclo prima del voto per andare a salutare Letta. Pier Luigi Bersani è rimasto al suo posto, ma ad abbracciare l’ex premier nell’ora dell’addio sono andati tra gli altri Stefano Fassina, Alfredo D’Attorre e l’ex capogruppo Roberto Speranza. E un abbraccio è arrivato anche dal centrodestra. Appena Renato Brunetta ha annunciato voto contrario di Fi alle dimissioni, il suo vice nel gruppo Rocco Palese è filato dritto come un treno da Letta: dopo averlo abbracciato, si è fatto fare un autografo su un foglietto che ha giudiziosamente ripiegato e riposto nel portafoglio come una reliquia.