Moda e Stile

SuicideGirls, la pin-up punk italo-irlandese Riae fa impazzire i social (FOTO)

di Maurizio Di Fazio
SuicideGirls, la pin-up punk italo-irlandese Riae fa impazzire i social (FOTO)

Riae è oggi la più importante amazzone italiana del movimento delle SuicideGirls. Pensate che può vantare 360 mila followers su Instagram, “e per due volte il mio account è stato cancellato a causa di segnalazioni”. Più di un milione i “Mi piace” alla sua pagina Facebook: ben oltre i votanti di certi partiti di governo. Breve riassunto delle puntate precedenti. SuicideGirls è un sito web internazionale che sciorina set fotografici di ragazze del genere alternative, indie, dark, gothic, punk, pin-up. Foto d’arte, a volte softcore o “alt-porno”, ma sempre intrinsecamente sensuali. Il sito è diventato nel tempo una comunità e un brand tra i più popolari. Le SuicideGirls, “diversamente modelle” costellate di tatuaggi e piercing, sono delle star assolute. Possono spaventare solo le “sentinelle in piedi” e le suocere più all’antica.

“Mi chiamo Riae Suicide, all’anagrafe Ria Elisabeth Mac Carthy. Sono nata trent’anni fa a Cork, una città nel sud dell’Irlanda, da papà irlandese e mamma sarda. Da qualche anno vivo in provincia di Varese, tra laghi e boschi. Ho frequentato il Liceo Artistico per poi fare i più svariati lavori: dalla barista all’operaia in un forno di pane carasau. Infine il mio approdo al sito www.suicidegirls.com, che mi ha permesso di diventare un’alternative model e influencer. Non sono una top model, e sono alta meno di un metro e sessanta”.

Cosa significa essere una SuicideGirl?
Oggi significa far parte di una community che promuove un modello di bellezza alternativa e diversa da quella imposta da tv e giornali, anche se i canoni estetici sono stati stravolti negli ultimi anni.

Quando hai scoperto questo movimento?
Nel 2006. Trovai un trafiletto su un una rivista, parlava molto superficialmente di ragazze tatuate che facevano set fotografici. Conservai l’articolo per mesi, finché un giorno, in un Internet Point, mi resi conto che i set erano più spinti di qualche foto in costume. Un po’ imbarazzata, mi feci cinque foto col cellulare, senza aspettative, e le caricai sul sito, dimenticando di cancellarle dal computer dell’Internet point e dando così scandalo in città.

E quando il tuo primo set fotografico vero e proprio?
L’anno dopo. Prima di allora, non appena intravedevo una macchina fotografica fuggivo via perché non mi piacevo per niente.

Che rapporto hai con i tuoi tanti followers?
Non riesco a interagire con tutti, il tempo non basta mai. Principalmente comunico in inglese, ma sto studiando anche lo spagnolo perché buona parte dei miei followers è messicana. Quando sono stata in Messico a una fiera di fumetti, mi hanno portato dei doni fantastici, come una bambola con le mie sembianze e una torta di pasta di zucchero che riproduceva un mio tatuaggio…

Cosa deve fare un uomo per conquistarti?
Suonerà banale, ma deve farmi ridere. Ho la sindrome di Jessica Rabbit.

Qual è il tuo social preferito?
Assolutamente Instagram, perché mi permette di raccontare con le immagini quello che accade intorno a me: dalle passeggiate nel bosco col mio cane ai posti che visito, dal cibo alle persone che incontro. Sto scoprendo Periscope: proverò a fare qualche video mentre cucino.

Cos’è, per te, la bellezza femminile?
È un insieme di fattori, di piccole cose. È soggettiva. Non ho dei canoni estetici assoluti: per esempio amo sia le donne formose che quelle androgine.

Quali sono le tue icone di riferimento?
Una è Monica Bellucci. Tra le modelle “classiche” direi Cara Delevingne. Se parliamo di alternative modeling, la mia fonte d’ispirazione è Ophelia Overdose.

Quanti tatuaggi hai?
Sono tanti, e non riesco più a contarli. Per lo più animali, donne e creature di fantasia. Ho anche qualche scritta, tipo “outsider” e “self-made”.

Ti consideri una personalità dominante?
Decisamente no. Sul set interpreto una parte. Anzi, nella realtà sono carina e coccolosa.

Il tuo outfit preferito?
Non ho uno stile predefinito, amo i pantaloncini e come tutte le scarpe con i tacchi alti. Ma alla fine mi ritrovo a indossare stivali da bikers tutto l’anno.

I tuoi cosa pensano del tuo lavoro?
Mio padre è stato il primo a sapere. Certo, gli avevo omesso alcuni particolari. Mia mamma all’inizio non era molto favorevole, ma ora apprezza. È molto imbarazzante pensare a lei che guarda le mie foto.

Che musica ascolti?
I miei preferiti sono sempre stati i Ramones. Passo dal punk alla disco anni ‘90 da Festivalbar.

Ti spaventa il lato oscuro del web, l’odio che serpeggia in Rete?
Ho imparato a convivere con gli haters e a fregarmene della cattiveria. Ma a volte diventano davvero pesanti. Mi chiedo il perché di tutto questo astio.

Riusciresti a vivere una settimana senza connessione a Internet?
Già successo. Dopo qualche giorno mi sono ritrovata a vagare per il bosco tentando di acchiappare la connessione 3G.

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