La candid camera, e cioè il video rubato (che, diciamolo subito, è questione diversa dalle intercettazioni giudiziarie), apparve in Italia quando c’era ancora il monopolio Rai in bianco e nero. Gli agguati erano condotti da Nanni Loy che inzuppava il cornetto nel cappuccino di un estraneo. L’improntitudine del primo e la sorpresa del secondo faceva sbellicare il pubblico dalle risa.
Ma la “vittima”, una volta messo al corrente della “verità” firmava una regolare liberatoria, parendo scontato che gli si dovesse chiedere il permesso di impiegare il girato giacché nella candid il protagonista si esprime in un contesto che è, a sua insaputa, pubblico. E allora, tempi più ingenui, fare qualcosa “a sua insaputa” pareva un difetto da emendare con tanto di autorizzazione a posteriori. In seguito la candid ha dilagato da Scherzi a parte a Le Iene e non c’è ormai reporter che non sogni di indossare la micro-telecamera con cui fare il facile colpaccio.
Il successo di pubblico è costante grazie alla struttura teatrale della situazione “candid”, che è quella del “non sa cosa gli sta capitando”, come col Vil Coyote che corre sul vuoto (chiave comica) o l’Edipo inseguito dal destino (chiave tragica). La candid è, cioè, una struttura “tragicomica”, dove il protagonista è inconsapevole, mentre lo spettatore nascosto gli fa da contesto e ride o si indigna (a volte prima si indigna e poi ride, come nel caso di Razzi). Vista così, la candid appare la madre di altre situazioni sceniche basate sulla inconsapevolezza di una delle parti: la telefonata ingannevole, il reporter che lancia nel microfono domande al potente lontano, l’editing di intercettazioni giudiziarie, etc. Strumenti perfetti per spettacolarizzare l’informazione, alla faccia di chi, come noi, preferisce il metodo di Montanelli e del tenente Colombo, capaci di cogliere il “nascosto” in ciò che è di per sé evidente (a saperci guardare).
Per le aziende televisive lo “spioncino di massa” è una pacchia perché con quattro soldi richiamano l’attenzione del pubblico e attivano la risonanza mediatica. Vai a capire peraltro la coerenza, visto che sono le stesse aziende che, se ci incappi a chiacchierare in uno studio, ti fanno firmare pile di moduli dove autorizzi l’uso della tua immagine. Per non dire dei Tg che elettronicamente cancellano i sembianti dei minori e degli estranei, compresi i compagni di sventura del richiedente asilo che racconta dell’appena scampato annegamento in mare. Pensa la delicatezza!