Un ragazzo è stato ucciso da un carabiniere. Si chiamava Davide Bifolco.
Ora c’è un processo che probabilmente si chiuderà in fretta perché la guardia ha chiesto il rito abbreviato.
Pare che gli daranno 3 anni e 4 mesi.
Ne ho parlato altre volte e non voglio farla troppo lunga. Chi ha tempo e voglia si cercherà la storia e si farà un’idea.
Non ne avrei più scritto. Soprattutto dopo averne anche fatto una lettura per il teatro. Soprattutto dopo averla portata con il cantautore Alessio Lega nel quartiere dove viveva e dove è stato ammazzato. L’abbiamo fatto perché ce l’ha chiesto la famiglia. Stavamo davanti casa sua con i parenti e i ragazzini che lo conoscevano da quando è nato.
Ma sabato ho scritto un pezzo sulla Cleprin che è stata incendiata. Una storia che non c’entra nulla. Eppure nella mia pagina facebook una persona ha espresso la sua opinione cogliendo l’occasione per dirmi anche cosa pensa dell’uccisione di Davide. Le due cose sono distanti più dei chilometri che separano la rotonda dove è morto Davide dalla fabbrica che è diventata uno scheletro carbonizzato. C’ho messo un po’ per capire il senso di quel messaggio. E ancora di più per mettermi a scrivere, ma non posso non farlo perché il pregiudizio deve essere colpito subito. Soprattutto perché in rete ognuno può prendere la parole. E queste parole restano impigliate nella rete alimentando quei pregiudizi velenosi.
Il messaggio è questo:
“Ho trovato stucchevole il tuo intervento nella vicenda Bifolco. L’illegalità che brucia le imprese che non pagano il pizzo, nasce dall’illegalità dei minorenni che sfidano le autorità. C’è già un processo contro quel carabiniere. La legge può punire anche chi dovrebbe farla rispettare. L’illegalità invece si autoassolve sempre e se trova eco nei movimenti sociali, capovolge l’ordine delle cose. A meno che non sia questo quello che desideri”.
La mia risposta è questa:
mi dispiace che trovi stucchevole la mia posizione su Davide Bifolco. E vorrei capire perché. Davide aveva sedici anni e il reato che ha compiuto è stato quello di andare in tre su un motorino e senza casco. Non era un ladro o uno spacciatore anche se viveva in un quartiere difficile. Stranamente non ci sono riprese video che raccontano la vicenda e anche il bossolo sembra sia scomparso.
Il carabiniere dice di aver inciampato, ma io ti invito a ragionare sulle tante coincidenze strane:
1- le guardie cercavano un latitante, ma quello non era sul motorino che hanno speronato
2- il ragazzo che guidava s’è messo paura per lo speronamento dei carabinieri, è scappato e la notizia che è stata diffusa subito è stata che il fuggitivo era proprio il latitante
3- l’arma della guardia era senza sicura
4- il carabiniere è inciampato
5- il colpo è partito accidentalmente
6- il destino ha voluto che un solo colpo ammazzasse Davide
7- il bossolo è scomparso
8- Davide aveva un ginocchio rotto e non poteva scappare, ma la guardia non ci ha fatto caso
9- ce ne sarebbero altre di curiose coincidenze, ma per parlarne è giusto aspettare la chiusura del processo
Forse sono tutte coincidenze, ma quando le ritrovi in tanti casi di gente morta dopo l’accidentale incontro con una guardia, ti fanno pensare.
Ricordi Federico Aldrovandi e l’esito del processo?
Ti ricordi degli applausi che i colleghi in divisa hanno fatto ai quattro che lo hanno ammazzato?
Conosci la storia di Giuseppe Uva?
Sai cosa è successo ad Aldo Bianzino o Stefano Frapporti?
Hai letto qualcosa su Franco Mastrogiovanni?
Riccardo Rasman cosa ti ricorda?
Niki Aprile Gatti, Marcello Lonzi, Manuel Eliantonio e Stefano Cucchi sai chi erano?
Davide era un ragazzino di sedici anni che voleva diventare un calciatore. Più o meno come tutti i ragazzini di quell’età. E tu trovi stucchevole che io parli della sua morte. Dello sgomento di un quartiere che è un posto difficile, ma è pur sempre abitato da esseri umani. La maggior parte di loro si alza la mattina per guadagnare onestamente uno stipendio.
Qualche giorno fa ero in provincia di Verona ad intervistare la sorella di Giuseppe Uva. Parlando di Davide mi ha chiesto come stesse la madre che avevo incontrato un paio di giorni prima.
Tu puoi immaginare cosa le ho risposto?
Fai attenzione: è una risposta stucchevole. Perché le ho riportato le parole che lei stessa, Flora, ha pronunciato quando l’ho intervistata. Le parole con le quali mi ha raccontato gli ultimi minuti di vita di suo figlio e il modo in cui ha saputo della sua morte.
“Davide è venuto verso le 11 e mezzo con Enzo, il ragazzo… e Salvatore, i due ragazzi dell’accaduto che stavano insieme sul motorino. S’è venuto a mettere un giubbino e io dissi “vieni presto, tuo padre non ci sta” e lui disse “bello, bello, dormo con te, preparami il pigiama”.
Io ci ho preparato il pigiama. L’ho messo al posto del padre… che lo aspettavo.
E lui prima che uscì disse “ma papà non è venuto a salutarmi al campetto” e disse… mia figlia disse “non è venuto perché mi sono dimenticata di dirglielo che passasse di là” e si è venuto a mettere questo giubbino e se ne è andato.
Dopo un po’ verso l’una e mezza due, le due e…
Una bussata… che io stavo… la per lì mi stavo a spogliare, mi stavo mettendo a letto.
Una bussata di macchina… pi… pi…pi… una signora “signora, signora, Davide sta sotto a un posto di blocco”.
Io disse alla ragazza “mi aspetta”, cioè di darmi il tempo di mettermi una cosa addosso.
Mi sono vestita, ho preso i documenti miei e suoi e sono corsa.
Quando sono corsa sul posto ho trovato Salvatore con le manette a terra e mio figlio morto a terra.
E ci stava la guardia vicina e ci dicevo “che gli avete fatto? che gli avete fatto?”
Nessuno mi rispondeva.
Io mi sono inginocchiata vicino a mio figlio e lo chiamavo “Davide, Davide Davide Davide” e non mi ha risposto, però ho capito subito che era morto”.