Non so come si chiamano. Non conosco la loro storia. Non riesco neanche ad immaginare quanti chilometri hanno attraversato prima di arrivare qui. So solo che nei giorni scorsi al porto di Palermo, ho incrociato lo sguardo di ciascuno di loro mentre scendevano dalla nave norvegese Siem Pilot.
Ho visto settecento persone circa, 625 uomini, 133 donne e 27 ragazzi, bambini. Nessuno di loro aveva la scabbia. Nessun altra malattia. “Solo due casi di iperglicemia”, mi ha spiegato Antonio Candela, direttore generale della azienda sanitaria di Palermo, che con i suoi oltre 56 operatori sanitari ha coordinato i primi interventi di controllo sanitario.
Li ho guardati mentre scendevano in fretta la scaletta dell’imbarcazione e per la prima volta toccavano il suolo di una terra straniera, di quell’Europa, di quell’Occidente che hanno sognato per fuggire dalla povertà, da una guerra. Davanti alle telecamere, agli scatti dei fotografi non hanno abbassato lo sguardo, non hanno provato vergogna, hanno solo sorriso.
In quei volti c’era la storia dell’Eritrea, del Sudan, della Siria e dell’Etiopia. Non basta una mappa del mondo appesa in classe per capire. Su quel molo ho ricevuto una lezione. Ho fatto il “mio” corso di aggiornamento. Ho visto una città accogliente, ho incontrato il prefetto, il direttore della Caritas, oltre 200 operatori tra cui decine di volontari e il sindaco della città, Leoluca Orlando. Il passo successivo è stato andare a vedere i numeri, verificare le parole: la Sicilia, secondo gli ultimi dati consultabili sul sito del Ministero dell’Interno e riferiti allo scorso febbraio, è la regione italiana che accoglie la maggior percentuale di migranti (il 21%). Seguono il Lazio (13%), la Puglia e la Lombardia (9%), la Calabria e la Campania (7%) mentre agli ultimi l’Emilia, il Piemonte (5%) la Toscana (4%), il Veneto (3%), l’Abruzzo, la Basilicata e il Trentino (1%). Dovremmo raccontarlo ai nostri ragazzi che parlano di “invasione”.
Davanti a quei volti ho rivisto gli occhi di quelle persone che nei giorni scorsi a Quarto non hanno permesso che i migranti entrassero in alcuni appartamenti, ho risentito le parole di quella mamma di Crema che davanti alla cattedrale gridava: “Il Vescovo ha deciso che degli immigrati in piena fase ormonale fossero vicini a dei bambini. Questi ragazzi possono essere persone bravissime ma magari hanno ricevuto abusi e sono propensi a fare qualcosa che può urtare la sensibilità di un bambino di cinque anni che potrebbe riportare danni per la vita. La curia guadagna accogliendo queste persone. Il vescovo ha fatto solo un conto economico”.
Forse queste mamme, queste persone, forse i Salvini boys, dovrebbero trascorrere una giornata al molo del porto di Palermo per capire che nessuno di quei 700 aveva la scabbia, che non tutti erano scafisti, che non sono con certezza 700 criminali che minacciano l’Italia. Ma solo persone.