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Scuola, Cassazione: “Esenzione Ici a paritarie solo senza attività commerciale”

Dopo la bufera la Suprema Corte precisa senso e portata della sentenza di Livorno che impone ad alcuni istituti scolastici religiosi di pagare l'Ici. Sono esonerati solo quelli che non svolgono "attività commerciale". Spetta poi al singolo contribuente dimostrarlo. E le decisioni di merito sui singoli casi toccano ai giudici. Si profila così la pioggia di ricorsi

L’esenzione dal pagamento dell’Ici spetta solo “laddove l’attività (…) non sia svolta in concreto con le modalità di un’attività commerciale”. E “l’onere di provare tale ultima circostanza spetta, secondo le regole generali, al contribuente”. Lo ha spiegato la Cassazione, con una nota firmata dal primo presidente Giorgio Santacroce, sull’interpretazione dalla sentenza sul pagamento dell’Ici da parte delle scuole paritarie, “in continuità con l’orientamento in materia espresso gia in precedenza da questa Corte”.

Polemiche infondate, “niente strumentalizzazioni”
All’indomani delle furibonde polemiche sulla sentenza di Livorno, è la Suprema Corte di Cassazione a fare chiarezza e arginare le possibili strumentalizzazioni del caso. “Al fine di evitare qualunque strumentalizzazione, la Corte precisa che la sentenza “si pone in linea di continuità con l’orientamento consolidato circa l’interpretazione dell’esenzione prevista”, per cui “si tratta di polemiche in larga parte fuor d’opera e che sembrano dimenticare come la questione sia stata oggetto – e la sentenza vi fa esplicito riferimento – di un’indagine comunitaria per sospetti aiuti di Stato agli enti della Chiesa, che sarebbero potuti derivare da un’interpretazione della predetta esenzione non rigorosa e in possibile contraddizione con i principi della concorrenza”. L’interpretazione, dunque, “è che l’esenzione spetti laddove l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle astrattamente previste dalla norma come suscettibili di andare esenti, non sia svolta in concreto con le modalità di un’attività commerciale”. E la Corte chiarisce: “L’onere di provare tale circostanza spetta al contribuente”.

Sarà il giudice di merito a dover decidere
Nel caso di specie, che ha riguardato il Comune di Livorno e due istituti paritari cattolici, la Corte, si legge ancora nella nota, “ha ritenuto che il giudice d’appello non avesse congruamente motivato in ordine al conseguimento in giudizio di siffatta prova da parte dell’istituto religioso, tenuto conto di quanto la giurisprudenza della Corte ha affermato circa gli elementi che contraddistinguono l’attività di impresa“. Infatti, la Cassazione ha annullato la sentenza con rinvio: “Sarà pertanto il giudice di merito a dover decidere in ultima analisi – conclude la nota – alla luce di una rinnovata e più circostanziata valutazione delle risultanze processuali se l’esenzione spettasse o meno per l’attività didattica come concretamente svolta”. Una precisazione che rafforza l’idea che le decisioni di merito possano avvenire caso per caso, aprendo così a una potenziale valanga di ricorsi. Nel frattempo, il governo ha annunciato di aver avviato un “chiarimento”.