L’attore, celebre non solo negli Usa per la serie comica I Robinson, famosissima per il suo racconto della quotidianità di una famiglia nera negli anni 80, nella quale tra l’altro si precorrevano i tempi perché madre e padre lavoravano entrambi e la discussione in casa era paritetica e aperta su molti temi, tra cui anche la sessualità, ha confessato di avere abusato di alcune donne somministrando loro sonniferi per renderle inoffensive.
Una storia terribile, sia per il comportamento seriale dell’uomo, che per lo scioccante contrasto tra la parte pubblica e quella privata di Cosby.
Il gesto coraggioso delle donne testimonial (che hanno chiesto di mettere nella foto anche una sedia vuota, per invitare chi ancora non ha avuto il coraggio di mostrarsi di farlo) rompe in modo clamoroso il silenzio su una realtà dolorosa: nonostante tu sia la vittima e a te sia dovuto il rispetto, la solidarietà, il sostegno e l’empatia che si deve a chi ha subìto l’ingiustizia, nel caso della violenza sessuale (non solo lo stupro, anche le molestie, lo stalking, la vessazione sessista a livello psicologico) è facile che da vittima ti ritrovi imputata e colpevole.
Se fossi stata più vestita, più sobria, più decisa a dire di no, se non fossi passata di lì (del resto se stavi a casa non ti accadeva): sia che si tratti di una bambina (è fresca la ridda di insinuazioni, quanto non di insulti, verso la quindicenne stuprata da un militare) o di una donna adulta la storia è sempre la stessa.
L’iniziativa del giornale nordamericano, e delle donne che hanno scelto di metterci corpo e viso, è la prova che si può trasformare una vicenda privata e dolorosa, spesso fonte di vergogna e solitudine, in un gesto politico a sostegno di tutte le donne contro la cultura della violenza. Un invito al coraggio civile, per dire con dignità e forza che la violenza maschile sulle donne non può essere mai giustificata, né assolta. E che non ci sono scuse per chi la compie.