L'ultima edizione del "Check up Mezzogiorno" mette in evidenza i primi segnali di ripresa ma sottolinea che negli anni di recessione gli investimenti sono calati di oltre 28 miliardi l'anno. Il recupero sarà lunghissimo
Il Sud, dopo sette anni ininterrotti di crisi, recupererà i livelli di ricchezza del 2007 non prima del 2025. E questo a patto che da ora in poi cresca quanto il resto del Paese, previsione che allo stato attuale appare decisamente ottimistica. E’ quanto emerge dall’ultima edizione del “Check up Mezzogiorno” realizzato da Confindustria e dall’associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno. La nuova doccia fredda arriva il giorno dopo la presentazione del rapporto del Fondo monetario internazionale secondo cui a questo tasso di crescita l’occupazione in Italia tornerà ai livelli precrisi solo nel 2035. Per Confindustria, occorre contrastare questa tendenza e accelerare i tempi di recupero “proprio partendo dal dato di maggior debolezza: gli investimenti, vera chiave di ripartenza per l’economia meridionale”. Investimenti che tra 2007 e 2014 sono diminuiti su base annua di oltre 28 miliardi di euro. Indispensabile quindi, secondo l’associazione degli industriali, cogliere l’opportunità offerta dai fondi europei di coesione.
Il rapporto evidenzia comunque alcuni timidi segnali positivi: il primo aumento dell’occupazione dopo sette anni, +0,8% nel primo trimestre 2015 rispetto all’anno precedente, e il dimezzamento dell’utilizzo della Cassa integrazione. Che però in molti casi dipende non da un ritorno al lavoro ma dal fatto che chi ne avrebbe bisogno non ha più i requisiti per accedervi. E’ poi raddoppiato tra il 2013 e il 2014 il saldo positivo tra imprese cessate e iscritte, soprattutto grazie alla sensibile riduzione delle cessazioni (quasi 8mila in meno). Il calo dei protesti, ritornati in quasi tutte le regioni del Sud ai livelli del 2007, e lo stabilizzarsi delle procedure fallimentari sono interpretati anch’essi come segnali di “normalizzazione”.
Positivo anche l’incremento delle presenze e della spesa turistica nelle regioni meridionali, in particolare degli stranieri: 700mila in più tra il 2013 e il 2014, in gran parte in Sicilia, regione che fa registrare un vero e proprio exploit aumentando di circa un terzo il numero di viaggiatori stranieri anche grazie all’incremento del traffico dei tre principali aeroporti isolani e del porto di Palermo. Parallelamente, aumenta di quasi mezzo miliardo di euro la spesa dei turisti stranieri, aumento che copre circa metà dell’intero incremento fatto registrare dal Paese nel suo complesso.
I segnali positivi non ribaltano comunque la situazione fotografata dall’Indice sintetico dell’economia meridionale, aggiornato da Confindustria e SRM su base semestrale: a fine 2014 l’indicatore restava sui minimi, portandosi ben al di sotto del valore registrato nell’anno base 2007. A deprimere l’indice continua a essere soprattutto il calo degli investimenti pubblici e privati, diminuiti del 35% tra 2007 e 2014. Dalle esportazioni vengono segnali contrastanti. A fronte di una consistente crescita nel Centro-Nord tra il 2007 e il 2014 (+11,4%), le regioni meridionali fanno registrare un calo dal picco di 46,4 miliardi di euro registrato nel 2012 ai 40,6 miliardi nel 2014.