Il cda della società di servizi per il comparto petrolifero controllata dall'Eni ha approvato la semestrale che tiene conto della cancellazione del contratto South Stream e delle svalutazioni effettuate per quasi un miliardo. "Abbiamo lanciato un approfondito processo di trasformazione della società - ha spiegato l'amministratore delegato Stefano Cao - che prevede la razionalizzazione degli asset produttivi e la revisione di tutti i processi, e genererà risparmi cumulati di 1,3 miliardi di euro tra il 2015 e il 2017"
Una perdita di 920 milioni di euro nel primo semestre 2015, che richiederà una cura drastica: 8.800 esuberi in tre anni. Il cda di Saipem, società di servizi per il comparto petrolifero controllata dall’Eni, ha approvato la semestrale che tiene conto della cancellazione del contratto South Stream e delle svalutazioni effettuate per complessivi 929 milioni. Per questo motivo “abbiamo lanciato un approfondito processo di trasformazione della società – ha spiegato l’amministratore delegato Stefano Cao – che prevede la razionalizzazione degli asset produttivi e la revisione di tutti i processi, e genererà risparmi cumulati di 1,3 miliardi di euro tra il 2015 e il 2017″.
I numeri raccontano di una realtà difficile. La controllata di Eni ha chiuso la prima metà del 2015 con una perdita di 920 milioni. Il dato arriva in seguito a svalutazioni per 929 milioni compiute dalla società sul capitale investito (718 milioni) e su quello immobilizzato (211 milioni). Ad esercitare un peso preponderante sui conti sono stati il calo del costo del petrolio e la cancellazione del contratto sul South Stream: “Tale risultato riflette l’effetto previsto della termination for convenience” del contratto South Stream, la minore redditività dei progetti nelle Americhe e il deterioramento di alcuni progetti onshore“.
Il debito netto a fine semestre è salito a 5,531 miliardi di euro, oltre 1 miliardo in più rispetto ai 4,424 miliardi al 31 dicembre 2014 e include il temporaneo impatto netto negativo di 502 milioni relativi a scadenze nel semestre di derivati di copertura cambi. Gli investimenti tecnici sono scesi a 268 milioni dai 329 del primo semestre del 2014. In calo anche l’acquisizione di nuovi ordini, pari a 3,5 miliardi contro i 13,132 miliardi nel primo semestre del 2014). Il portafoglio ordini residuo scende a 19,018 miliardi contro i 22,147 miliardi a fine dello scorso esercizio.
La cura si annuncia drastica. In termini di presenza geografica, verranno ridimensionate le “operazioni produttive in alcuni paesi tra i quali Canada e Brasile“, mentre “in termini della flotta navale sono stati individuati 5 mezzi da dismettere poiché non assicurano opportunità commerciali nel mutato contesto”. E’ inoltre in corso una revisione dei processi e dell’organizzazione di Saipem, al fine di aumentare la rapidità e l’efficienza delle operazioni. “Come conseguenza di queste misure – si legge nella nota – tra il 2015 e il 2017 si prevede una riduzione della forza lavoro dell’azienda di 8.800 persone, prevalentemente riconducibile al completamento di alcune grosse commesse e alla razionalizzazione delle attività di business e della presenza geografica dell’azienda”. Si tratta di personale legato alle commesse che il gruppo non ha portato a termine, ma la società non fornisce dati divisi per Paese.
“I risultati del secondo trimestre 2015 evidenziano uno scenario di mercato profondamente deteriorato – si legge in una nota dell’ad Cao – l’ulteriore repentino calo del prezzo del petrolio ha creato una discontinuità significativa, che non prevediamo riassorbirsi nel breve-medio periodo e che ha portato a un sempre più marcato irrigidimento dei clienti sulla gestione operativa e commerciale dei contratti”. In questo contesto, Saipem secondo Cao “necessita di un cambio di passo al fine di rispondere più efficacemente alle nuove esigenze dei clienti. Abbiamo quindi lanciato un approfondito processo di trasformazione della società, che prevede la razionalizzazione degli asset produttivi e la revisione di tutti i processi, e genererà risparmi cumulati di 1,3 miliardi di euro tra il 2015 e il 2017″.