“Le intercettazioni sono un mezzo di indagine irrinunciabile e indispensabile che non va in alcun modo limitato“. Il presidente del Senato Pietro Grasso non ha avuto dubbi, durante la cerimonia del Ventaglio con l’Asp a Palazzo Giustiniani, a dire la sua in favore della difesa delle intercettazioni telefoniche e ambientali come mezzo di indagine. Ciò non significa, però, che per il massimo esponente di Palazzo Madama le cose non vadano migliorate. “Quanto alla pubblicazione del contenuto delle intercettazioni – ha sottolineato – occorre conciliare diversi principi democratici: la segretezza delle indagini, la riservatezza della vita privata, il diritto all’informazione”. In tal senso, però, Grasso ha insistito affinché vengano rispettate le leggi esistenti, magari con qualche modifica in tema di utilizzo preliminare delle registrazioni. In una parola: introdurre un’udienza filtro. “In questa materia – ha aggiunto – esistono già diverse norme, evidentemente non sempre rispettate, quindi si potrebbe regolare meglio la gestione delle intercettazioni, ad esempio attraverso un’udienza filtro che mantenga solo quelle utili al processo”.

Le registrazioni nascoste
Sottolineando la sua soddisfazione per l’emendamento del Pd che ha smorzato i possibili effetti sulla stretta per le registrazioni nascoste, il presidente del Senato, facendo suoi i pareri di “autorevoli esperti”, ha ricordato come “le condotte previste dall’emendamento sono già punite da reati previsti dal codice penale; che la registrazione di conversazioni da parte di uno dei presenti è da sempre ritenuta legittima dalla Corte di Cassazione; e che si tratta di strumenti di grande utilità per le indagini su reati molto gravi, come le estorsioni, la corruzione, lo stalking”. Per questo motivo, ha aggiunto Grasso, “ho appreso con piacere che, a seguito delle dichiarazioni del ministro Orlando, sia stato presentato un emendamento per evitare di ledere il diritto di cronaca”.

La riforma del processo penale
L’ex procuratore nazionale antimafia ha poi detto la sua sulla riforma del processo penale, su cui “è necessario intervenire in modo da migliorarne l’efficienza e la rapidità, sia con rimedi organizzativi sia con norme processuali”. Scendendo nello specifico, Grasso ha suggerito che bisogna intervenire sulla “revisione delle norme sulle notifiche, del sistema delle impugnazioni, del regime delle nullità o, come in molti altri Paesi europei, il superamento del divieto di ‘reformatio in peius‘”. Parlando della prescrizione, invece, Grasso ha detto di considerare “inaccettabile che questo istituto sia utilizzato strumentalmente a fini dilatori e che si traduca nella negazione di giustizia per le vittime e nell’impunità dei responsabili. Il diritto di difesa – ha aggiunto – è un cardine della democrazia. L’ho affermato più volte: tutti hanno diritto a difendersi nel processo, non a difendersi dal processo“. Per questo motivo, “non vi è quindi ragione perché la prescrizione continui a decorrere dopo la richiesta di rinvio a giudizio, o al più tardi dopo la sentenza di primo grado. Al tempo stesso è incivile tenere un cittadino per anni in attesa di conoscere la propria sorte”.

La libertà di stampa
L’ex capo della Pna ha poi insistito sulla necessità di proteggere la libertà di stampa. “La mia posizione sul tema è ampiamente nota e in molte occasioni ho ribadito la necessità di compiere decisivi passi in campo legislativo per adeguare il nostro impianto normativo a quello europeo” ha detto Grasso, secondo cui “da una prima ricognizione dell’Associazione ‘Ossigeno’ sulle condanne comminate ai giornalisti – ha spiegato – per il reato di diffamazione risultano, negli ultimi quattro anni, trenta giornalisti condannati a pene detentive per un totale di 17 anni di carcere. I dati, ancorché parziali, restituiscono con chiarezza l’urgenza alla quale il Parlamento deve immediatamente rispondere – ha spiegato Grasso – approvando al più presto il disegno di legge sulla diffamazione, la cui gestazione è stata finora troppo lunga e complicata”. Sui tempi tecnici e il contenuto del disegno di legge, Grasso si è detto moderatamente soddisfatto: “Il testo è appena tornato in Senato dopo l’approvazione con modifiche della Camera: essendo così atteso credo che anche questo ‘Godot‘ arriverà presto, ed è giusto che sia così, pur non soddisfacendo in pieno gli standard della legislazione europea in merito”.

Il caso Crocetta
La cerimonia del Ventaglio è stata anche l’occasione per Grasso di dire la sua sull’affaire dell’intercettazione che ha riguardato il governatore siciliano Crocetta e le ripercussioni che questo caso può avere nel rapporto tra politica e magistratura, a cui “non può essere richiesto di svolgere un ruolo di ‘supplenza’ del legislatore e della politica, né tanto meno questa può sperare che la magistratura risolva questioni eminentemente politiche”. Da qui il collegamento alla vicenda EspressoCrocetta. “Ciò vale anche per le vicende che hanno scosso profondamente, nelle ultime settimane, la Sicilia, la mia amata terra che a torto – ha aggiunto – è stata definita irredimibile. La magistratura accerti la verità, nel frattempo la politica assuma le sue decisioni nel solo interesse dei siciliani onesti”.

Il rapporto politica-magistratura
Ritornando al ruolo del magistrato, a sentire Grasso “è necessario ricordare che il giudice è soggetto soltanto alla legge e il suo primo dovere è dare conto, attraverso la motivazione, delle sue scelte interpretative nell’applicare le norme astratte al caso concreto. Non si può quindi pretendere che il giudice faccia ricorso a valutazioni del tutto estranee al dettato normativo pur di prendere in considerazione diritti costituzionali confliggenti o gli interessi dell’economia“. Per Pietro Grasso “il giudice deve certo decidere con la massima responsabilità, intesa anche come consapevolezza delle conseguenze dei suoi provvedimenti ma la sua discrezionalità ha un limite invalicabile nella legge”. “Spetta quindi al legislatore – ha aggiunto il presidente del Senato – valutare e bilanciare gli interessi collettivi e i valori costituzionali, assumendosi a sua volta la responsabilità politica di scelte chiare e norme ben formulate“.

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