Un settore “ad alto tasso di innovazione” che “non può non avere un ruolo centrale” in Europa. E “ciò è ancora più vero in Italia, dove è presente una multinazionale, la Fiat, che dopo aver acquisito Chrysler, è diventata il settimo produttore mondiale”. Ma non basta: in questa fase occorrono “interventi di politica industriale” ad hoc per far sì che “il futuro di questo settore così importante possa essere migliore, più solido”. L’appello pro industria dell’auto, con tanto di richiesta al governo di incentivare le aziende del comparto, arriva direttamente dalla seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Pietro Grasso. Che ha partecipato martedì alla presentazione a Palazzo Giustiniani di una ricerca sul settore scritta da Unioncamere e Prometeia e promossa dalla commissione Industria, Commercio, Turismo del Senato. Ma è del presidente Massimo Mucchetti, che ne firma la prefazione, l’idea che lo Stato debba investire soldi pubblici nella filiera dell’auto in quanto si tratta di un “moltiplicatore di occupazione e di valore aggiunto e tecnologico”.
“Non si tratta certo di tornare al passato, di tentare la clonazione fuori tempo delle Partecipazioni statali“, sostiene l’ex vicedirettore del Corriere della Sera, “ma di usare bene lo strumento degli incentivi mirati su territori e su progetti, imparando dall’esperienza torinese che ha favorito l’insediamento di Gm o da quella bolognese che ci porterà il Suv Lamborghini, e di usare meglio, senza complessi, il Fondo Strategico della Cassa depositi e prestiti quando se ne presentasse l’opportunità”. Il riferimento è alla holding controllata da Cdp di cui giusto lunedì è stato nominato presidente Claudio Costamagna, scelto da Matteo Renzi per sostituire Franco Bassanini al vertice della Cassa. Destinata a sua volta a diventare sempre di più il braccio finanziario della politica industriale del governo. “Per esempio, bisogna evitare che Magneti Marelli diventi preda di qualche fondo di private equity”, afferma Mucchetti, ventilando un possibile intervento del Fondo in soccorso del produttore di componentistica si cui Fiat Chrsyler sta valutando la cessione.
Quanto agli incentivi, spiega il senatore a ilfattoquotidiano.it, non dovrebbero essere riservati alla produzione di auto elettriche o ibride: “L’auto elettrica è uno slogan, l’inquinamento dipende da come produci l’elettricità. Quanto all’ibrido, Toyota lo fa da dieci anni, non è particolarmente innovativo. Per capire dove conviene investire bisogna ascoltare le imprese e i tecnici”. In ogni caso, “meglio mettere qui le risorse scarse dello Stato piuttosto che finanziare attività irrilevanti dal punto di vista economico come la produzione di energia da fonti rinnovabili“. Che secondo Mucchetti hanno ricevuto nel biennio 2013-2014 contributi per 27 miliardi, “verosimilmente meno del valore attualizzato del supporto della mano pubblica negli ultimi quarant’anni a Fiat”.
L’obiettivo dell’intervento statale dovrebbe essere comunque attirare nella Penisola altri produttori di auto, perché “senza un forte incremento delle esportazioni e delle esportazioni extra Ue la produzione italiana incontrerà il suo limite nelle dimensioni demografiche nel mercato interno” e “per vincere la scommessa bisogna investire in misura massiccia”. Ma l’Italia ha “fatto l’errore di consegnare tutta la sua industria automobilistica nelle mani di un solo gruppo. Che ha i suoi vincoli patrimoniali“. E quindi non ha le risorse per investire a sufficienza.