Una nuova ulteriore rivendicazione di impunità della casta, come ha sottolineato in solitudine Felice Casson, che con il voto segreto del Senato ha sconfessato il verdetto della giunta per le autorizzazioni sulla richiesta dei domiciliari per Azzollini.
Nella sua gridata autodifesa il senatore Udc per circa 12 anni presidente della commissione Bilancio imputato per associazione a delinquere, indebita induzione, bancarotta fraudolenta nel crac della Divina Provvidenza ha tuonato contro la richiesta del gip “un copia-incolla” dell’accusa in cui sarebbe “pienamente integrato il fumus persecutionis”.
Ben consapevole del clima dominante in Aula, che si è materializzato nell’esultanza all’annuncio dei 189 No e del provvidenziale voto segreto, Antonio Azzollini non si è curato di dover fornire alcun argomento a sostegno della presunta persecuzione giudiziaria di cui sarebbe stato oggetto e si è “limitato” con la consueta arroganza ad attaccare la magistratura.
A propiziare in modo molto costruttivo il “felice esito” e l’ennesimo trionfo dell’impunità, nel cuore di una torrida estate con i cittadini prostrati dal caldo e dalla potenza dello stordimento di massa, ci ha pensato Luigi Zanda con la letterina “riflessiva” inviata ai senatori Pd affinché nella sostanza non tenessero in alcun conto le conclusioni della giunta e votassero “secondo coscienza”.
Il capogruppo Pd assicura che al contrario tutti hanno espresso il loro voto tenendo presente il parere della Giunta e hanno votato secondo “il libero convincimento” in una questione “delicatissima” escludendo che nel gruppo del Pd abbia pesato “una valutazione politica”. E naturalmente se la prende contro “la becera strumentalizzazione” del M5S negando con sdegno che nel PD si sia acutizzata con questo voto la deriva impunitaria denunciata da Casson e D’Attorre.
Ma nonostante le dichiarazioni di Luigi Zanda, che evidentemente la sua passione per la questione morale l’ha esaurita nella battaglia (sacrosanta) per l’incandidabilità di B. e oggi a Nazareno archiviato e Verdini imbarcato si sente meno impegnato, il Pd non riuscirà facilmente a convincere i suoi già perplessi elettori che i 60 salvifici voti sono arrivati ad Azzollini per “libero convincimento” dopo approfondita lettura delle carte.
Anche perché come spiega Felice Casson ex magistrato, il voto esprime al contrario un pericoloso tentativo di aggirare e ribaltare le regole vigenti che attribuiscono al legislatore un vaglio non nel merito, e che dunque ha poco a che fare con il principio del libero convincimento proprio del giudizio penale, ma limitato all’intento persecutorio della richiesta. Si tratta semplicemente di “un duro colpo alla credibilità del Pd” (l’ennesimo sulla questione morale), come ha detto D’Attorre, da far metabolizzare ad un elettorato stremato.