Venerdì 31 esce negli USA il film The end of the tour, di James Ponsoldt, dedicato a David Foster Wallace, film che ha fatto incette di ottime critiche al Sundance Festival, ma che ha anche scatenato una ridda di polemiche preventive da parte della vedova Karen Green e di tanti fan, inorriditi all’idea di vedere la ingombrante figura dello scrittore con la bandana portata sul grande schermo. David Foster Wallace. Il destino di colui che viene considerato a ragione uno dei massimi scrittori americani del passaggio tra i due millenni è davvero surreale. Degno di finire nelle pagine di uno dei suoi libri, tra i più citati tra gli appassionati di letteratura, e anche tra i meno letti. Ex enfant prodige del tennis, eroinomane per scelta, grafomane geniale e impietoso, David Foster Wallace è diventato una sorta di rockstar delle americane lettere, sorte toccata in precedenza a pochi altri autori, si pensi a un Mark Twain, a un Kerouac, a un Brett Easton Ellis, suo feroce antagonista, in vita e in morte.
Una rockstar, in realtà, spesso più nota delle sue opere. Le oltre milleduecento pagine di Infinite Jest, il suo libro mondo uscito anche in Italia, per anni ha soggiornato sui comodini di un po’ tutti gli addetti ai lavori dell’editoria, intonso, salvo poi diventare, dopo la sua morte per suicidio, probabilmente il suicidio più annunciato della storia della letteratura mondiale, un cult, sbandierato al pari di autori decisamente più concilianti e di facile lettura. Ciò nondimeno David Foster Wallace ha cominciato a farsi largo tra gli appassionati di letteratura, e intorno a lui, morto, è nato un culto anche superiore a quello che già era presente in vita, lui, un autore che come nessun altro ha saputo mettere sulla pagina tutte le feroci malinconie di una generazione, quella nata negli anni sessanta, incapace di fare i conti con il presente, il solo, forse, insieme a Douglas Coupland ad aver cristallizzato su carta la generazione X.
Per questo la notizia di un film tratto dal libro intervista Come diventare se stessi, che racconta cinque giorni passati dal nostro in compagnia del giornalista David Lipsky nel 1996, libro in Italia edito da Minimum Fax, una delle case editrici che si è dedicata alla pubblicazione delle opere dell’autore americano, non è stata esattamente una buona notizia. Chi ha apprezzato David Foster Wallace, e ricorda alla perfezione il luogo e l’ora in cui ha appreso del suo suicidio, nel settembre del 2008 come in passato era capitato per l’omicido Kennedy o l’attentato alle due torri di New York, non può non aver pensato che mai e poi mai avrebbe voluto finire dentro un film. La scelta dell’attore atto a interpretarlo, poi, Jason Segel, un comico americano noto per alcune serie tv e per aver fatto coppia con Cameron Diaz in Sex tape, non ha certo tranquillizzato gli animi.
Le prime foto arrivate online, con Segel capace di una mimesi quasi perfetta con David Foster Wallace hanno creato sconcerto, ma anche incuriosito i tanti che hanno giurato che mai sarebbero andati a vedere questo film. Con Jesse Eisenberg nel ruolo di Lipsky, voce narrante della storia, The end of the tour corre il rischio di diventare in realtà un film culto, perché potrebbe consentire all’autore de La scopa del sistema e La ragazza dai capelli strani una popolarità fin qui solamente di facciata. Jason Segel, stando alle sue dichiarazioni, è uscito stravolto da questa esperienza, perché la lettura dell’opera omnia di David Foster Wallace è esperienza che non può lasciare indifferenti. La speranza è che in effetti il film non abbia tradito una delle figure centrali della cultura occidentale del Novecento e dei primi anni zero, quando anche in Italia uscirà la pellicola, finalmente, potremo dire se timori e paure erano in effetti malriposti.