Sentii parlare di lui a Damasco. Diversi amici erano andati a trovarlo e ne erano rimasti colpiti profondamente. Mi dicevano “vai da lui. Scoprirai un luogo dove troverai te stesso“. Seguii questo consiglio. Il fine settimana salii su di un microbus, un service – come li chiamano in Siria –, diretto al Nabek, una zona fuori Damasco. Comprai un pollo e dei pomodori da portare al monastero come regalo in cambio dell’ospitalità.
Arrivato a Mar Musa conobbi padre Paolo Dall’Oglio, un uomo che era già una guida per molti. Mi fidai subito di lui, quasi lo conoscessi da sempre, e gli raccontai qual era la motivazione che mi aveva spinto, all’età di vent’anni, a lasciare l’Italia per la Siria. Quando terminai il breve racconto lui mi abbracciò. Ricordo molto bene quell’abbraccio e il calore che mi trasmise.
La mattina dopo, partecipai alla messa che veniva celebrata in rito siriaco nella piccola cappella del monastero. Mentre recitavamo il Padre Nostro tutti insieme, musulmani e cristiani, pensai che ero fortunato ad essere nato e cresciuto in una famiglia con un genitore, la mamma, cristiano e l’altro musulmano ed entrambi credenti ma “liberi pensatori”- come si sono sempre definiti. Questa circostanza, l’essere nato in una famiglia mista, ha influito profondamente in me e mi ha reso una persona predisposta all’incontro. Ma la piena consapevolezza di quello che ero la raggiunsi solo quel giorno, a Mar Musa, mentre recitavamo quel Padre Nostro che mi è diventato così caro. Compresi, grazie all’incontro con padre Paolo, che una delle strade che conducono verso il Divino è quella dove si incrociano i monoteismi.
Dall’Oglio invitava musulmani e cristiani a pregare insieme, quasi a voler che trovassero il divino nella comunione delle loro invocazioni.
La mattina seguente tornai a Damasco. Dopo quella volta non rividi più padre Paolo, perché non ebbi occasione di fare ritorno a Mar Musa. Però, cominciai a seguirlo.
Le nostre strade si incrociarono nuovamente quando fu espulso dalla Siria, per ordine del regime siriano. Ci ritrovammo a Roma. Lui partecipava ad una conferenza sulla Siria, a pochi giorni dalla sua esplulsione dal Paese, mentre io sedevo fra il pubblico. Dopo l’incontro mi avvicinai a lui e gli parlai. D’allora la nostra frequentazione divennne più intensa.
Quando passava a Milano non perdeva occasione per incontrare me e mio padre. Padre Paolo nutriva un particolare affetto, forse stima, per papà. Un giorno Dall’Oglio mi disse “tuo padre ha una profonda dignità. Ho capito che parla poco del carcere e delle torture subite perché non vuole essere compatito. Mi ricorda mio papà”. Queste parole mi ritornarono in mente quando, tempo dopo, padre Paolo scrisse che “i siriani erano nati dal sangue sparso dei loro genitori, dalle torture subite”. Inoltre, scrisse che eravamo giovani che avevano ereditato il dolore dai padri, umiliati dalla dittatura.
Ricordo che una mattina andai a trovarlo alla Chiesa San Fedele, a Milano, dove aveva alloggiato la notte prima. Lo trovai nella sua camera, concentrato a prepararsi per un intervento che avrebbe dovuto tenere ad un convegno sulla figura di Louis Massignon presso l’Università Cattolica. Gli domandai chi fosse Massignon e Dall’Oglio rispose “è il mio maestro”. Solo successivamente, quasi per caso, scoprii gli studi di Massignon riguardo al grande mistico sufi Al Hallaj e al messaggio d’amore di quest’ultimo. Quando lessi Al Hallaj ricollegai il tutto a Dall’Oglio, alla sua interpretazione della fede.
Nei primi due versi di una sua poesia al Hallaj dice “ho visto Dio con l’occhio del mio cuore / ho chiesto ‘chi sei tu’/ ha risposto ‘te'”. Questi brevi versi rappresentano bene, a mio giudizio, il messaggio di Al Hallaj che è quello della necessità di un rapporto con Dio, che è dentro di noi e con noi, che può trascendere l’appartenenza a una determinata religione nel nome di un legame universale.
Ma la teologia di Dall’Oglio la si evince dal suo libro più esplicativo a questo proposito, Innamorato dell’Islam, credente in Gesù. Dell’islamofilia (Jaca Book), nel quale mette in luce la sua missione, lunga trent’anni, di uomo del dialogo fra cristiani e musulmani, alla ricerca della convivialità e del sincretismo fra le fedi.
Uscito dal suo Paese, la Siria, padre Paolo ha provato, come milioni di siriani, la condizione dell’esilio. Dichiarò che sarebbe stato a fianco dei giovani siriani, di quelli che avevano richiesto libertà, dignità e uguaglianza sociale. Girò Parlamenti e nazioni, come ambasciatore di questa causa. Subì l’ostracismo di tanti, troppi, uomini di Chiesa e non che invece avrebbero dovuto sostenerlo. Ancora oggi, Dall’Oglio rappresenta gli ideali più puri della rivoluzione siriana. Bisogna guardare al macello siriano tramite la figura di padre Paolo, magari rileggendosi i suoi scritti –rofetici per molti aspetti –, per poter rintracciare la verità.
Il richiamo verso il suo Paese lo aveva condotto più volte, nel 2013, a rientrare clandestinamente per girare alcune puntate del suo programma televisivo, in onda su Orient Tv, nel quale faceva parlare la società siriana.
E sono proprio giovani della società siriana che lo chiamarono, nel luglio del 2013, invitandolo a Raqqa dove una forza oscura, l’Isis, stava sequestrando la rivoluzione siriana tramite arresti e uccisioni di attivisti anti regime. Dall’Oglio rispose a questo invito e scrisse su Facebook: “Sono venuto a Raqqa spinto dalla mia tristezza, dal mio dispiacere per il sequestro del mio amico Ahmad al-Hajj Saleh, il quale mi ha riservato un’accoglienza abramitica a Tall Abiad, quando sono passato di lì a febbraio di quest’anno, 2013. Adesso siamo nel mese di Ramadan e, grazie a Dio, stiamo digiunando. Ho annunciato su Internet, appena è cominciato il Ramadan, che ho intenzione di fare il digiuno quest’anno. Chiediamo a Dio la grazia: l’unione e la solidarietà con i musulmani. Noi siamo in una condizione di sforzo democratico per la caduta del regime e allo stesso tempo ci sono problemi molto dolorosi nell’opposizione siriana. Io sono venuto a chiedere ai siriani, a ricordare ai siriani, a chiedere a me stesso: insomma ragazzi, facciamo qualcosa per rappacificarci e porre davanti a noi l’obiettivo giusto, quello di ottenere la libertà per tutti i siriani. E conservarla”.
Sono passati esattamente due anni da quando padre Paolo è scomparso. Mentre lo aspettiamo, fiduciosi di riabbracciarlo, è stata fondata l’associazione “giornalisti amici di padre Dall’Oglio” – questa l’email amicidalloglio@tiscali.it – che è aperta a chiuque sia interessato a divulgare il messaggio di padre Paolo e a fare conoscere questo grande uomo del nostro tempo. Inoltre, da oggi, per 48 ore, verrà esposta una gigantografia di padre Paolo fuori dal Campidoglio e a Lampedusa, quest’ultimo luogo significativo per la tragedia siriana. Ma questo non basta. Infatti, vorrei invitare i comuni italiani a esporre l’immagine di padre Paolo Dall’Oglio fuori dai loro municipi. Ciò servirebbe a far scoprire a molte più persone la figura di questo straordinario personaggio e, di conseguenza, il dramma siriano.