Società

Il brainstorming non funziona?

Internazionale ha pubblicato recentemente un articolo a proposito dell’ultimo libro di Ashton il quale è convinto che il lavoro di gruppo realizzato col metodo della “tempesta di cervelli” non funziona: meglio lavorare da soli [Kevin Ashton: How to Fly a Horse: The Secret History of Creation].

Ho fatto un salto sulla sedia visto che dai tempi del Male sono convinto che il brainstorming permette di lavorare in gruppo in modo straordinario. E non ho visto risultati positivi solo con gruppi di artisti ma anche lavorando con manager e durante i corsi di Yoga Demenziale ad Alcatraz. Possibile che negli ultimi 40 anni io mi sia sbagliato?
Certo che è possibile! Ma anche deludente.

Leggendo fino in fondo il lungo articolo ho però scoperto che quando questi accademici parlano di brainstorming intendono qualche cosa di completamente diverso da quel che pratichiamo noi.
Per loro il brainstorming è una discussione nella quale si propone un preciso problema, quindi tutti sono invitati a formulare liberamente proposte che gli altri evitano di giudicare. Alla fine si scelgono le idee più efficienti.
Ho tirato un sospiro di sollievo. È ovvio che questo metodo non funziona. Noi seguiamo una via molto più divertente.

Il nostro presupposto fondamentale è che la creatività non sia questione di dna e simili. La questione è un’altra. Le persone non creative hanno poca autostima e un potente ufficio censura interiore. Queste persone hanno paura di dire sciocchezze quindi appena gli viene un’idea in testa vogliono subito giudicarla. Ma a prima vista un’idea stupida e una geniale si assomigiano terribilmente. Così i non creativi buttano via tutte le idee stupide insieme alle idee geniali. E prendono in considerazione solo le idee banali perché sono le uniche che riconoscono immediatamente come sensate.

La prima cosa da fare, lavorando da soli o in gruppo, è demolire questo ufficio censura. Bisogna prendersi il diritto e il lusso di considerare qualunque idea ci venga in mente.
Si tratta di mettersi a fantasticare come si fa a cinque anni. Da piccoli siamo stati tutti molto creativi.
Le idee geniali sono prodotte dalla mente non razionale, che ragiona appunto in modo infantile. La creatività dipende dalla mente scimmiesca, inconscia, che possiede enormi potenzialità di intuizione e il gusto del gioco.

Questo fatto è dimostrato dai molti scienziati e artisti che ci raccontano che hanno trovato l’idea rivoluzionaria addirittura in sogno. E parliamo anche di scoperte estremamente complesse come la formula del benzene o la forma del dna, mica bruscolini. Un esempio illuminante è quello della scoperta della penna a sfera: il signor Biro stava da tempo studiando come realizzare una penna che non perdesse inchiostro. Sogna un bambino che dà un calcio a una palla che finisce in una pozzanghera e poi, continuando a rotolare, lascia una striscia di bagnato sulla strada. E così inventa la penna a sfera. È da notare che la mente infantile non fornisce la soluzione in termini razionali, il signor Biro ha dovuto tradurre un’idea infantile in qualche cosa di concreto e funzionante. Ma questo richiede di darsi il tempo per digerire l’idea irrazionale e trasformarla in un’idea praticamente valida. Cioè, il processo creativo per sua natura avviene in due tempi. E spesso bisogna dormirci sopra per riuscire a “metabolizzare” la suggestione creativa. Se non si ha fiducia nella propria fantasia, se non si annota l’ispirazione, non ci si gioca, si rischia di perdere il colpo di genio.
La mente creativa ci parla per immagini.

Il brainstorming funziona solo se viene affrontato come un gioco. Il primo passo non è quello di portare proposte sensate ma esattamente il contrario. Il gruppo di lavoro si deve lasciar andare a sparare sciocchezze. Se l’obiettivo dei partecipanti è quello di fare bella figura e sembrare intelligenti non si va da nessuna parte, meglio lavorare da soli. Ma se si riesce a creare un’atmosfera aperta allo scherzo, all’iperbole, all’assurdo, si riesce a disabilitare l’ufficio censura e le idee iniziano a venir fuori.

Per prima cosa si chiede a tutti di rinunciare a fare proposte che abbiano senso.
Anche proporre un tema circoscritto è fuorviante.
Per una giornata intera sono ammesse solo le immagini che ti vengono in testa, sollecitate dalle immagini proposte da altri. Devi dire quel che ti passa per la mente senza pensarci. Tutto viene annotato. Io disegno le immagini che sgorgano via via sopra una striscia di carta di un metro e mezzo per quattro.
Poi ci si dorme sopra e il giorno dopo si riassumono le sciocchezze venute fuori il primo e si inizia a cercare collegamenti, continuando a lavorare senza un obiettivo e senza giudicare quel che viene fuori. Solo successivamente si inizia a ragionare cercando di capire se nel marasma prodotto c’è qualche cosa che può essere il punto di partenza per un’idea sensata. Non mi è mai successo che non ne esca qualche cosa di geniale.