La sonda Kepler ha rilevato un pianeta “abitabile” in orbita attorno a una stella simile al nostro Sole, ma distante 1400 anni luce. La notizia è interessante e in fondo adatta a una chiacchierata estiva: siamo in tempo di vacanze, quando si legge fantascienza e si sogna ad occhi aperti. Ma il problema della vita extra-terrestre non è affatto un sogno: è in fondo un problema scientifico sul quale possediamo dati a sufficienza per fare alcune congetture biochimiche.
Il primo dato da considerare è noto da molti anni: gli spettri di emissione luminosa delle stelle, anche più lontane, che si possono raccogliere con telescopi accoppiati a spettrometri, rivelano linee di emissione che corrispondono a quelle degli elementi noti. Questo dimostra che la chimica-fisica dell’universo osservabile non è diversa da quella che noi conosciamo sulla Terra. E poiché la tavola periodica degli elementi è finita e sulla Terra abbiamo tutti gli elementi (tranne il tecnezio e un po’ di transuranici), da questo punto di vista non ci aspettiamo sorprese: i pianeti e le stelle più lontane contengono ossigeno, idrogeno, elio, azoto, carbonio e tutti gli altri elementi che conosciamo. Solo nella fantascienza o nei fumetti i pianeti extra-solari sono fatti di kriptonite o di adamantio.
I fenomeni biologici richiedono molecole complesse e solo il carbonio, in associazione con alcuni altri elementi quali idrogeno, ossigeno, azoto, zolfo, etc. è in grado di formarle; dunque è una ragionevole congettura che la vita extraterrestre, se esiste, sia basata su composti del carbonio. I fenomeni biologici richiedono temperature alle quali i legami chimici forti sono stabili, mentre i legami deboli devono potersi formare e rompere rapidamente; questo pone limiti abbastanza precisi all’intervallo di temperatura compatibile con la vita. L’intervallo di temperatura è ulteriormente ristretto dal fatto che dei tre stati di aggregazione della materia solo quello liquido consente le interazioni chimiche dinamiche ma non totalmente disordinate richieste dai fenomeni biologici: in pratica la vita richiede soluzioni liquide di molecole a base di carbonio ed è possibile all’interno dell’intervallo di temperature in cui è liquido il solvente. Sulla Terra il solvente è l’acqua, e gli organismi viventi hanno colonizzato l’intero intervallo di temperatura nel quale l’acqua è liquida, dalle temperature prossime al punto di congelamento (colonizzate dai batteri psicrofili), a quelle prossime al punto di ebollizione (colonizzate dai batteri termofili). Non possiamo essere completamente sicuri che l’unico solvente compatibile con la vita sia l’acqua ma certamente non ne conosciamo altri.
Se ci fermiamo all’ipotesi riduttiva che la vita sia possibile soltanto grazie a organismi costituiti da soluzioni acquose di molecole a base di carbonio, contenute all’interno di vescicole a loro volta delimitate da membrane carboniose, possiamo definire le caratteristiche del pianeta abitabile: deve orbitare intorno ad una stella non troppo calda e trovarsi ad una distanza da essa tale che la superficie abbia una temperatura media alla quale l’acqua sia liquida. Deve inoltre essere grande abbastanza perché la sua gravità gli trattenga intorno un’atmosfera capace di realizzare una “trappola dell’acqua” che condensi il vapor d’acqua e lo faccia riprecipitare sulla superficie del pianeta sotto forma di pioggia. Deve infine possedere del carbonio, presumibilmente in forma inorganica (come le rocce formate da carbonati sulla Terra), e un ciclo del carbonio che consenta agli organismi di utilizzarlo. Il pianeta Kepler 452b, appena scoperto, potrebbe avere queste caratteristiche.
Non sappiamo quanti pianeti abitabili ci siano nell’universo, ma se consideriamo che le galassie sono miliardi, che ciascuna contiene miliardi di stelle, che le stelle simili al Sole sono piuttosto banali, e che nel nostro piccolissimo sistema solare su 9 pianeti maggiori uno è abitabile (la Terra) e un altro (Venere) fallisce di poco le condizioni di abitabilità, dobbiamo considerare probabile che i pianeti abitabili siano molti e che quindi l’esistenza di vita extra-terrestre sia plausibile. Purtroppo, o per fortuna, le distanze nello spazio e nel tempo dei pianeti abitabili sono immense (anche la sonda Kepler, che non ha piloti e astronauti, cerca i pianeti con strumenti ottici, non raggiungendoli fisicamente; e se i Kepleriani avessero astronavi che viaggiano a un decimo della velocità della luce, ci metterebbero 14.000 anni per venirci a trovare), e lo spazio è estremamente inospitale alla vita: quindi gli “altri”, se ci sono, se ne restano negli immediati dintorni di casa loro a guardare il cielo e fantasticare. Proprio come noi.