Londra, città natale di alcune tra le band più importanti della storia della musica, tra cui i Queen, i Rolling Stones, i The Who e i Led Zeppelin, è sempre più meta di musicisti italiani. Secondo una ricerca condotta da Alessandro Sansica, studente post-laurea alla Richmond, the American International University a Londra, nell’anno accademico 2014/2015 il numero totale degli studenti italiani nelle principali scuole di musica londinesi è aumentato del 10% rispetto al 2013/2014, superando il centinaio.
A questi vanno aggiunti molti altri musicisti italiani che vivono a Londra non per motivi di studio, ma su cui purtroppo non è possibile avere dati certi. Dalle testimonianze di tre musicisti italiani a Londra le motivazioni di questo incremento sembrano essere chiare: più opportunità, possibilità di instaurare una rete di rapporti professionale e mentalità più aperta.
Grazie alle conoscenze strette durante il suo percorso educativo, Alberto ha anche avuto l’opportunità di esibirsi in locali rinomati a Londra, quali il The Qube Project e il The Star of Kings. Alberto è attualmente sotto contratto con un’altra etichetta discografica, la Flymusic Records, e sta valutando una nuova opportunità con un’altra etichetta, la Lakota 300, che gli permetterebbe di incidere dei dischi che verrebbero esclusivamente distribuiti nei Vinyl Shops londinesi.
Giuseppe Santoro è invece un giovanissimo batterista ericino che si è trasferito a Londra a 19 anni, trovando una realtà completamente diversa dalla sua Sicilia. Dopo meno di un anno dal suo arrivo, infatti, Giuseppe ha avuto modo di collaborare con artisti internazionali del calibro di Kofi Karikari, percussionista dei Jamiroquai, Chris Webb, bassista di Elton John, e NK, giovane cantante cha ha partecipato a The Voice UK 2015, con il quale ha suonato al The Bedford, un locale dove si sono esibiti tra gli altri gli U2 e i The Clash nei primi anni della loro carriera.
Giuseppe confessa: “Bisogna essere intraprendenti e cogliere ogni occasione”, e continua esaltando la multietnicità di Londra, “Qui hai l’opportunità di conoscere artisti da tutto il mondo, basta davvero essere pronti e il resto verrà da sé”. Oggi Giuseppe fa la spola tra Londra e Trapani per collaborare in vari progetti con artisti italiani ed inglesi.
Luca Barassi, napoletano, è uno che invece il successo lo ha trovato già. Londra gli ha regalato moltissimo, dal suo primo lavoro al SAE Institute, dove aveva cominciato come studente e aveva poi continuato come supervisore e professore, per finire con il suo nuovo ruolo di Managing Director all’Abbey Road Institute, un’iniziativa lanciata dai mitici Abbey Road Studios resi famosi dai Beatles, che comincerà il primo corso nel settembre 2015. “Arrivare ad Abbey Road è stata una conferma che le mie scelte hanno pagato”, dice, “se lavori duro, Londra ti concede una possibilità”.
Luca non è sorpreso dall’aumento di musicisti italiani a Londra: “Il panorama musicale italiano può essere molto frustrante; c’è ancora una mentalità molto vecchia”. Luca si considera un vero “Londoner” e non ha intenzione di tornare in Italia: “L’Italia è casa da un punto di vista nostalgico e di famiglia”, dice, “mi mancano una serie di elementi tra cui il calore umano ed il mare”, dice sorridendo, “ma non tanto da farmi pensare di tornare”. Anche lui conclude esaltando le qualità di Londra: “La sua apertura mentale, multi etnicità e professionalità ti permettono di svilupparti artisticamente in maniera molto più veloce”.